«Signò dovete fare un altro biglietto.» «E perché debbo fare un altro biglietto?» «Per il ragazzo.» «Quale ragazzo?» «Questo qua, questo che sta vicino a voi.» «E voi me lo chiamate ragazzo. Quello non tiene nemmeno nove anni, è una criatura!» «Signò sarà una criatura ma siccome è una criatura alta più di un metro deve fare il biglietto se vuole viaggiare sull’autobùs.» «Ma qua’ più alta di un metro e più alta di un metro, fatemi il piacere! Quello non sarà nemmeno settanta centimetri!» «Signò ho capito, questa mattina voi vi siete alzata con la voglia di scherzare. Il ragazzo, il bambino, la criatura, chiamatela come volete voi, passa con la testa la sbarra di ferro apposita, posta all’altezza di un metro, e quindi deve fare il biglietto.» «Ma tu vedi che guai si passano. Gesù Gesù! Quello è sempre stato più basso di un metro! Ma non lo vedete che il ragazzo si è messo sulla punta dei piedi e che perciò sembra più alto?» risponde la signora ponendo con forza una mano sulla testa del figlio e premendo fino a fargli abbassare la testa di sotto della sbarra. «E ‘acalate Ciccì! (E abbassati Ciccillo!)» «Adesso basta signò. E che vi siete messa in testa! Qua noi il parlare lo teniamo per fatica! Il ragazzo o fa il biglietto o scende da sopra all’autobùs, avete capito si o no?» «E voi terreste il coraggio di lasciare una criatura sola in mezzo alla strada?» «E che fosse d’a mia sta criatura! Che vi debbo dire: scendete pure voi.» «Io! Io ho fatto il biglietto.» Durante tutta la discussione l’autobus non si è mai mosso. È fermo con le porte aperte, in attesa che si chiarisca se il ragazzo deve o non deve fare il biglietto. «Ma in che razza di paese mi trovo» protesta un signore dal chiaro accento settentrionale. «Lei,» dice rivolto al conducente «si decide a partire sì o no? E lei signora lo sa che qui c’è gente che lavora? Non possiamo mica aspettare tutti che si convinca a sborsare cinquanta lire per un biglietto. Anzi, sa cosa le dico, ecco le cinquanta lire e faccia il biglietto a suo figlio!» «Ma ‘a chisto (questo) chi ‘o conosce!» grida intanto la signora indicando il milanese. «Mi fa il biglietto lui a me!» dice rivolta ai presenti. «Ma tu vedi quanta confidenza! Io se voglio lo riempio di biglietti:» Poi rivolta verso il signore: «Avete ragione che qua non ci sta mio marito e che io sono una povera donna sola contro tutti questi uomini, altrimenti non avete idea di dove ve le mettevate queste cinquanta lire! Gesù Santa Anna e Maria ma tu vedi che si passa per un fetentissimo biglietto!» «E va bene signò,» grida il conducente dal suo posto di guida «avete ragione voi, però la prima guardia che incontro, vi faccio vedere se scendete o no dall’autobùs, volete non volete!“ Detto questo il conducente chiude le porte e sta per partire quando viene fermato da un coro di proteste di quasi tutti i passeggeri «Fermate, fermate!» «Che altro è successo?» chiede il conducente. «E noi eravamo saliti per sentire.»
Luciano De Crescenzo (Così Parlò Bellavista - Arnoldo Mondadori Editore SpA - 1977)
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