domenica 28 aprile 2024

Palermo è Bella!



Mi torna spesso in mente la considerazione di come spesso la scrittura ha un "potere liberatorio" insostituibile. Oltre a far manifestare le proprie idee, induce a riflettere e a riorganizzare i pensieri. Lo scrivere, quindi, non è solo esprimere pareri, considerazioni, impressioni, ma è anche un condensato di tutto quello che induce a formulare con testi il proprio modo di essere, senza fronzoli o barriere.
Seguendo l'istinto l'amica Raffaella mi ha inviato un suo scritto che è una bella sintesi del suo approccio con la mia Palermo. Al di là delle considerazioni positive, il suo articolo esterna le impressioni che hanno manifestato a parole anche altri amici che sono venuti per la prima volta e che hanno scoperto pregi e difetti dei luoghi.
Per questo motivo, ricevuto il consenso di Raffaella, mi piace condividerlo con una foto da lei scattata al mercato più popolare di Ballarò.

Buona luce a tutti!


© ESSEC

"Palermo è Bella! Sono partita per Palermo con il desiderio di sospendere la routine, godermi alcuni giorni di relax con gli amici e, soprattutto, di vivere senza filtri, a mente aperta, una città che stavo riconsiderando.
A differenza delle passate uscite in altre città, questa volta non mi sono documentata su quello che doveva essere visitato, cosa non potevo assolutamente perdermi e nemmeno mi sono informata su cosa mi sarei dovuta aspettare. La mia preparazione si è limitata, quindi, alla predisposizione del kit fotografico perché a detta di tutti “Palermo offre molti spunti” ed a preparare mente e cuore in quanto: curiosità, desiderio di carpire e vivere senza pregiudizi le persone, i luoghi e gli eventi sarebbero stati, in assoluto, gli strumenti che mi avrebbero dovuto accompagnare in questa escursione.
Così, sono partita alla volta di Palermo con mente e cuore aperto, disposta ad ascoltare e vivere le emozioni che la “città” mi avrebbe regalato, fossero state positive o negative.
Palermo per me, finché non l’ho vissuta, era solo una località intangibile che la mia mente visualizzava, seppur di rado, attraverso il susseguirsi randomico d’immagini di cronaca; assorbite dai telegiornali, nonché d’immagini fantasiose stereotipate.
Non so dire perché Palermo, descritta dagli amici come “bella”, non avesse mai suscitato prima in me la curiosità di scoprirla o perché avessi lasciato che la mia mente si limitasse ad identificarla come un’icona della malavita, come se altro non potesse essere, e relegarla in qualche angolo nascosto per dimenticarla.
Questa curiosità mi è nata recentemente, stimolata dal confronto avuto nell’ultimo biennio con alcuni giovani ex-colleghi palermitani che, nostalgicamente, ne esaltavano il centro storico, la vita notturna, il mare e la cucina. Contemporaneamente gli scatti fotografici di nuovi amici fornivano alla mia mente “immagini” diverse da quelle che avevo catalogato nella memoria: immagini di cultura, vita comunitaria, tradizioni religiose, street art, acuendo un interesse per la città, rendendomi conto di quanto non la conoscessi.
Ora ringrazio chi ha contribuito a smantellare, poco a poco, l’icona sfalsata che mi ero costruita della città ed a rimuovere gli stereotipi assimilati, che ha ingenerato, per l’appunto, la curiosità ed il desiderio di conoscerla e viverla personalmente.
Atterrati in Sicilia, durante lo spostamento dall’aeroporto alla città passando nel punto in cui il 23 maggio 1992 si consumò, per mano di cosa nostra, la strage di Capaci, dove persero la vita il magistrato Giovanni Falcone, la moglie e gli agenti della sua scorta, l’eccitazione che mi accompagnava dalla partenza si è per un poco assopita per lasciare spazio al silenzio.
Tutti i ricordi che conservavo di questo drammatico evento, immagini e servizi di cronaca, con il passare del tempo avevano perso quella loro carica emotiva che lì è riesplosa, probabilmente a causa dell’annullamento della distanza. Passare dai luoghi mi ha provocato una reazione inaspettata, infatti, l’impatto è stato forte e tutto è tornato in superficie suscitando un rincorrersi di pensieri, il cui focus erano ipotesi di paura e d’impotenza, provate da chi subiva sulla propria pelle la mafia.
