venerdì 7 agosto 2009

Nilde Iotti


L'ho vista sempre così: la camicetta, filo di perle coltivate, fazzolettino gualcito tra le mani che le serve, penso, per scaricare la tensione. è piacevole parlare con Nilde Iotti: forse perché ritrovo gli accenti delle mie parti; forse perché nella sua vicenda c'è qualcosa che appartiene alla mia generazione. E stata, per quasi venti anni, la compagna di Palmiro Togliatti: Ha dato - dice - un senso alla mia vita. Dal suo ricordo vien fuori un personaggio insospettabile: non aveva nessun attaccamento alle cose, tranne che i libri; gli piaceva passeggiare a lungo sulle colline; si era comperato un buon giradischi per ascoltare il prediletto Mozart; all'inizio del campionato di calcio, tagliava da un giornale il calendario delle partite e lo riponeva nel portafogli, e anche durante l'esilio voleva sapere che cosa aveva combinato la Juventus. A tavola era di gusti semplici; molti formaggi, e qualche volta la paella; dopo cena, spesso, rivedeva i componimenti di Marisa, la figlia adottiva: voleva che arricchisse lo scarso vocabolario dei bambini che nascono in campagna o in una famiglia operaia. Con Leonilde non parlavano mai di lavoro: le questioni del partito restavano fuori di casa. E' consuetudine figurarselo distante, gelido, calcolatore; invece era delicato, molto attento, affettuosissimo. Si sentiva solo, è vero: ma, spiegava, un politico non può avere amici. Hanno detto dei suoi legami con Stalin, della sua soggezione, anche nei giorni difficili; in realtà lo conosceva poco: si erano incontrati in tre o quattro occasioni. Lo ammirava come lottatore duro e tenace, ma capì le rivelazioni del Ventesimo Congresso e ne fu sconvolto. Anche le critiche lo ferivano.

Nilde Iotti è diventata comunista quasi naturalmente: seguendo i fatti, direi.

Suo padre era capo deviatore delle ferrovie, un socialista umanitario, un seguace di Prampolini, ed ebbe dei guai.

La mandò a scuola, con qualche sacrificio, e poi all'università: e la ragazza dalla Cattolica prese la laurea in lettere.

Era sempre stata seria e brava.

Tra i vicini c'era un calzolaio e per le sue idee lo mettevano spesso dentro; nell'inverno del '43, vide il primo morto sulla strada, disteso nella neve, ed era, anche lui, del Pc; seguiva i discorsi che Palmiro, Ercole Ercoli, teneva alla radio, e la convinsero proprio da un punto di vista morale. Adesso, l'onorevole Leonilde Iotti detta Nilde è vicepresidente della Camera, ed è nonna. Marisa, che fa la neuropsichiatra, ha due bambini e uno si chiama Alfredo, come Togliatti durante la guerra di Spagna.

Le ho chiesto:

- E' più faticoso per una donna far politica?

- Senz'altro, per molti motivi. Quando comincia ad affermarsi, spesso c'è la coalizione degli uomini perché non si faccia avanti, perché non le vogliono riconoscere, istintivamente, qualità che siano uguali o superiori alle loro. Ma la ragione più profonda è che questa scelta impone un tipo di esistenza così diverso, anche negli orari, nelle faccende minute, è una battaglia aspra, fatta di contrasti con le persone, e di lotte.

- Pensa che il suo rapporto con Togliatti l'abbia danneggiata o favorita?

- E' stato un ostacolo. Formalmente, la sua vicinanza mi ha avvantaggiata; stavo accanto a un protagonista.

Ma la sua natura era lontana dalle piccolezze, dai ripicchi, dai giochi mediocri.

L'educazione lo portava a guardare in fondo, all'essenzialità dei problemi.

- La sua presenza ha avuto un ruolo non secondario nella mia maturazione. Le sarebbe piaciuto, diciamo così, essere una moglie regolare?

- Mah, nel legame tra me e lui, no; in quello tra me e il mondo, onestamente, il nostro caso ha pesato.

Allora comportava affrontare certe situazioni pubbliche molto sgradevoli.

- Lei non ha avuto figli suoi: è stata una rinuncia faticosa?

- Molto. Superata però quando è venuta Marisa, perché la relazione tra me e Togliatti era piena, ricca, e se avessimo avuto un bambino non sarebbe risultata diversa. Maternità non è solo partorirli: è crescerli, soffrire con loro, vivere insieme.

- Che cosa hanno ottenuto le italiane dopo il 1945?

- Parecchio. L'apertura che c'è stata le ha trasformate in modo eccezionale. Guardi come hanno votato al referendum. Si collocano in maniera diversa, sono diventate soggetto della storia.

- E che cosa manca ancora? Se è un'operaia, un'artigiana, deve dividersi tra lavoro e famiglia, arrangiandosi in qualche modo, ma c'è in lei una spaccatura, per metà è nella fabbrica, per metà è con il pensiero dall'altra parte. Che cosa conta di più nella vita in due?

- Il rispetto reciproco.

- Lei ha ricevuto una formazione cattolica: che è rimasto di quegli insegnamenti?

