L’applauso
quando Nino
Di Matteo parla della “compenetrazione tra mafia e potere” in
Italia, a Ivrea, davanti alla platea dei 5 stelle, fa più rumore del solito.
“Cito le sentenze, è stato stipulato un patto con Cosa nostra,
intermediato da Marcello dell’Utri, che è stato mantenuto dal 1974 fino al 1992
dall’allora imprenditore Silvio Berlusconi”. In prima fila batte le mani il Capo
politico M5s Luigi Di Maio, al suo fianco Alfonso Bonafede,
ministro designato alla Giustizia in un ipotetico governo a 5 stelle. Quando
finisce di parlare c’è la standing-ovation del pubblico di Sum02#, l’evento
organizzato dall’associazione Gianroberto Casaleggio. Non
finisce più. La frase su Berlusconi, il
sostituto procuratore nazionale antimafia, l’ha detta simile anche pochi giorni
in Campidoglio, ma questa volta il segnale è importante: nel
bel mezzo delle trattative per la formazione del governo, i 5 stelle riuniti
per parlare di “futuro” ribadiscono la loro distanza dall’ex Cavaliere e leader
di Forza Italia. E non solo. Perché il magistrato Nino Di Matteo va avanti e attacca con la sua
proposta per riformare la giustizia in Italia. “Serve una riforma copernicana
delle norme per la prescrizione”, dice. E qui Di Maio e Bonafede alzano le mani
in alto e applaudono per farsi vedere da tutta la platea. “Li avete visti?”,
dicono dalla folla rivolti ai giornalisti. Il magistrato va oltre e, mentre
legge a braccio i suoi appunti, elenca gli interventi secondo lui necessari per
ridare credibilità alla giustizia in Italia. Tra cui: “l’ampliamento dell’uso delle intercettazioni e la
previsione dell’uso degli operatori sotto copertura anche per i reati di
corruzione”. E alla politica si rivolge per “la garanzia dell’indispensabile
autonomia della magistratura”. Chiude chiedendo “la verità sulle stragi” perché
“non ci possiamo accontentare di verità parziali”. Ma soprattutto dice: “Nel
nostro Paese è ancora forte il partito di chi ha interesse che il sistema
giustizia non funzioni”.
Siamo
alle Officine H a Ivrea, tempio dell’evento dedicato al fondatore Gianroberto
Casaleggio, oggi arrivato alla seconda edizione. Per tutto il
giorno, il figlio e padrone di casa Davide ha ribadito che “qui non si parla di
politica”. Ma il momento è caldissimo e ogni frase pronunciata tra un
intervento e l’altro sposta gli equilibri giù a Roma. Nino Di Matteo
sale sul palco nel pomeriggio, ospite tra i più attesi anche perché già
semi-annunciato l’anno scorso e poi cancellato per evitare un’eccessiva
esposizione. Oggi è diverso. E a lui viene affidato il più politico degli
interventi: parla della sua idea per riforma la giustizia e quelle parole
entrano in una difficile fase di trattative in vista della formazione del
governo. Parla sotto gli occhi vigili del Capo politico M5s, inchiodato in
prima fila dall’inizio dei lavori, e dei suoi uomini più fidati, Bonafede in
primis poi i membri della commissione Rousseau Max Bugani e Pietro Dettori e pure Giulia Sarti,
già in commissione antimafia nella scorsa legislatura. Intorno una folla di
parlamentari M5s, simpatizzanti, ma anche imprenditori e curiosi venuti qui
solo per ascoltare gli interventi degli esperti.
Il
sostituto procuratore antimafia, chiamato per parlare di giustizia, parte dalla
situazione italiana. “Il sistema mafioso è il più grave fattore di
inquinamento e compromissione
nella nostra democrazia”, attacca. “La questione mafiosa riguarda tutto il
Paese e riguarda la nostra classe dirigente. E’ ormai evidente la
compenetrazione tra la mafia e il potere, anche istituzionale e politico”. In
“un desolante silenzio dei partiti sulla mafia”. L’attacco è al sistema
politica in generale: “Ancora oggi gran parte della politica non capisce o
finge di non capire la gravità della questione perché accerta il sistema
mafioso come parte necessaria,
per certi perfino utile, del sistema Paese. Nell’ultima campagna elettorale c’è
stato un desolante silenzio da parte dei partiti sul tema mafia e Giustizia a
due velocità, forte e spietata con i deboli, timida e timorosa con i forti. Su
oltre 50mila detenuti pochissimi stanno scontano una pena detentiva per corruzione”.
