sabato 22 agosto 2009

I 4 Re

Scordato dintra a un cascione della càmmara di mangiare, il mazzo di carte addiventò tanticchia ammuffito. Nella lunga aspettanza che qualcuno lo ripigliasse in mano per giocarci, tra le quaranta carte del mazzo principiò a esserci un certo malumore. Il re di denari, ch’era un vero dongiovanni, non aveva altro pinsèro che di assicutàre fìmmine; il re di coppe era addiventato un alcoolizzato cronico; il re di spade un attaccabrighe pronto ad ammazzare per il solo piacere d’ammazzare; il re di bastoni uno che sfruttava i suoi sudditi con tasse sempre più alte e non aveva in testa che riempire i suoi forzieri. I quattro cavalieri dei diversi colori, che erano vicerè, fecero una congiura e decisero d’ammazzare i loro re indegni. Il proposito arrivò alle orecchie del due di coppe il quale andò a parlare ai quattro cavalieri. “Voi volete levare di mezzo i re per mettervi al loro posto?” - spiò. “Manco per sogno!” - disse il cavallo di spade ch’era il capo della congiura - “Noi non siamo mossi da ambizioni personali! Noi aboliremo la monarchia e proclameremo la repubblica!” “Statemi a sentire” - disse il due di coppe - “Io sono uno che sa come va la vita: quando giocano a tressette io valgo tantissimo e invece non valgo niente quando giocano a briscola. Non è la forma che conta, ma a che gioco decidono di giocarci. Se levate di mezzo i re.” Non vollero stare a sentire oltre, lo cacciarono via. La rivolta scoppiò, i re vennero fatti a pezzi, i quattro cavalieri divennero ognuno presidente della repubblica del loro seme. Un giorno un picciliddro per caso trovò il mazzo. E volle farsi un solitario. Subito però vide che le carte erano trentasei. Cercò nel cascione, non trovò le quattro carte mancanti. “Un mazzo di carte senza i re è inutile” - disse. Raprì il secchio della spazzatura e gettò nella munnizza le carte.

Andrea Camilleri (Favole del tramonto - Roma, Edizioni dell’Altana, 2000)

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