venerdì 14 febbraio 2020

La storia domani ci dirà.



Se dovessimo individuare un punto di partenza, forse tutto quello che sta accadendo adesso ha avuto un inizio con l’avvento dell’era berlusconiana, la storia domani ci dirà.
Limitandoci agli ultimi decenni, dopo la seconda guerra mondiale si sono stabiliti degli equilibri imperniati su un sottaciuto accordo fra i due colossi usciti vincitori dal conflitto: URSS e USA. In relazione a ciò, in Italia, una Democrazia Cristiana dedita alla ricostruzione e riparare ai danni derivati dalla guerra, con l’aiuto politico e materiale degli Stati Uniti, si è impegnata in una pacificazione sociale del popolo diviso e contrapposto fra fascisti e antifascisti.
La DC, sotto l’egida della Chiesa cattolica, da sempre propensa ad assecondare il potere vigente, e avvantaggiata dalle opportunità assicurate con l’attuazione del Piano Marshall americano, ha consentito un veloce ammodernamento del paese, culminato con il boom economico degli anni sessanta. Di contro, si fa per dire, avveduti esponenti del Partito Comunista Italiano, hanno da subito sposato un realismo politico che ha fondamentalmente assecondato uno sviluppo economico “vigilato” che, garantito da una Costituzione illuminata che hanno contribuito loro stessi a scrivere, ha consentito la realizzazione di progressive tutele nel mondo del lavoro e a favore della classe operaia in particolare, che ne costituiva il naturale bacino elettorale.
L'equilibrio era comunque un buon compromesso per tutti e le due fazioni principali, gli uni sovvenzionati con dollari e da reciproci favori, gli altri con rubli, erano entrambe utili alla causa di ciascuna delle parti, nel continuo dibattito insito alla contingenza politica del tempo, meglio nota come "guerra fredda".
Il venir meno dei veri ideali e la susseguente caduta del muro di Berlino, associato ad un crescente sviluppo finanziato con denaro pubblico, ha fatto via via aumentare l’indebitamento del paese e finanziato illecitamente i partiti di governo e non solo.
Spartizioni predatorie con compartecipazioni anche delle opposizioni sempre più propense a compromessi, hanno creato carenze nell’assetto costituzionale, con un potere politico travolto da scandali e divenuto doveroso obiettivo della magistratura. Dalla epurazione naturale di quasi la totalità dei partiti storici, in ultimo, l'azione della magistratura ha indirettamente facilitato l'emergere di forze nuove, nate quasi naturalmente a causa dei generalizzati malcontenti.
In questa confusione, i vuoti di potere hanno visto sorgere forze politiche "originali": di estrazione popolar/populista, come per il caso della Lega Nord, o consociativa come per la nascita del partito "aziendalista" di Forza Italia.
Lo Zio Sam, interessato esclusivamente al predominio americano nel mondo, ha comunque sorvegliato ogni vicenda. In tutti i casi più importanti e eclatanti intervenuti nel fine millennio (stragismi e terrorismi compresi) l’ombra lunga degli Stati Uniti d’America si è insinuata nella politica interna nazionale. Al contempo i nuovi politici del vecchio impero zarista, accondiscendevano di fatto chiudendo un occhio, pur rimanendo svegli e vigili.
Oggi qualcuno non si capacita del successo imprevedibile dei Cinque stelle, di un movimento nato quasi come per scommessa e che ha solamente recepito l’enorme malcontento di un popolo economicamente passato - e velocemente - dalle stelle alle stalle.
Eppure l'italiana è quella stessa tipologia di popolo che, così come ebbe a innamorarsi del Leader del ventennio, ha poi stravisto per un imprenditore spregiudicato come Berlusconi, sposandone fideisticamente gli ideali che, come noto, non hanno mai posto realisticamente al primo posto gli interessi del suo stesso popolo di sostenitori meno abbienti.
La storia d’oggi continua a rivelare i risvolti di una politica che nell’ultimo trentennio ha visto primeggiare figure mediocri che, più che impegnarsi nello sviluppare progetti volti ad assicurare un futuro migliore al paese, si sono mischiate e mescolate - riconoscendosi in ciò - nel cercare di accaparrarsi qualcosa di tangibile, da possedere, se del caso da spartire: ora e subito.
Personaggi di ogni schieramento hanno pertanto sviluppato il loro linguaggio politichese volto essenzialmente a confondere gli elettori, creando magari falsi fantasmi per costruire paure, per parlare alle pance delle moltitudini votanti, per promettere favole a tutte le categorie sociali, artefacendo tanti specchietti per allodole, fatti brillare in un turbinio di campagne elettorali interminabili; dividendo principalmente la gente in fazioni da stadio, certamente, ma essenzialmente differenziando le masse fra “metinculi”, “pianculi” e “indifferenti” (1).
L’assenza della politica e di leaders con visioni da statista ha fatto pure emergere millantatori, fenomeni da baraccone ai quali la parte di popolo bovino, avvezzo alle dipendenze e ormai assuefatto, continua ancor oggi a concedere credito.
Siamo nell’era della ruota della fortuna e nell'attuale confusa stagione del digitale, che miscela il reale con il virtuale, campioni delle vecchie trasmissioni che furono di Mike Bongiorno e di Jerry Scotti, te li ritrovi ora come leader politici. Sarebbe il caso di dire: “Sogno o son desto”? 
A loro, quindi, per la stessa natura interessa solo il montepremi, il loro ciarlare serve solo ad imbonire e a inserire una serie di risposte esatte che, ancorchè finalizzate a un improbabile programma sociale, consenta di raggiungere velocemente lo scopo, quello che è il vero scopo, il loro solamente.
E' successo, pertanto, che nel fronte idealista di sinistra, lasciato fattivamente vuoto nei posti di comando, un gruppo di avventurieri toscani di provincia, interessati essenzialmente al potere, avidi di prebende e con la sola mira di occupare posti di comando, siano riusciti anche a ridicolizzare la storia di una classe politica che pure era ricca di tanti idealisti dal passato filopartigiano.
Ma accadimenti recenti dimostrano che la gente c’è sempre, anche se disgustata e con poca voglia di lottare, anche se non offre più la disponibilità a impegnarsi in prima fila. Basta infatti far intuire un pericolo vero che incomba, saperlo ben raccontare semplicemente e l’istinto innato per non restare travolti smuove anche le masse sonnecchianti, suona come una sveglia che ridesta i dormienti. 
Ciò mi fa pensare ad un nostalgico personaggio di sinistra che incombeva in una felice trasmissione televisiva della Dandini; quello che risvegliandosi da un lungo sopore traumatico, come per declamare i ricordi, evocava “i Pooh”. Giovani, di recente, ci hanno risvegliato gridando al lupo al lupo: “le Sardine”.
E siamo ai giorni d’oggi e alla crisi di governo latente, tentatrice e temuta. 
Il mio amico molto avvezzo alla musica, utilizzando parole del grande Mogol, certamente andrebbe a dire: “io vorrei, non vorrei, ma se vuoi …….. come può uno scoglio, arginare il mare, anche se non voglio torno già a" votare …. etc… etc ....

