giovedì 29 dicembre 2022
Più tardi ho capito che in una fotografia possiamo vedere solo quello che sappiamo (D.Mormorio)
Nella intervista di Giovanni Ruggiero a Diego Mormorio, pubblicata nell’edizione di novembre di Fotoit 2022, nella sua prima risposta Mormorio esordisce con una chiave emblematica.
“Da ragazzino mi incuriosivano molto i ritratti, soprattutto quelli delle persone che non avevo conosciuto o che erano morte da poco tempo. Ricordo che ho passato molto tempo a guardare il ritratto di mio nonno morto da pochi mesi. Cercavo di capire se in quel pezzo di carta ci fosse qualcosa che della persona fotografata non ricordavo, che non avevo visto. Ma più guardavo e più capivo che lì, in quel pezzo di carta incorniciata, c’era soltanto la persona che conoscevo, che ricordavo, c’erano le sue parole, i suoi gesti. Ma niente di più. Più tardi ho capito che in una fotografia possiamo vedere solo quello che sappiamo. Niente di più. I ritratti hanno comunque continuato a interessarmi, e ancora mi interessano molto. Per il resto, la fotografia mi sembrava una cosa poco utile che, ironia della sorte, mi ha poi riempito la vita.”
Per quanto ovvio, quindi, al di là della fotografia e, più in generale, le conoscenze e la propria cultura stanno alla base di ciò che riusciamo a leggere e comprendere. Verità assolute che accompagnano l’uomo dalla nascita e che, attraverso un lento percorso evolutivo, porta oggi a poter quasi gestire e di certo a dissertare (quasi razionalmente) su argomenti basati su un concettuale complesso e variamente assemblato.
L’avvento e la diffusione dell’informatica ci ha fatto plasticamente apprendere oggi ancor di più di quanta sapienza è raccolta nel tempo e quanto è quella che si disperde con l’avvento della morte.
Una delle ambizioni utopiche dell’esistenza umana è quella di raggiungere l’impossibile traguardo dell’eterno, ovvero la capacità di poter conservare le tessere del mosaico e i singoli frames del nostro esistere, che continua ad arricchirsi con ogni giorno attraverso il laborioso impegno e l’ingegno.
Se qualcuno si volesse avventurare a enucleare, anche a spanne, il numero degli individui e delle personalità incontrate lungo il suo percorso di vita starebbe ancora qui a discernere.
Peraltro, al di là delle osservazioni di Joan Fontcuberta, intendendo contare le fotografie di attimi, per ogni personaggio colto in posa, illuminato della luce mutevole di momenti, si starebbe a catalogare una serie infinita delle immagini pirandelliane dell’uno, nessuno e centomila che identificano ogni essere nel tempo; per le naturali variazioni estetiche e etiche, perpetue e attive in ciascuno. Risulterebbe quindi assolutamente impossibile addivenire a una totalizzazione plausibile e razionale; ogni pretesa così più che illudere alimenterebbe delle pure e semplici umane utopie.
Le tecnologie moderne però parallelamente consentono oggi di mantenere vive e perseguibili le illusioni; il che, per i cadenzati passi avanti che continuano ad aprire sempre nuovi panorami, induce a considerare come raggiungibile qualsiasi chimera. In più, in qualche modo, tutto quell'insieme di formule della comunicazione, oggi consente di rendere ripercorribili tracce di eventi già accaduti e appartenenti al passato, riuscendo così quasi a fissare come eterne e rileggibili le storie. Gli utilizzi di magneti, lettori ottici e altro, fanno sì che testimonianze realistiche (seppur dalla durata fisica ancora incerta) siano così catalogabili e decriptabili grazie a stratagemmi; prefigurando come possa quasi essere alla portata e, quindi, raggiungibile l’utopia dell’eterno.
Oggi cinematografia e archivi televisivi consentono, infatti, di rivedere testimonianze di soggetti defunti, riascoltarne le gesta in eventi accaduti che ormai appartegono al passato, con delle tracce virtuali che li rendono vivi. Un fenomeno strano e, per taluni aspetti alquanto inquietante è quello che mantiene vive nei social anche le persone decedute, confondendo così anime e corpi.
