La vera scia avvelenata che rischia di lasciarsi dietro questo cupo week end non saranno le elezioni illegali in un paio di regioni, e nemmeno la rabbia di quelle minoranze – Dio le benedica – che tra sabato e domenica sono andate in piazza a protestare. La vera scia avvelenata che si lascerà dietro questo cupo week end è un cocktail pauroso di assuefazione e rassegnazione, un cocktail che è stato inoculato a dosi crescenti nell’ultimo anno e che adesso è arrivato con una siringata da cavallo. L’assuefazione allo stupro delle regole del vivere civile è cresciuta giorno dopo giorno, nelle cento leggi ad personam, nelle mille ordinanze comunali oltre il limite del razzismo, nei centomila conflitti d’interessi, nella fabbricazione di falsi dossier contro i giornalisti avversari, nei titoli urlati di bile dei giornali del premier, nelle bugie ininterrotte dei tg di regime. Così come in tanti segnali più deboli ma non meno significativi, come il pedinamento a telecamere accese di un giudice che aveva osato dare torto all’azienda del premier o l’automobile data a fuoco di un ragazza che poteva rivelare qualcosa sulle sue notti col Capo. Un avvelenamento lento, che ha mitridatizzato il ventre della società facendole considerare normale, accettabile, ciò che è solo vergogna. La rassegnazione è il passo successivo: quando la violenza diventa così plateale e sfrontata da produrre l’idea che non possa essere più fermata. Da nessuna piazza, nessuna protesta, nessuna opposizione. Quando riesce a comunicare il messaggio che non c’è più niente da fare, che tanto vale restare chiusi in casa. Insieme ai contenuti, sono state le modalità del piccolo golpe a produrre perfettamente questo effetto. Il governo riunito di venerdì notte, e per pochi minuti:s’inizia alle nove e alle nove e mezzo è già tutto finito. Nessun dissenso, nessuna discussione. E poi quella leggina che passa veloce, nel buio di una Roma piovosa, dalle sale di Palazzo Chigi a quelle del Quirinale, dove un pavido anziano immediatamente la firma, senza nemmeno aspettare il mattino. L’immagine di questo vecchio debole che resta sveglio tra gli arazzi per obbedire a chi è più potente di lui ha trasmesso meglio di ogni altro particolare il segnale di un potere che si è fatto onnipotenza, che ha assuefatto abbastanza il Paese da potersi ormai permettere di tutto, ovunque, comunque. Un potere che ormai sghignazza ebbro di se stesso, un potere che trascina il corpo dell’avversario sconfitto come Achille con quello di Ettore attorno alle mure di Troia, sentendosi invincibile ed eterno. Questa è la vera scia avvelenata che rischia di lasciarsi dietro il cupo week end alle nostre spalle. L’assuefazione che si è fatta rassegnazione. L’allargare le braccia, il fare spallucce, il guardare altrove. Anche di quelli che sanno – sì lo sanno – che qualcosa di grave è successo, che un’altra membrana è stata rotta, ma pensano che tanto non c’è niente da fare, e lo stesso penseranno quando un’altra membrana verrà superata. E’ questa assuefazione, è questa rassegnazione, da lunedì 8 marzo, il nostro primo avversario.
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