martedì 10 gennaio 2023

Figli di puttana!



Ogni tanto, specie quando si ha voglia di scrivere, è necessario discostarsi dal solito campo serioso e magari è utile avventurarsi anche nel politically correct inteso, come senso, all’uso attributivo del termine, riferendosi cioè a discorsi e comportamenti improntati al rispetto delle minoranze e dei gruppi sociali più deboli e discriminati.
Secondo tale logica, anche se potrà risultare a qualcuno indigesto, si viene a discernere e a dilungare su una terminologia indicata semplicisticamente con l'aggettivazione: “figlio di puttana”.
In premessa è da tenere conto che le fecondazioni in vitro sono una tecnica di riproduzione assistita, che consiste nell'unione realizzata in laboratorio di un ovulo e di uno spermatozoo del partner maschile della coppia o di donatori, allo scopo di ottenere embrioni già fecondati da trasferire nell'utero materno.
In queste circostanze maternità e paternità sono certe, poiché i portatori di spermatozoi e ovulo sono schedati, anche se possono non necessariamente corrispondere a una coppia di fatto (per convivenza o unione civile/religiosa certificata).
Una incertezza si profila solo in fattispecie nelle quali intervengono dei donatori le cui generalità, di regola, sono secretate e di regola non rese note a chi vi ricorre.
Nella maggior parte delle situazioni ne deriverebbe che le discendenze dovrebbero essere acclarate. Ancor di più per il fatto di essere legalmente rafforzate dai cognomi attribuiti, che vengono così a fissare un posizionamento genealogico familiare.
Ma come annota la Treccani: “il diavolo fa la pentola ma non il coperchio. Il che sta a significare come sia più facile fare del male che evitarne le ricadute negative”.
La stessa notazione enciclopedica continua osservando che “il diavolo è presentissimo nella tradizione proverbiale come personificazione del male e degli istinti maligni che albergano negli esseri umani”. Inoltre ricorda che “i proverbi sono depositari di prudenza popolare e di buon senso - o senso comune - non di rado venati di moralismo. Per questo il diavolo vi figura spesso come cattivo o imperfetto consigliere”.
Il suggerimento che viene lanciato è semplice e netto e, come nel caso del proverbio in questione, intriso di pragmatismo: “meglio non architettare azioni malvagie (o anche solo disoneste) perché è facile che si ripercuotano contro chi le ha pianificate e commesse. Avendo fatto del male, insomma, i conti finiscono col non tornare e il malfattore ne paga in qualche modo le conseguenze”.
Tornando a noi, parlando di padri, madri e figli può anche accadere, nel caso di geniture non assistite, che ci si possa trovare in presenza di due casi di figliolanza, con un’eventualità normale di essere effettivamente figli della coppia riconosciuta o che uno dei due non sia mai stato attore consapevole nella inseminazione procreativa.
In questa seconda fattispecie un figlio - anche volgarmente indicabile in modo colorito, senza correre rischi di andare a sollevare conflitti di genere - potrebbe essere aggettivato indifferentemente come "figlio di cornuto" o "figlio di puttana".
A questo punto tornano ancora in aiuto i proverbi, quando ci dicono che Mater semper certa est, pater numquam (la madre è sempre certa, il padre mai); ed è per tale ragione che uno dei principi classici del diritto civile è basato su una massima di esperienza (che nemmeno i progressi scientifici sono riusciti ancora a smentire), in base alla quale se è facile individuare la madre di un soggetto, la ricerca della paternità è spesso difficile, e, in qualche caso, impossibile. Ecco perché la legge ricorre alla presunzione di paternità in base alla quale colui che è stato concepito durante il matrimonio si presume figlio del marito della madre.
La morale dello scritto induce a far tesoro su quanto detto e a essere, pertanto, molto prudenti e attenti nell’opportuno uso delle parole.
Del resto, chi è figlio di un cornuto lo è molto di frequente a sua insaputa e il padre che lo cresce (a prescindere dell'essere ignaro, complice o buono d’animo come un San Giuseppe), col tempo vi si affeziona comunque, come se fosse figlio proprio.
Più complessa e articolata (e talvolta pure spinosa) si può presentare la posizione della madre, che di certo è consapevole e, spesso, anche unica depositaria della verità.
Per il solo fatto che “i figli so’ piezze e core” e sono tutti uguali (come in Filumena Marturano di Eduardo De Filippo), chi è madre tende a proteggere tutti quanti i suoi figli e in egual misura.
A prescindere dall’uso popolano che si suole dare all'appellativo "figlio di", specie nel voler descrivere spregiativamente chi si dimostra scorretto e disonesto per indole o natura, è utile tenere a mente un aspetto facilmente conclamabile; ovvero che i figli di puttana o di cornuti potenziali, quelli veri, possono essere tanti, indipendentemente e nonostante le origini presunte. Poi c'è chi mi fa notare che ci sarebbero anche "i figli di.... D.o.c. e i poveri diavoli generici"; sarebbero queste delle peculiari sottospecie che necessiterebbero altre complesse argomentazioni. Chi vuole potrà comunque discernere e approfondire l'argomento a proprio piacimento perchè, a prescindere (come usava ripetere il grande Totò) da ogni apporto, qualunque punto di vista costituisce sempre un valore aggiunto.
Meglio sarebbe, quindi, limitarsi a valutare per le caratteristiche e i comportamenti etici manifestati dai soggetti, piuttosto che indagare sulle origini, o misurare i termini in relazione a dicerie o risultati d'indagini condizionati dal "sentito dire"; perché i "cosiddetti" potrebbero rivelarsi anche migliori, indipendentemente da qualunque convinzione sulla loro presunta o reale discendenza.

Buona luce a tutti!

© ESSEC

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