Eventi, fissati attraverso processi materialistici e tecnologici conservativi, rimangono così registrati e preservati dall’andare irrimediabilmente perduti (sia sonoramente che visivamente).
Nel tempo, le narrazioni primitive e la letteratura poi (favorita dalla stampa), hanno avviato l’allungamento della durata dei processi conservativi che, via via, hanno accelerato forme di custodia e trasmissione diretta della cultura; attivando e favorendo il processo evolutivo del pensiero umano (implementato nei Dna generazionali).
Lo sviluppo di nuove forme tecnologiche, poi, come la governance di big data, attraverso processori e sistemi informatici - con il più complesso accumulo delle relative fonti - hanno in breve pure introdotto forme di nuove possibilità di sfruttamento e rivolto lo sguardo a utilizzi variegati e ottimali di una sempre maggiore mole d’informazioni disponibili. Il risvolto consumistico dei sistemi capitalisti hanno ancor più stimolato l’accumulo di un composito software “simil-umano” che regola i nostri comportamenti, realizzato con l’avvento di hardware sempre più complicati e l’applicazione sempre più presente di algoritmi che costituiscono elementari processi minimali simili alle funzioni fondamentali e specifiche dei nostri cervelli.
Lo sviluppo di nanotecnologie e quant’altro utile alle gestioni informatiche micro consentono ormai di rendere praticabile tecnologie acceleratrici in ogni elaborazione; capaci di rendere perfino umanamente accessibili delle relatività fantastiche che fino a ieri apparivano non solo impossibili ma anche inimmaginabili. Quanto già realizzato dai colossi Google e da servizi segreti degli stati tecnologicamente più evoluti, di fatto è ora orientato all’accumulo delle idee e delle azioni manifestate che, attraverso specifici algoritmi e decriptazioni precostituite, vengono raccolte e elaborate a scopo socio-politico (per sfruttamenti finalizzati e predefiniti, commerciale compreso).
Parallelamente uno sviluppo delle tecniche di comunicazione, consente di affinare anche strumenti di controllo; orientando o deliberatamente indirizzando - con sempre maggiore precisione e fine - le masse amministrate, verso desideri indotti e/o paure virtuali, condizionando scelte e, volendo, andando a favorire l’addivenire di politiche preordinate precostituite.
Non è quindi da escludere che l’ambizione assoluta dell’uomo tecnologico di domani possa venire a essere assai più elevata; con l'idea, per qualcuno, di ambire a trovare un mezzo per copiare in una unica struttura di supporto esterna (un super server o una loro serie, come fosse un mega cervello universale, per intenderci) utilizzabile per raccogliere su dei sofisticati supporti informatici l'insieme delle tracce manifestate.
Con un accorpamento unico e delle analogie con le sinapsi presenti nei viventi; realizzando così un mega cervello atto a raccolgliere il condensato dell’assoluto razionale: nello spazio e nel tempo.
Le recenti foto dell’universo realizzate attraverso il telescopio Webb, costituito da un composito e complesso sistema per l’osservazione spaziale, rappresentano un esempio pratico di quanto sia possibile anche quello che appariva impossibile; dimostrando come tutto ciò è stato reso attuabile attraverso l'intelligenza e la capacità scientifica svipuppata - associata e razionale - di tante menti umane.
Seppure tutto rimane perennemente relativo, le continue scoperte consentono di addivenire continuamente a risultati sempre più stupefacenti, che si aggiornano di continuo e che, nell’accelerata evoluzione delle tecniche attuative, proiettano verso nuove avventure e sempre più ambiziosi traguardi. Con l’assoluta certezza che, in ogni caso, qualunque nuovo successo manterrebbe sempre oscure le origini e il significato del tutto, della dimensione del "tempo-spazio" che costituisce la materia, poichè le limitate potenzialità reali della mente più evoluta non potrà mai raggiungere la “meta” di cui è figlia.
In ogni caso può tornare in aiuto, per concludere positivamente, quanto la scienza moderna ci insegna attraverso la psicoanalisi, quando ci viene ad informare che le fantasie e le creatività restano elementi essenziali per noi esseri umani, nell’avvicinarci a quella che è la nostra vera realtà e a renderci così, superando ogni confine, naturalmente felici.
Buona luce a tutti!