Devo ammettere che da quel momento il mio stato d’animo è cambiato, la mia mente si è spogliata di tutto ciò che lì non mi sarebbe servito, pregiudizi compresi; si è creato il vuoto tra me la mia quotidianità. Fantastico, senza rendermene conto, mi sono trovata in un atteggiamento di totale apertura al nuovo, predisposta e concentrata alla ricezione e all’ascolto.
L’arrivo a Palermo città mi ha lasciata, quindi, pressoché indifferente. Infatti, la periferia non aveva nulla di particolarmente diverso dalle periferie di qualsivoglia città, ma poi, mano a mano che ci si avvicinava al centro, attraverso un labirinto di strade sempre più strette, piazzette e vicoli il mio stupore è stato un crescendo, perché mai avevo visto una realtà cosi.
A questo punto, nel primo impatto, l’aggettivo “bella” che avevo sentito ripetutamente attribuire alla città io proprio non riuscivo a capirlo. Quello che sino a quel momento mi si era presentato era particolarmente trasandato, sporco e in un totale decadimento, ben lontano dai canoni di ordine e cura a cui sono sempre stata abituata. Per non parlare della mancanza di distanze, a garanzia della propria privacy, tra edifici che, disegnando vicoli così stretti, presentavano balconi che consentivano l’ascolto di ogni conversazione tra dirimpettai, senza dover minimamente aumentare l’attenzione per sapere, ad esempio, cosà il vicino avrebbe mangiato a pranzo, il tutto senza necessità di chiedere.
Questo è quanto avevo recepito dall’aeroporto alla sistemazione nell’appartamento in cui avremmo soggiornato e, conseguentemente, nulla mi faceva associare a Palermo l’aggettivo “bella”. È vero, ancora non avevo visto le sue opere d’arte, piazza della Vergogna con la sua fontana (spettacolare, se ci fosse l’acqua, forse, ancora di più), la ricca e turistica via Maqueda o altro ma ho sempre pensato che per definire una città “bella” non bastano le sole opere d’arte.
Solo successivamente, camminando in silenzio in mezzo a quei vicoli così rumorosi (vuoi perché pieni di vita o vuoi perché i loro muri riportato messaggi, gridati o sussurrati, alla città che probabilmente solo il tempo azzittirà), lasciandomi trasportare dalle emozioni, ho cominciato ad interrogarmi sul concetto di “bella”. Perché, a mio avviso, questo aggettivo, molto gettonato, dice tutto e dice nulla ed ho cominciato ad attribuirgli un valore che andava oltre la sola estetica.
Sarei rimasta ore nei mercati di Ballarò, del Capo e della Vucciria, rapita dall’atmosfera vivace che mi circondava, colpita dall’energia di chi ci lavorava e dalle loro urla lanciate per attrarre gli avventori; dalla musica e dall’allegria, dalla presenza multietnica, di qua e di là dei banchi, dalla cortesia e tolleranza da parte di tutti, in particolar modo di chi, con naturalezza, si spostava per dare spazio ai motorini che, contro ogni senso logico (ovviamente il mio senso logico), transitavano “educatamente” in mezzo ai frequentatori dei mercati, dove già a piedi si faticava a passare ed ancora dai banchi di pesce dall’odore di mare, dai fumi delle griglie, dai colori e gli odori delle merci esposte, dalle conversazioni siano esse soltanto ascoltate o avute.
Inoltre, girando per alcuni vicoli e visitando il mercato dell’usato ho respirato tristezza, generata dalla visione della povertà che lì era particolarmente palpabile; allo stesso tempo però, ho visto solo visi che lasciavano trasparire dignità.
Anche per me Palermo è quindi “Bella!” e lo è non perché città curata, pulita, ricca di monumenti, palazzi storici tenuti come bomboniere, urbanizzata a modo con case e palazzi ordinati secondo i canoni con cui normalmente si valuta una città ma perché, se così facessi, direi che Palermo sarebbe veramente brutta e invivibile.
Senza accorgermene, ho cambiato i miei parametri di valutazione ed ora posso asserire che Palermo per me è veramente “Bella!” E lo è perché mi ha rapita, perché mi ha portata a pensare fuori dagli schemi che conoscevo, permettendomi di apprendere cose che, se non le avessi viste, se non le avessi respirate, non le avrei capite.
Palermo per me è “Bella!” E lo è perché mi ha fatta sentire particolarmente viva.
Raffaella Tava (Aprile 2024)"

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