“Io sono il pallido prence danese,
che parla solo, che veste a nero.
Che si diverte nelle contese,
che per diporto va al cimitero.
Se giuoco a carte fo il solitario
suono ad orecchio tutta la Jone.
Per far qualcosa di ameno e gaio
col babbo morto fo colazione.
Gustavo Modena, Rossi, Salvini
stanchi di amare la bionda Ofelia
forse sul serio o forse per celia
mi han detto vattene, con Petrolini, dei salamini.
Il gallo canta. Il padre mio ha fatto l'uovo. È là, mi si presenta sotto le spoglie di un
fantasma. Ma di ben so fantasma non hai mai preso qualche equivoco in tempo di vita
tua? Lo so ti fu inoculato il veleno in un orecchio. Ha il cimiero alzato, grida vendetta,
sarai vendicato! sarai vendicato!
Della defunta madre incestuosa,
spesso, fremente, pulso l'avello.
Buongiorno mamma, che fa? Riposa.
Perché la uccisi, prese cappello
Essere o non essere questo è il problema... e pensare che metà dell'umanità ha passato la
vita a studiare queste parole. Essere o non essere...
Ed il problema del prima e poi
studiiioooo, silente, con ogni cura.
Dalla natura venimmo noi.
Niente può farsi contro natura.
Si può essere più afflitti, più lagnosi, più melanconici di Amleto? Poteva essere felice, no!
Poteva essere amato, no! Io non ho mai capito che cosa voleva Amleto. Ma che voleva
Amleto?
Giuoco a scopone
il mio compagno spariglia i sette.
Compro le scarpe
mi vanno strette.
Se qualche volta in festa io ballo
la mia compagna mi pesta un callo.
Monto in vettura
muore il cavallo.
Vado a Messina
viene il terremoto.
Se compro un sigaro
ci trovo un pelo.
Ma si può essere più disgraziati di Amleto?
Ofelia è là, gioire, amare, sognare sì sognare perché l'amore:
L'amore è facile
non è difficile
si ha da succedere
succederà.”
Ettore Petrolini (Il teatro - Newton Compton, Roma 1993)
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