© ESSEC
giovedì 15 dicembre 2022
Rivisitare le proprie produzioni creative
Un esercizio che potrebbe tornare utile sarebbe quello di rivisitare le proprie produzioni creative, riposizionandosi con la mente indietro nel tempo, per cercare di rileggere aspetti attualizzando le visioni nell’oggi.
In una forma ridotta e limitata a sé stessi, sarebbe un po’ come andare a rileggere l’autore nella forma più autentica. Paradossalmente è come se lo stesso autore andasse a riposizionarsi traslandosi all’indietro, ripercorrendo magari in altra chiave quelle che potrebbero identificarsi come le sue significative fasi formative, con la rimodulazione dei relativi pro e contro che alle stesse sarebbero inevitabilmente annessi.
Potrebbe così capitare o di disconoscere le origini creative di talune operazioni, o anche, simulando una rigenerazione pure secondo il processo creativo di quel tempo, intravvedere nuovi aspetti, magari attraverso il semplice riesame delle metodologie praticate per svilupparli.
Nuovi orizzonti si potrebbero anche aprire, provando magari a collegare tecniche di sperimentazione attuate e indispensabili per le verifiche di percorribilità, specialmente se rimaste solo teorizzate o ancora financo da provare.
Potrebbe pure accadere, quindi, di venire a scoprire, a posteriori, dei possibili risvolti rimasti potenziali, come sospesi in un limbo; intravvedendo, con l’esperienza e la cultura dell’oggi, aspetti in origine mai focalizzati o semplicemente sfuggiti all’attenzione.
Del resto anche idee rimaste consciamente scartate conservano tracce di sottostanti logiche che, magari sfiorate da nuove visioni, potrebbero aprire spiragli di luce, di possibilità praticabili e non viste o, a quel tempo, apparse non meritevoli.
Così, combinazioni e conseguenze logiche di colori e armonie di suoni rivisitate potrebbero venire a prefigurare messaggi diversi e, sviluppando nuove intuizioni, potrebbero mettere in luce aspetti che, elaborati seguendo nuovi metodi e tecnologie aggiornate, consentirebbero visioni differenti.
Nella maggior parte dei casi, rileggendosi all’indietro, si tende principalmente a riscoprire inevitabili molte superficialità o lacune che però, anche se dimenticate o rimosse, hanno costituito una parte integrante del percorso che ci ha portato all’oggi e a quel che siamo riusciti a realizzare.
Sono i famosi baule, i contenitori che conservano i tanti oggetti del passato che accumulano esperienze e ricordi. Tenendo sempre a mente che, specie nel mondo artistico, mediocrità o eccellenze possono prescindere dalla consapevole volontà dell’autore e che le mode e le tendenze costituiscono il vero metro di giudizio; come pure che le grammatiche e le sintassi differenti delle culture insite in civiltà susseguenti, parallele, contigue, contrapposte, secondo le ovvie logiche temporali, costituiscono le chiavi per definire la bellezza, che non sarà mai assoluta, ma sempre specifica e relativa al tempo e al luogo corrispondenti.
Innumerevoli e indefiniti sono e saranno pertanto le coordinate e i confini delle tappe che vanno a convivere nel corso degli anni e a susseguirsi, costituendo dei riferimenti sedimentati per il singolo individuo, per i gruppi e per le popolazioni tutte.
Si formano e si modificano di continuo in questo modo tante scuole di pensiero, con usi e costumi, ideologie e religioni, che condizionano, orientano e indottrinano su percorsi preordinati o preconcetti, legati a disegni immaginati, o anche fantasiosi quanto si vuole, ma sempre indotti da un insieme di regole fisse.
Come ama ricordare l’amico Pippo, sono indefinibili pertanto le barriere (fisiche o psicologiche) che andranno a condizionare e che accompagnano, incanalandoci (includendoci e escludendoci) lungo il cammino delle nostre cadenzate esistenze.
Posizionandoci secondo quelli che risultano i limiti/confini che si riterranno più consoni e che inconsciamente ci rassicurano, se assunti come modelli e stili di vita del vivere comune; mantenendoci sociologicamente nel gruppo a noi più idoneo che, quasi in automatico, riterremo naturalmente a noi è più affine.
Buona luce a tutti!
© ESSEC