© Essec


martedì 4 febbraio 2020

Meno male



In qualche modo appare ed è sempre difficile a ciascuno il riuscire a esprimere la propria vera indole, attraverso singoli atti.
Pure assemblando anche parti di essi rimane pressochè impossibile riuscire a dare un quadro esaustivo e attendibile di quello che si è veramente.
La questione si pone su due direzioni, dall’individuo verso il mondo esterno per come ci si manifesta e da come ci vedono - per il modo di esprimerci - gli altri.
Nel suo recente libro "Io, Napoli e tu" Lello Arena afferma una tesi la quale, ancorchè possa essere prossima a verità, riesce a dare un quadro abbastanza interessante sull'argomento.
Sul punto viene detto, infatti, a proposito di Troisi, che “ha lasciato a ognuna delle persone che ha conosciuto una sua esclusiva versione di sè”, afferma pertanto Arena che “Massimo è la somma di tutti i diversi Massimo che ha lasciato in ognuno di noi”.
Su questa base risulterebbe, quindi, che se in qualche modo si riuscissero a assemblare idealmente le diverse sfaccettature di ciascuno per come ci si manifesta, attraverso scritti e detti, potremmo avere una visione più vicina all’essenza realistica di ognuno.
L’abilità di taluni più sgamati, comunque, potrebbe sempre camuffare, riuscendo a sviare e ingannare sulla verità della loro indole, ma è anche umano che nell’arco di una vita non si possa sempre mantenere coerenza e ci si possa, quindi, anche porre in maniera differente al cospetto di avvenimenti, in relazione alla peculiarità specifica dell’interlocutore di turno, e possano anche manifestarsi eventuali inciampi (in ogni caso sempre rimediabili se giustificabili o scusabili).
La sommatoria algebrica degli accadimenti - associati alle condizioni temporali in cui essi si manifestano - consentiranno di addivenire a un giudizio che, seppur umanamente fallibile, potrà più essere prossimo a una realistica definizione dei personaggi.
Guai se dovesse veramente esistere quel “padreterno” venerato da tanti ma altamente sottovalutato da moltitudini in tempo di vita; sarebbe altra musica, perchè quello saprebbe certamente leggere a tutto tondo la verità.
In questo caso, peraltro, non sarebbe sufficiente il solo manifestarsi - piu’ o meno mascherato – di noi singoli umani, perchè entrerebbero anche in ballo i pensieri reconditi inespressi insiti in ognuno.
Meno male che "quello", a prescindere dei possibili anatemi dei suoi rappresentanti, rimane nella dimensione mistica e che nel quotidiano reale non si manifesta …… 

© Essec


 

domenica 2 febbraio 2020

Massimo Fini: "L'M5S è il nemico pubblico come il Bossi di trent'anni fa"


