lunedì 21 giugno 2010

I giornali pubblicano notizie su paghe e pensioni di onorevoli e dirigenti, in Sicilia siamo costretti a ricorrere al Tar. Domani prima udienza

Da un mese a questa parte i grandi giornali italiani, in testa Il Giornale, hanno dato ampio spazio ai costi della politica. Il Giornale ha pubblicato, a puntate, l’elenco dei 2200 ex deputati e senatori che godono di un vitalizio, la cui entità si aggira fra i circa quattromila euro e i novemila. Accanto ad ogni nome, le notizie essenziali: anzianità, importo mensile. Fra i pensionati ex parlamentari ci sono casi di totale assenteismo, magari per ragioni di forza maggiore, che però non hanno scalfito l’assegno mensile, determinato unicamente dalla durata in carica del senatore o del deputato. Toni Negri, ex docente universitario e leader di Autonomia operaia, raggranellò qualche presenza alla Camera, ma questo non ha inciso sul suo vitalizio.
L’elenco comprende personalità del mondo del cinema, del teatro, della finanza, che potrebbero sicuramente fare a meno dell’appannaggio dello Stato vita natural durante. Ma è così, in nome della democrazia e forse è pure giusto. Il Giornale, il Corriere della Sera e Repubblica, fra gli altri, hanno pubblicato anche altri elenchi, per esempio quelli dei dirigenti pubblici con ruolo, funzioni e importo annuale delle retribuzioni, generalmente molto alte.
Il Corriere della Sera ha fatto qualche confronto fra superdirigenti privati e pubblici, hanno vinto i primi con bonus d’oro, ma quanto a “lungimiranza” e “sedentarietà” degli emolumenti pubblici, i superburocrati sono avanti di qualche spanna. Per sapere quanto guadagnano i dirigenti pubblici basta cercare sulla rete. Per avere notizia dei 2200 vitalizi elargiti con generosità agli ex parlamentari, a prescindere dall’attività svolta e dal reddito, occorre solo averne voglia.
Le informazioni hanno però dei limiti, chiamiamoli così, territoriali: si trovano negli elenchi dei pensionati i siciliani, così come si trovano i veneti, i calabresi e così via, ma la Sicilia, con i suoi superburocrati, i suoi deputati regionali non c’è, nemmeno a cercarla con il lanternino.
I giornali nazionali hanno raccolto le loro informazioni senza servirsi di poliziotti privati né di chissà quali diavolerie, e non risulta nemmeno che abbiano penato per ottenere ciò che volevano al fine di darne conoscenza ai loro lettori, che sono poi coloro che contribuiscono, ognuno per la parte che compete, al mantenimento dei rappresentanti delle istituzioni e dei dirigenti generali. Chi paga gli stipendi, seppure attraverso l’erario, ha ben diritto di sapere come vengono elargiti.
La motivazione delle iniziative editoriali sono ineccepibili: la trasparenza, valore da mettere in campo oggi allo scopo di “sensibilizzare” i Palazzi della politica al bisogno di fare di necessità virtù. E’ per questa ragione che le testate più diffuse hanno regalato ai loro lettori informazioni cui hanno diritto.
Ma questo diritto si ferma sullo Stretto di Messina. Nessun giornale siciliano ha fatto altrettanto. Per quale motivo? Una questione di priorità, per usare un eufemismo, ma anche una oggettiva difficoltà ad ottenere le informazioni sui vitalizi e gli stipendi dei dirigenti.
In Sicilia si fa un gran parlare della burocrazia regionale, facendo di tutta l’erba un fascio e talvolta a sproposito: gli emolumenti non sono tutti uguali così come l’efficienza o inefficienza di ogni dipendente regionale. I luoghi comuni sono serviti a dire peste e corna della macchina regionale, che è elefantiaca, ma non è in sé la causa di tutti i mali. Tutt’altro. Questa mala-nomina è servita a non affrontare i privilegi, dove essi si annidano veramente, e soprattutto hanno fatto passare in secondo piano le laute, molto laute, buste paga dei superburocrati della Regione siciliana, che non si trovano solo a Palazzo d’Orleans, ma abitano anche il vicino Palazzo dei Normanni, dove i dirigenti godono di emolumenti interessanti. Il problema non è né di contestare il loro diritto a riceverli quanto il nostro diritto di sapere: retribuzioni annuali e non mensili, lorde e non nette.
La specialità siciliana è stata “tradotta” a rovescio, come deroga ai diritti e doveri universalmente riconosciuti nel resto del Paese. I lettori dei grandi giornali italiani hanno avuto notizia delle buste paga, delle cifre erogate per missioni e vitalizi dalle istituzioni centrali e regionale (con qualche eccezione e qualche ritardo), il Ministero della funzione pubblica ospita gli elenchi delle paghe dei superburocrati, ma nell’Isola, con l’alibi della privacy, dell’autonomia amministrativa, della proverbiale riservatezza, di regolamenti fatti proprio per non fare sapere nulla a nessuno, non è possibile ottenere informazioni elementari.
Abbiamo chiesto con insistenza alla Presidenza dell’Assemblea informazioni sui vatalizi dei deputati regionali, ma ci è stato risposto picche, costringendoci a farne una questione di principio ed a rivolgerci al Tribunale amministrativo regionale. La prima udienza è prevista per il giorno 22 giugno, martedì. Ai giudici, cui abbiamo fiducia, chiederemo di intervenire perché i siciliani abbiano le informazioni che fuori dalla Sicilia i giornali ottengono, com’è facile apprendere attraverso la lettura dei quotidiani.
Abbiamno maturato la convinzione, tuttavia, che le resistenze ad aprire il Palazzo – dei Normanni, soprattutto – alla gente ed al rispetto dei diritti di informazione, non siano tanto i parlamentari quanto i superburocrati, timorosi che i privilegi vengano cancellati una volta che di essi si è a conoscenza. Il timore è legittimo, perché le buste paghe sono gonfie, ma questa è una Linea Maginot che, come quella originaria, cadrà prima o poi.
Se accettassero la sfida che la democrazia e la trasparenza pone loro – spiegare che competenze e fatiche valgono la paga che si sono ritagliata – ci guadagnerebbero eccome. Del pari, se i parlamentari regionali, mitigando la loro sensibilità verso i superburocrati, interessati allla costante riqualificazione degli emolumenti, riferissero al popolo che li ha eletti quanto guadagnano e come spendono indennità, bunus, contributi, magari correggendo gli eccessi, ne trarrebbero un sicuro ritorno di fiducia e di immagine. Ma anche qui la paura fa novanta e l’ingordigia non è una buona consigliera.
Resta il Tar per sfondare il muro dell’omertà. Sarà come la Porta Pia della trasparenza in Sicilia. Confidiamo di farcela e, naturalmente, vi faremo sapere come va.

Sicilia Informazioni (21 giugno 2010)

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