martedì 28 ottobre 2025

I.A. per aprire nuove strade a tutte le forme dell’arte futura



L’altro giorno l’amico Pippo, divoratore di libri, mi ha consigliato la lettura di “L’Occhio Sintetico” di Fred Ritchin, insegnante di Fotografia e Imaging alla New Yok University.
Mi ha raccontato d’essere rimasto affascinato anche dalla scorrevolezza della scrittura che ne ha reso piacevole la lettura, rendendola maggiormente comprensibile nella complessità dei contenuti.
Difficile risulterebbe poter scrivere un qualcosa che possa rendere un’idea completa degli argomenti trattati, i quali, prendendo a pretesto quanto recitato nel sottotitolo del volume (la trasformazione della fotografia nell’era dell’intelligenza artificiale), induce a sviluppare ampie riflessioni sull’universo fotografico contemporaneo e non solo.
Al riguardo assai significativo appare quanto riportato in quarta di copertina, laddove viene acutamente osservato come “nel 1840, un anno dopo l’invenzione della fotografia, il pittore Paul Delaroche esclamò ‘d’ora in poi, la pittura è morta’. La fotografia era più veloce, economica e realistica: la sua invenzione emancipò i pittori dalla realtà, aprendo la strada a tutte le forme dell’arte futura.”
Ci sarebbe d’augurarsi, quindi, che anche con l’avvento dell’IA la fotografia possa produrre input innovativi e incentivare nuovi sviluppi artistici, con messaggi stimolati dal fenomeno pur restando totalmente indipendenti dalle inevitabili dirette interferenze.
Nel suo scritto Ritchin da dimostrazione del tempo dedicato all’IA e quanto sia addentro alla materia, avendo fin dagli albori sperimentato direttamente le progressive applicazioni nella fotografia.
Quello che viene fuori è sicuramente la possibile produzione di una moltitudine di variabili, quale risultato d'infinite combinazioni d’immagini (o parti di esse) assemblate attraverso un database (o di tanti archivi collegabili fra loro), governate attraverso prompt singoli e progressivamente implementati (generanti conseguenti algoritmi), producenti un’infinità d’immagini sintetiche mutevoli: tutte quante false e altamente verosimili.
Per cercare di rendere un'idea approssimata, si sarebbe portati a immaginare un risultato elaborativo che potrebbe ispirarsi alle funzioni di sinapsi celebrali attive, anche in stato onirico; ma rimane da osservare che l’IA, nel suo processo, va oltre, in quanto rimane attualmente indipendente da logiche razionali definite e tantomeno collegate a etiche o formule didattiche di qualunque genere.
Un altro aspetto non irrilevante è che, mentre la fotografia del passato costituiva in qualche modo un valore documentale, potenziali interventi per il tramite dell’IA creano incertezze sulla veridicità delle immagini prodotte.
Anzi di più, poiché desideri di revisionismo o altre potenziali follie o mode potrebbero rendere possibile riscrivere elementi documentali per renderli coerenti ad una qualsivoglia revisione storica. Si pone pertanto l’urgenza del mantenimento di fonti originali e integre di video e fotografie, per creare un archivio – quasi museale - delle immagini, preservate da ogni potenziale manipolazione. In qualche modo, come esempio per l'esigenza, si propone un'applicazione "Free/Libre/Open Source Software" idonea ad associare contenuti testuali alle immagini (https://fourcornersproject.org/en/how/).
Il contenuto del libro affronta tanti aspetti che non si limitano alla solo fotografia. Etica, storia, politica, costumi e quant’altro viene espressamente affrontato nei diversi capitoli e tutto quanto apre pure a tantissime intuizioni.
Recensire un libro complesso del genere risulta pertanto assai arduo, anche per le profonde conoscenze culturali necessarie per decifrare le tante allusioni immaginabili e non dette.
Affermare che la lettura viene raccomandata a chi si occupa del mondo della fotografia sarebbe assai riduttivo.
Le argomentazioni sviluppate in separati capitoli prendono a pretesto la storia della fotografia per andare indietro nel tempo e anche viaggiare contemporaneamente verso un futuro ancora indecifrabile, che potrebbe apparire vantaggioso oppure terribilmente avverso.
Tutto dipenderà dalla reale gestione delle opportunità innovative su quanto offerto al nostro tempo, pure in relazione alle regolamentazioni che saranno necessarie per consentire una pacifica convivenza civile nel prossimo futuro.
In ogni caso con “L’occhio sintetico” Ritchin ci dice molto, aiutandoci anche a capire lo stato dell'arte.
Utile per tutti quindi assicurarsene la lettura che, come assicurava Pippo e come confermo, risulterà piana, comprensibile, molto coinvolgente per i contenuti e assai scorrevole.

Buona luce a tutti!

© Essec

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