sabato 5 settembre 2009

Nel 1963 Il grande inviato del «Corriere» raccontò ai lettori i primi «successi e fallimenti» della Cassa per il Mezzogiorno


Arrivò anche a Napoli per raccontare la Cassa per il Mezzogiorno la Lettera 22 di Indro Montanelli. Era il ' 63. Bisognava iniziare a tirare le somme per i primi quindici anni dell' istituto che sarebbero scaduti due anni dopo. E l' inviato speciale del Corriere della Sera lo fece a modo suo: con una serie di inchieste che anticiparono quello che sarebbe diventato il giudizio storico sull' operato della Casmez tornato in questi giorni alla ribalta per l' ipotesi di una sua rinascita. «Menichella aveva ragione, anche troppo. I suoi polli cedettero alla Cassa solo quando seppero che c' erano stati depositati i primi cento miliardi. Ma pensarono che si trattasse della Befana e tuttora molti di loro lo pensano perché da cent' anni sono abituati a non ricevere altro che Befane: un ponte qui, una strada là, un pò di appalti, qualche ufficio dalle attribuzioni vaghe che fornisse soltanto un pretesto alla distribuzione di qualche impieguccio» scrisse il giornalista di Fucecchio ricordando come in origine il nome Cassa, «parola dal suono bottegaio», avesse fatto storcere il naso al presidente Alcide De Gasperi. «Ma Menichella (con Saraceno, uno dei padri della Cassa, ndr) meridionale delle Puglie disse a De Gasperi: "Presidente, dia retta a me che conosco i miei polli. Agli Enti non credono. Ne hanno avuti fin troppi e hanno visto come sono finiti. Cassa è nuovo, eppoi e concreto». «Buio alla cassa del Mezzogiorno». «Un' isola separata dallo Stato. Questo è il Sud per la burocrazia». «Opinabili le macchie della Cassa». E ancora: «Un successo e un fallimento concludono il quindicennio della Cassa». I titoli del Corriere fecero da dura eco alle critiche del giornalista che però non mancò di segnalare anche i meriti della Cassa. O, almeno, quelli degli uomini che la animarono. «Il problema meridionale - conclude più avanti nello stesso articolo del 10 marzo - è stato fin qui una Eur di carta, un immenso cimitero di relazioni. Ma la Svimez (l' associazione per gli studi sul Meridione fondata sempre da Saraceno e Menichella che ispirò la Casmez, ndr) è sfuggita a questo destino, grazie agli uomini che la compongono». Oppure, tirando le somme il 15 marzo: «Per la prima volta nella storia d' Italia, nel Sud si è fatto qualcosa che non ha nulla a che fare con la Befana». Non manca il miglior Montanelli, quello capace di affreschi pungenti: «Uno spettacolo fra i tanti di questo nuovo Mezzogiorno: un paesino semivuoto, nelle cui straduzze non si vedono ciondolare che donne, vecchi e bambini. Il parroco sulla porta sospira: "Qui non c' è più nessuno"», scrisse il 13 marzo per raccontare come la Cassa, abituando al guadagno, avesse favorito una «grave emorragia» di uomini che lasciò quelle cattedrali industriali senza forza lavoro. O le sue migliori ironie: «C' è una vecchia fotografia che riproduce il primo viaggio che un presidente del Consiglio fece in Lucania nel 1904 . Se Zanardelli resuscitasse e potesse ribattere quell' itinerario trasecolerebbe almeno due volte: la prima nel vedere come tutto è cambiato nel Metaponto, la California dello Jonio; la seconda nel vedere come tutto è rimasto uguale pochi chilometri più su». Massimo Sideri

Sideri Massimo

Nessun commento:

Posta un commento

Tutto quanto pubblicato in questo blog è coperto da copyright. E' quindi proibito riprodurre, copiare, utilizzare le fotografie e i testi senza il consenso dell'autore.