giovedì 3 settembre 2009

L’italiana-tipo dovrebbe avere fianchi ampi, belle gote rosse e seno abbondante per rispondere alla sua missione di “fattrice”.

Quando arriva il fascismo, anche la famiglia viene inquadrata militarmente e le donne esplicitamente subordinate al volere del maschio dominatore. Il modello naturalmente è lui, il Duce, l’uomo che – confermerà l’amante Claretta Petacci – “non si stanca mai”. Del resto i gusti di Mussolini in fatto di donne sono noti e chiaramente puntano al sodo. L’italiana-tipo dovrebbe avere fianchi ampi, belle gote rosse e seno abbondante per rispondere alla sua missione di “fattrice”. Il fondatore del fascismo si adopera da par suo per incrementare la razza, ricevendo ogni giorno a Palazzo Venezia almeno un’ammiratrice. Lo testimonia dettagliatamente il suo usciere di fiducia, il famoso Quinto Navarra. Ma anche gli altri esponenti del regime seguono da vicino l’esempio del Capo. Il console della Milizia Evandro Cagnoni e il quadrumviro Michele Bianchi sono follemente innamorati di dive del tabarin e le quinte dei varietà romani sono altrettanto assiduamente frequentate dagli altri boss fascisti. Il più vicino allo stile del suocero è certamente galeazzo Ciano che, dopo aver sposato Elda Mussolini, è diventato ormai già nel 1934 il numero due del regime. Anche lui riceve ogni giorno a Palazzo Chigi le ammiratrici – una alla volta, ma spesso più di una – e non sembra preoccuparsi più di tanto se pure la moglie manifesta – come annotano i servizi che la sorvegliano – la stessa disponibilità erotica, anche fuori dal matrimonio. Ai romani non par vero di poter affibbiare alla famiglia Ciano una poesiola volgare come uno stornello e tagliente come una rasoiata: “in suo nom finisce in azzo / il cognom finisce in ano / egli è genero di un pazzo / ed è figlio di un ruffiano. / Ti par forse cosa strana / che la moglie sia puttana?”.

Antonio Caprarica (Gli italiani la sanno lunga …. O no? – 2008 – Sperling & Kupfer)

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