- I miei non si erano sposati in chiesa, ma mio padre aveva scelto fra cattolici e fascisti e io ero molto osservante. Ho vissuto il distacco dalla religione in modo razionale: spesso ho notato negli ex praticanti una animosità verso l'organizzazione ecclesiastica che li rende settari e anticlericali. Io no. Mi è rimasta la convinzione di avere toccato con mano grandi valori, una grande forza spirituale della società. Non ho però dubbi, o ripensamenti.

- Sull'aborto, che opinione ha?

- Sono per una modifica radicale delle norme attuali. Vorrei si arrivasse a far sì che una donna in stato interessante, se mette a repentaglio la sua salute fisica e psichica, possa andare dall'autorità sanitaria e insieme decidono se quella gravidanza è giusta oppure no. Non sono per la liberalizzazione: non solleva le donne, ma gli uomini.

- C'è stata, a proposito del sesso, una maggiore tolleranza, tanta permissività. è d'accordo?

- Sì, quando due si amano sul serio: non vedo altre remore. Se no è una cosa da poco, non vale la pena di scalmanarsi tanto.

- Quali difetti attribuisce al maschio italiano?

- Primo è prepotente. Secondo forse è una colpa che spetta a generazioni di donne, ma entra nella nuova famiglia portandosi dietro mamme, antenate, parenti che l'hanno curato, coccolato, protetto facendone una vittima, un poveretto che non sa badare a se stesso.

- E quali virtù gli riconosce?

- Intende il lavoro come la più alta e più vera espressione della persona umana.

- E della sua compagna, che ne dice?

- Significa in qualche modo rispondere su se stessi, è molto difficile, non lo so: ha la capacità della sopportazione, ma nei giovani si è avviato un processo diverso.

- Chi ammira delle sue contemporanee, qui e fuori?

- Molto Natalia Ginzburg e, anche se non ho tanta dimestichezza con lei, le voglio bene. Fuori, Indira Gandhi.

- E dei grandi del passato, maschi e femmine?

- Gli illuministi hanno per me una incredibile attrazione: la ragione dell'uomo che diventa il centro, tutto viene fuori da questa scoperta.

- Che cosa amava di più in Togliatti?

- La sua natura umana. Aveva una sensibilità viva, una forte disponibilità a comprendere. So che l'immagine di lui è diversa, ma io l'ho conosciuto in un altro modo. La freddezza, il cinismo erano una maniera di difendersi da fatti che lo turbavano profondamente, ma la sua intelligenza gli imponeva di accettarli come momenti nel cammino della civiltà. " - Che cosa vi univa? C'era, talvolta, qualcosa che vi separava? Ci sono anche gusti diversi, ma non intaccano l'essenziale. Ci legavano la stessa concezione della vita, gli ideali per cui lottavamo, il piacere della cultura, forse perché sono cresciuta fra la povera gente, per me ha tanto fascino, le discussioni su un'opera, un film, uno spettacolo che andavamo a vedere, erano cose importanti.

- Cosa rimpiange di più di quel tempo?

- Questa comunione. Adesso c'è la solitudine."

- Cos'è ancora per la donna la massima ambizione?

- Avere una famiglia. Per una minoranza che si allarga, affermarsi nella propria attività.

- C'è differenza fra un'emiliana, facciamo un caso, e una lombarda?

- Noi siamo meno diffidenti, molto più aperte, fiduciose nell'uomo perché c'è una maggiore solidarietà.

- Se non vivesse in Italia, dove le piacerebbe andare?

- Forse in un Paese dell'Africa.

- C'è qualcosa che le fa paura?

- La violenza cieca.

- Quali sono i peccati che è più disposta a perdonare?

- Quelli che si fanno in nome dei sentimenti.

- E quelli che condanna più severamente?

- Vivere senza uno scopo sulle spalle degli altri.

- La politica che dolori le ha dato?

- Incomprensioni, crisi, incertezze? Nel movimento operaio, avvenimenti come quelli del '56 turbano, sovvertono. Per me? Contrasti, fallimenti, errori commessi.

- Qual è l'eredità che le ha lasciato Togliatti?

- La purezza della sua fede.

- Come vorrebbe l'italiana di domani?

- Con un lavoro che le desse soddisfazione, il senso di vivere, della propria autonomia, anche del pensiero, della propria libertà.

- Pensa che Togliatti non le abbia mai nascosto nulla?

- Non parlo delle bugie dei mariti. Se si tratta del partito, tutto. Criticava molto chi si comportava diversamente.

- C'è qualcosa che avrebbe voluto o potuto fare per lui, e che non ha fatto?

- Quando uno scompare, si pensa ciò che poteva essere: in certi momenti di tensione, forse avrei potuto aiutarlo di più. E’ stata una unione piena, tesa, mai sciatta, e questo mi consola un po’.

- Qual è la più grave colpa di cui possa macchiarsi una donna?

- Prostituirsi, sposarsi per interesse.

- E un uomo?

- L'Uomo può vendersi in un altro senso. è un commercio molto praticato.

- Che cosa è per lei la felicità possibile?

- Voler bene a una persona, poter vivere insieme, inventando ogni mattina la propria giornata, lavorare, cercare di affermare se stessi.


Conserva una lettera di Togliatti da Belgrado, 1946. C'è una frase sottolineata: "Noi costruiremo qualcosa di nuovo".


Enzo Biagi (Sogni perduti - Rizzoli)


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