Nella mia ormai lunga esperienza, di cittadino e di giornalista, diciamo nell’arco, all’incirca, degli ultimi trent’anni, solo in un altro caso mi è capitato di assistere a un fuoco concentrico come quello a cui oggi è sottoposto il Movimento Cinque Stelle, per cui basta che al suo interno si scompigli anche un solo pelo per darlo per morto e finito. 
Il caso cui mi riferisco è quello della prima Lega di Umberto Bossi. L’Umberto, come allora familiarmente lo si chiamava, e che io considero l’unico, vero, uomo politico italiano dell’ultimo quarto di secolo, aveva in testa un’idea che allora parve dirompente e blasfema ma che se la guardiamo con gli occhi di oggi (“la Storia è il passato visto con gli occhi del presente” diceva Benedetto Croce) è diventata molto attuale. Secondo quella Lega l’Italia andava divisa, perlomeno da un punto di vista amministrativo, ma anche legislativo, in tre parti, Nord, Centro, Sud, perché rappresentavano tre diverse realtà, economiche, sociali, culturali e anche climatiche. L’idea di Bossi andava poi oltre i confini nazionali. Pensando a un’Europa politicamente unita il Senatùr riteneva che i punti di riferimento periferici di quest’Europa non sarebbero stati più gli Stati nazionali, ma aree coese dal punto di vista sociale, economico, culturale che avrebbero oltrepassato i confini tradizionali. L’unità politica europea non si è poi, almeno per ora, realizzata, ma l’idea bossiana rimane valida e spendibile per il futuro. Di questo vasto programma, che aveva alle sue spalle anche un giurista del peso di Gianfranco Miglio, l’Italia partitocratica di allora non capì il valore, o forse lo capì fin troppo bene (è ovvio che in un’Europa unita i partiti nazionali avrebbero perso, come alla fine finiranno per perdere, il loro peso). La Lega bossiana fu quindi attaccata da ogni parte (“le tre repubblichette”), da tutti i tradizionali partiti nazionali che avrebbero perso il loro potere e dai poteri sovranazionali, finanziari ed economici, che in un’Europa unita e confederata, alla maniera degli Stati Uniti d’America, vedevano un pericoloso concorrente. Umberto Bossi sovracaricato di reati di opinione (tipo “vilipendio alla bandiera” e simili) finì per impaurirsi e soccombere alleandosi con quello che in Italia era il suo nemico naturale, alias Silvio Berlusconi, globalizzatore, filoamericano e quindi assolutamente all’opposto di un ‘localismo’ intelligente. Io che allora avevo ottimi rapporti con l’Umberto, uomo del popolo e che del popolo capiva le esigenze, avevo un bel dirgli: “Guarda che i tuoi sono reati di opinione che nulla hanno a che vedere con quelli di Berlusconi. Fate una battaglia, sacrosanta, contro i reati di opinione, eredità del Codice fascista di Alfredo Rocco”. E per la verità Umberto Bossi questo lo aveva ben capito. Nel discorso del 21 dicembre 1994 in cui fece cadere il governo Berlusconi, un discorso perfetto anche nello stile, alla faccia di chi lo considerava, come Di Pietro, un personaggio rozzo, pose le premesse per un’Italia diversa e nuova. Ma non ci fu niente da fare. Le forze, nazionali e internazionali, che si opponevano a questo cambiamento ebbero la meglio. Complice anche una malattia, che solo chi è animato da una vera passione può essere colpito, il mio caro e vecchio amico Umberto perse la testa, si rialleò con Berlusconi e questa fu la fine sua e del suo Movimento.
Perché ho fatto questa lunga premessa che sembra non c’entrare niente con l’Italia di oggi? Perché i Cinque Stelle, che hanno un programma molto meno ambizioso di quello della Lega delle origini, ne subiscono la stessa sorte. Qual è il programma dei Cinque Stelle? Nella sostanza è un ripristino dell’onestà (come loro la chiamano ma io avrei preferito il termine “legalità”, perché l’onestà è qualcosa di più profondo che può appartenere anche a un malavitoso, è una coerenza etica) e un tentativo di ridare un ragionevole equilibrio sociale e anche meritocratico in un Paese dove, come in tutto l’Occidente, le disuguaglianze hanno assunto livelli insopportabili che umiliano quella che, senza rendersi conto dell’implicito disprezzo che c’è in questa denominazione, viene chiamata “gente comune”. Insomma il programma dei Cinque Stelle, senza assumere quella visionaria di Umberto Bossi, è assolutamente basico. Ma è sufficiente per scatenare contro “los grillinos”, come li chiamano in Spagna, tutte le forze pro sistema, non solo i partiti tradizionali che vedono messo in pericolo il loro strapotere, ma anche le lobby della finanza internazionale. Molti nemici molto onore, si dice. Ma don Chisciotte è destinato storicamente a perdere. Ma noi, pur consapevoli, preferiamo essere dalla sua parte che da quella dei vincitori di giornata. Anche perché la Storia cambia e, con la velocità a cui van le cose attualmente, i perdenti di oggi potrebbero anche essere i vincitori di domani.

Massimo Fini (Il Fatto Quotidiano, 1 febbraio 2020)