Quasi
fosse lui a dover scrivere il programma, Di Matteo fa un elenco di interventi
che ritiene prioritari per un intervento sulla giustizia in Italia: “Vi
confesso che non ho alcuna certezza e non mi sento di prevedere nulla, ma a 70
anni dall’entrata in vigore della Costituzione ci troviamo di fronte a un
bivio”, dice. “Bisogna restituire al sistema giustizia la credibilità
che sta perdendo. Sogno una giustizia che muova in questa direzione”. Ovvero:
“Rafforzamento degli strumenti investigativi più efficaci e quindi ampliamento
dei mezzi per consentire le intercettazioni;
previsione dell’utilizzo degli operatori sotto copertura anche per i reati di
corruzione; depenalizzazione di condotte che dovrebbero essere sanzionate con
una pena amministrativa”. Poi un intervento sulla velocità dei procedimenti:
“Serve impegno affinché i processi si possano celebrare in tempi ragionevoli,
che si concludano con un intervento nel merito”. E sulla prescrizione appunto,
dice: “Serve una riforma copernicana delle norme sulla prescrizione che prevede che il decorso del termine
cessi nel momento in cui lo Stato azioni la sua pretesa”. E ancora:
“Parallelamente penso alla necessità di un affievolimento del processo
accusatorio. Innalzamento delle pene del sistema sanzionatorio dei reati di
corruzione, del voto di scambio e di tutti i delitti tipici della criminalità
dei colletti bianchi. E non si tratta di essere manettari o giustizialisti”.
“Sogno una svolta per un rafforzamento delle tutele processuali delle vittime dei
reati, per tutelare chi ha il coraggio di denunciare. Infine penso alla
certezza della pena. Il nostro non può continuare a essere il Paese delle
amnistie e degli indulti mascherati”. Il sostituto procurato non si è
risparmiato un passaggio sull’autonomia della magistratura: “L’indispensabile
difesa dell’autonomia della magistratura, non privilegio di
casta deve partire dalla politica. Vado in controtendenza, non considero un
buon segno pochi magistrati in parlamento. Abbiamo bisogno di politici che hanno
a cuore l’indipendenza della magistratura”.
Di
Matteo si rivolge infine direttamente alla politica, quella del primo partito
politico italiano intanto e i cui esponenti lo ascoltano in prima fila: “In
questa strada, questo sogno per recupero della credibilità della giustizia, c’è
un elemento che non riguarda i cambi legislativi. Mi riferisco al recupero
della primizia della politica nella lotta ai sistemi criminali. Nel solco di Pio La Torre,
Piersanti Mattarella, Tina Anselmi, persone che hanno anticipato
la forza della magistratura. Non stando a rimorchio, ma anticipando l’azione
dei giudici”. Questo perché, dice: “Ci sono condotte che dovrebbero costituire
il presupposto per attivare quei meccanismi che invece nel nostro Paese restano
perennemente disattesi”.
Il
magistrato conclude chiedendo la “verità sulle stragi”: “Il
governo”, dice, “deve fare tutto il possibile per completare il percorso di
verità sulle stragi e su tanti delitti eccellenti. Non ci possiamo accontentare
di verità
parziali. Dobbiamo dare un nome a quelle entità che hanno
condiviso con i mafiosi l’esecuzione delle stragi. Uno Stato autorevole, un
governo libero, una commissione antimafia decisiva non possono fermarsi temendo
che sia troppo scomoda e scabrosa. La sfida che ci attende va molto al di là.
Non ne posso più di sentire parlare solo di produttività e statistiche”. Una
partita che lui stesso sa quasi impossibile. “La strada è piena di insidie e
tranelli. Nel nostro Paese è ancora forte il partito di chi ha interesse che il
sistema giustizia non funzioni. A questi soggetti, che sono tanti e
spregiudicati e trasversalmente presenti, dobbiamo, dovete saper contrapporre
con tenacia il suono della giustizia”. E’ una standing-ovation. Il pubblico di
Ivrea si alza in piedi e acclama quello che è il suo ministro mancato, ma resta
uno dei personaggi simbolo più importanti per il Movimento. Per tutto il giorno
la stampa e i partecipanti hanno cercato a fatica le risposte politiche nei
corridoi e nei discorsi a margine del convegno. Ma la parole capaci di
influenzare un’intesa per il prossimo governo, sono arrivate, persino un po’ a
sorpresa, da Nino Di Matteo. A destra del palco Davide Casaleggio ha voluto mettere una scala contro un muro con un
cartello dalla scritta “futuro”. Prima di salutare spiega che quella è la
direzione, ma ora dipende tutto da chi accetterà di salire sulla scala insieme
al M5s.
Martina
Castigliani (Il Fatto Quotidiano, 7 aprile 2018)
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