In questi giorni ho pubblicato il
video che documenta la lettura di 15 racconti effettuata dal poliedrico amico Nino
Pillitteri nel corso di una riunione dei soci della Sezione palermitana dell’AFA.
I lavori raccolti sono il frutto
di una sperimentazione rivolta agli appassionati di fotografia e non solo a
loro.
Chi ha aderito all’iniziativa in
qualche modo si diletta anche nella scrittura e ha certamente trovato
intrigante la formula proposta, che consisteva dello scrivere un racconto
ispirandosi alla visione di sei fotografie prefissate, leggendole pure nella
sequenza prestabilita.
Per quanto mi riguarda, anche per
la continua ricerca che mi piace portare avanti riguardo a nuove forme e modalità
espressive, compresa la fotografia, sono rimasto più che soddisfatto poichè l’operazione
ha risposto pienamente alle aspettative. I singoli testi sono risultati
alquanto interessanti e assolutamente rispondenti all’obiettivo prefissato.
Le diversità di linguaggio,
connotate da sintassi differenziate, hanno fornito chiara dimostrazione su come
si possano elaborare in modo variegato le visualizzazioni di un soggetto comune (le
sei foto proposte). Per chi volesse poi approfondire l’argomento si
rimanda a un interessante articolo attinente alle tecniche narrative, pubblicato nel
portale web sololibri.net (https://www.sololibri.net/Le-tecniche-narrative-i-registri-e.html).
Così come ogni individuo
costituisce un unicum in ogni sua forma estetica ed espressiva, naturalmente anche
il frutto del suo operato rispecchia tali prerogative. Ne deriva che ogni
diversità implementa e può contribuire ad arricchire nel far crescere un
qualunque progetto, così come l’imprevisto o l’imprevedibile può aiutare a far scoprire nuove
formule aiutandoci a innovare, magari alzando sempre più l’asticella.
Dopo questa ampia premessa, che
ho ritenuto necessaria per chiarire gli intendimenti che alla base mi hanno convinto a
lanciare l’iniziativa - che grossolanamente potremmo definire “fotografico-letteraria”
- riporto di seguito il racconto da me scritto, ispirato quindi alle sei
foto scelte. Per quanto ovvio, il tutto è stato approntato prima di estendere l’invito
agli altri e principalmente per due motivi: quello di sottopormi io stesso al “gioco”
e quello di non voler essere condizionato dal contenuto dei componimenti degli altri che
sarebbero poi arrivati.
Il voler rendere anonimi gli
scritti pervenuti, infine, è stata una scelta voluta per valorizzare i contenuti
letterari che, a mio parere, ritengo un valore aggiunto per il successo dell’operazione.
Sono infatti pienamente convinto del fatto che, per poter valutare al meglio nel connubio
proposto, ogni componimento dovesse rimanere svincolato dalla possibile conoscenza dell’autore. Solo l'anonimato può del resto garantire neutralità di giudizio e un eventuale gradimento necessita di rimanere svincolato dalle caratteristiche e "potenzialità/titoli" del suo autore.
Fermo restando che chi lo ritiene
opportuno può ovviamente disporre come crede del proprio componimento, la scelta di
pubblicare il mio contributo rimane legata al voler esplicitare chiaramente
quali erano le caratteristiche del progetto e, quindi, gl’intendimenti originari della proposta. Del resto queste erano le regole che avevo stabilito per il "gioco" e le adesioni hanno automaticamente avallato tali scelte.
“I solidi pilastri posti a
sostegno del nobile edificio, dove è situato lo stemma nobiliare conosciuto in
tutto il comprensorio, isolano di fatto l’uomo nella sua solitudine.
L’abbandono di Cortigiani e giullari rende ironica nella sera la scritta: “circolo di conversazione” riportata alla base del decoro nobiliare e che identifica il palazzo.
Come pure superflue appaiono ora le inferriate poste a protezione, per un individuo che non ricerca più compagnie.
Dalla fontana che, con l’effigie leonina richiama l’araldica del casato, non sgorga acqua da qualche tempo e i malinconici visi femminili raffigurati nel quadro di famiglia, rievocano ricordi che giustificano il silenzio che sembra aleggiare nei luoghi.
Ci sarà una speranza?
Chissa? Come, quando o dove non è prevedibile a breve.
Servirà che qualcuno individui la porta di entrata per ravvivare l’ambiente e permettere al vento il rinnovo dell’aria, per riportare il dinamismo che necessita alla vita.
Le due croci simboleggiano tanti aspetti. Il misticismo evidente si relaziona col significato che ognuno intimamente intravvede.
È intanto allegorico il fatto che la croce grande non è di per sé vero simbolo di staticità perché, nel caso in questione, necessita di avere tanti più sostegni per rendersi stabile. E comunque alludono alla fine dell’avventura che c’è al termine di un percorso di vita.
Starà, quindi, a significare ben poco la vera dimensione di ogni croce oppure l’assenza di qualunque altro simbolo a ricordo dell’avvenuto passaggio.
Ciò che rimane appartiene alla storia!”
L’abbandono di Cortigiani e giullari rende ironica nella sera la scritta: “circolo di conversazione” riportata alla base del decoro nobiliare e che identifica il palazzo.
Come pure superflue appaiono ora le inferriate poste a protezione, per un individuo che non ricerca più compagnie.
Dalla fontana che, con l’effigie leonina richiama l’araldica del casato, non sgorga acqua da qualche tempo e i malinconici visi femminili raffigurati nel quadro di famiglia, rievocano ricordi che giustificano il silenzio che sembra aleggiare nei luoghi.
Ci sarà una speranza?
Chissa? Come, quando o dove non è prevedibile a breve.
Servirà che qualcuno individui la porta di entrata per ravvivare l’ambiente e permettere al vento il rinnovo dell’aria, per riportare il dinamismo che necessita alla vita.
Le due croci simboleggiano tanti aspetti. Il misticismo evidente si relaziona col significato che ognuno intimamente intravvede.
È intanto allegorico il fatto che la croce grande non è di per sé vero simbolo di staticità perché, nel caso in questione, necessita di avere tanti più sostegni per rendersi stabile. E comunque alludono alla fine dell’avventura che c’è al termine di un percorso di vita.
Starà, quindi, a significare ben poco la vera dimensione di ogni croce oppure l’assenza di qualunque altro simbolo a ricordo dell’avvenuto passaggio.
Ciò che rimane appartiene alla storia!”
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