"Non so come faccia a resistere. Impazzirei se dovessi sopportare quello che sopporta lei." "Eppure non l'ho sentita mai lamentarsi." "Perchè è così rassegnata?" "Che cosa vede in lui dopotutto? Potrebbe avere qualcosa di molto meglio."
La gente usa dire cose di questo genere a proposito di una donna che ama troppo, osservando quelli che sembrano i suoi nobili tentativi di salvare una situazione apparentemente ben poco soddisfacente per lei. Ma la chiave per spiegare il mistero del sui attaccamento devoto di solito si trova nelle sue esperienze infantili. Quasi tutti, da adulti, continuiamo a comportarci secondo il ruolo che avevamo adottato nella nostra famiglia di origine. Per molte donne che amano troppo, spesso questo ruolo considteva nel negare i propri bisogni personali per cercare di provvedere invece a quelli degli altri membri della famiglia. Forse siamo state costrette dalle circostanze a crescere troppo in fretta, assumendo prematuramente la responsabilità di un adulto, perchè nostra madre o nostro padre erano troppo malati fisicamente o emotivamente per esercitare le funzioni di loro competenza nel modo più opportuno. O forse la morte o il divorzio ci hanno private della presenza di uno dei genitori e noi abbiamo cercato di riempire il vuoto, prendendoci cura sia di fratelli e sorelle sia del genitore rimasto. Forse eravamo diventate la "mammina" di casa, poichè uno era fustrato o in collera o infelice, e l'altro non se ne curava e non mostrava alcuna comprensione, ci siamo trovate nel ruolo di confidenti, e ascoltare i particolari dei loro rapporti ci ha imposto uno stress emotivo troppo pesante. Ascoltavamo perchè avevamo paura delle conseguenze che avrebbe subito il genitore infelice se non lo avessimo ascoltato e temevamo anche di perdere il suo amore se non avessimo accettato il ruolo che ci era stato affibiato. Anche se eravamo troppo immature per questo compito, abbiamo finito per occuparci noi di proteggere loro. Questo accadeva quando eravamo talmente giovani che abbiamo imparato fin troppo bene a prenderci cura di chiunque, ma non di noi stesse. I nostri bisogni d'amore, attenzione, affetto e sicurezza erano ignorati, mentre facevamo finta di essere più forti e meno intimorite, più adulte e meno bisognose di quanto ci sentivamo in realtà. E, essendo riuscite a negare il nostro bisogno disperato di avere qualcuno che si prendesse cura di noi, da grandi abbiamo cercato altre occasioni per fare quello che avevamo imparato tanto bene: preoccuparci dei desideri e delle esigenze di qualcun altro, invece di riconoscere la nostra paura, il nostro dolore e i nostri bisogni ignorati. Abbiamo finto per tanto tempo di essere adulte, chiedendo così poco e dando invece molto, che ormai sembra troppo tardi perchè possa venire il nostro turno di ricevere le attenzioni che non abbiamo mai avuto. Così, continuiamo ad aiutare e aiutare, e a sperare che la nostra paura scompaia e che la nostra ricompensa sarà l'amore.
Robin Norwood (Donne che amano troppo - 1985 - Feltrinelli 2008)
La gente usa dire cose di questo genere a proposito di una donna che ama troppo, osservando quelli che sembrano i suoi nobili tentativi di salvare una situazione apparentemente ben poco soddisfacente per lei. Ma la chiave per spiegare il mistero del sui attaccamento devoto di solito si trova nelle sue esperienze infantili. Quasi tutti, da adulti, continuiamo a comportarci secondo il ruolo che avevamo adottato nella nostra famiglia di origine. Per molte donne che amano troppo, spesso questo ruolo considteva nel negare i propri bisogni personali per cercare di provvedere invece a quelli degli altri membri della famiglia. Forse siamo state costrette dalle circostanze a crescere troppo in fretta, assumendo prematuramente la responsabilità di un adulto, perchè nostra madre o nostro padre erano troppo malati fisicamente o emotivamente per esercitare le funzioni di loro competenza nel modo più opportuno. O forse la morte o il divorzio ci hanno private della presenza di uno dei genitori e noi abbiamo cercato di riempire il vuoto, prendendoci cura sia di fratelli e sorelle sia del genitore rimasto. Forse eravamo diventate la "mammina" di casa, poichè uno era fustrato o in collera o infelice, e l'altro non se ne curava e non mostrava alcuna comprensione, ci siamo trovate nel ruolo di confidenti, e ascoltare i particolari dei loro rapporti ci ha imposto uno stress emotivo troppo pesante. Ascoltavamo perchè avevamo paura delle conseguenze che avrebbe subito il genitore infelice se non lo avessimo ascoltato e temevamo anche di perdere il suo amore se non avessimo accettato il ruolo che ci era stato affibiato. Anche se eravamo troppo immature per questo compito, abbiamo finito per occuparci noi di proteggere loro. Questo accadeva quando eravamo talmente giovani che abbiamo imparato fin troppo bene a prenderci cura di chiunque, ma non di noi stesse. I nostri bisogni d'amore, attenzione, affetto e sicurezza erano ignorati, mentre facevamo finta di essere più forti e meno intimorite, più adulte e meno bisognose di quanto ci sentivamo in realtà. E, essendo riuscite a negare il nostro bisogno disperato di avere qualcuno che si prendesse cura di noi, da grandi abbiamo cercato altre occasioni per fare quello che avevamo imparato tanto bene: preoccuparci dei desideri e delle esigenze di qualcun altro, invece di riconoscere la nostra paura, il nostro dolore e i nostri bisogni ignorati. Abbiamo finto per tanto tempo di essere adulte, chiedendo così poco e dando invece molto, che ormai sembra troppo tardi perchè possa venire il nostro turno di ricevere le attenzioni che non abbiamo mai avuto. Così, continuiamo ad aiutare e aiutare, e a sperare che la nostra paura scompaia e che la nostra ricompensa sarà l'amore.
Robin Norwood (Donne che amano troppo - 1985 - Feltrinelli 2008)
Nessun commento:
Posta un commento
Tutto quanto pubblicato in questo blog è coperto da copyright. E' quindi proibito riprodurre, copiare, utilizzare le fotografie e i testi senza il consenso dell'autore.