A volte mi capita. Da tre giorni ho addosso un nervoso… che faccio fatica anche a dormire.
È vero che nella scorsa settimana sono stato un po’ preso da mille cose, ma quando sabato pomeriggio mi sono messo a guardare su RaiNews24 la diretta della manifestazione di Roma indetta dalla Fiom Cgil, mi sarei aspettato di tutto tranne che ascoltare che il Partito democratico, il mio partito, non ha aderito alla giornata di protesta.
E la cosa più sconfortante è che l’ho dovuto apprendere dalla voce di Enrico Letta mentre partecipava a Cernobbio al solito convegno di industriali (insieme al genio Tremonti), con parole che quasi per nulla si distinguevano da quelle del Ministro Sacconi e del suo amico Casini, ascoltate poco prima.
Mi è venuto un nervoso che avrei sputato sul televisore, se mia moglie non fosse stata lì a guardarmi.
Io non voglio star qui a sottolineare le ragioni che hanno spinto la Fiom Cgil a indire la manifestazione nazionale – le conoscete tutti – e non c’è neppure bisogno di rimarcare quanto sia necessario oggi far sentire la vicinanza del Partito democratico a tutti quei lavoratori, disoccupati, precari, che stanno pagando a caro prezzo il costo di una crisi che, nonostante il Governo si affanni a farci credere che sia caduta dal cielo, non è altro che il frutto di una politica capitalistica spudorata e senza scrupoli. Chi dirige il nostro Paese ha avuto un ruolo di primaria importanza sia nel determinare la crisi che nel non fare nulla poi per tentare di arginarla.
Quel mondo che è sceso in piazza a Roma è stato storicamente il punto di riferimento del mio partito, che una volta si chiamava Pci, e non trovo alcun motivo convincente affinché oggi non continui a esserlo, tanto più ora che il segretario Bersani non perde occasione in tv per dire che il tema del lavoro deve essere portato al centro dell’attenzione!
Caro segretario, quando avrà finito di rimboccarsi le maniche, sappia che potrebbe anche sporcarsi le mani e cominciare davvero a essere vicino a quegli operai che dice di avere tanto a cuore. Loro c’erano a Roma! Lei dov’era?
Gli operai, i disoccupati, i precari, i poveri di questo Paese non sono dei soggetti utili a essere presi in considerazione solo quando una telecamera li inquadra sul tetto di una fabbrica. La difesa dei loro diritti è una delle principali ragioni per le quali abbiamo deciso di fare politica e per le quali abbiamo lottato per anni. Devo ricordarglielo io? E i compagni iscritti al partito, i pochi rimasti, non sono solo il serbatoio di voti da andare a salutare, quando va bene, una volta ogni cinque anni per dare un contentino. Noi rappresentiamo quel poco di senso che al partito è rimasto per essere considerato ancora tale.
Voi avete il dovere di ascoltarci.
Voi dirigenti, che ogni mattina vi svegliate convinti di avere la verità in tasca e andate a sventolarla al primo giornalista che passa, sappiate che l’esercizio della democrazia è una cosa faticosa, che va praticata quotidianamente, e le decisioni devono essere assunte collegialmente e poi difese sempre collegialmente.
Com’è possibile che, in un momento così drammatico per il Paese, il nostro partito non abbia mai riunito la Direzione Nazionale?
Aderire o meno alla manifestazione di Roma e discutere dei temi che essa poneva al centro dell’attenzione, non erano argomenti sui quali valeva la pena riunirsi? O dobbiamo già dare per scontato che ogni questione davvero importante non vedrà mai il partito prendere una posizione precisa, perché ci sarà sempre un motivo “superiore” che ci impone di non dar dispiacere al nostro futuro alleato?
A forza di cercare alleati dall’altra parte, stiamo diventando giorno dopo giorno “l’altra parte”. In questi tre giorni mi è venuta la tentazione di restituire la tessera almeno una decina di volte. Ma non voglio darvela vinta. Continuo a sostenere che siate voi a tradire il partito ogni giorno, mancando di rispetto ai tanti compagni che ancora resistono nella speranza che rinsaviate.
È per questo che chiedo, a tutti i compagni che la pensano come me, un atto di ribellione (compagni, non amici: gli amici sono quelli con cui vado al cinema la domenica o a pranzo la sera; i compagni, invece, sono coloro che condividono lotte, aspirazioni, ideali…). Una lettera, un fax, una telefonata o anche un commento a questo blog.
Probabilmente il Pd non leggerà mai queste testimonianze e forse non gli arriveranno nemmeno. In tanti anni di lavoro nella programmazione del circolo al quale appartengo, non sono mai riuscito a chiamare un dirigente di primo piano del mio partito. È passato il meglio della cultura, del giornalismo, della magistratura, del mondo dello spettacolo. Ma un dirigente del mio partito mai, in 18 anni, e questo la dice lunga sulla distanza che c’è tra noi e loro.
Le testimonianze, però, serviranno a me, se non altro per sentirmi meno solo nel partito che abbiamo creduto essere nostro.
Questo è l’unico indirizzo trovato per inviare un messaggio.
Franco Bassi (Il Fatto Quotidiano - 19 ottobre 2010)
È vero che nella scorsa settimana sono stato un po’ preso da mille cose, ma quando sabato pomeriggio mi sono messo a guardare su RaiNews24 la diretta della manifestazione di Roma indetta dalla Fiom Cgil, mi sarei aspettato di tutto tranne che ascoltare che il Partito democratico, il mio partito, non ha aderito alla giornata di protesta.
E la cosa più sconfortante è che l’ho dovuto apprendere dalla voce di Enrico Letta mentre partecipava a Cernobbio al solito convegno di industriali (insieme al genio Tremonti), con parole che quasi per nulla si distinguevano da quelle del Ministro Sacconi e del suo amico Casini, ascoltate poco prima.
Mi è venuto un nervoso che avrei sputato sul televisore, se mia moglie non fosse stata lì a guardarmi.
Io non voglio star qui a sottolineare le ragioni che hanno spinto la Fiom Cgil a indire la manifestazione nazionale – le conoscete tutti – e non c’è neppure bisogno di rimarcare quanto sia necessario oggi far sentire la vicinanza del Partito democratico a tutti quei lavoratori, disoccupati, precari, che stanno pagando a caro prezzo il costo di una crisi che, nonostante il Governo si affanni a farci credere che sia caduta dal cielo, non è altro che il frutto di una politica capitalistica spudorata e senza scrupoli. Chi dirige il nostro Paese ha avuto un ruolo di primaria importanza sia nel determinare la crisi che nel non fare nulla poi per tentare di arginarla.
Quel mondo che è sceso in piazza a Roma è stato storicamente il punto di riferimento del mio partito, che una volta si chiamava Pci, e non trovo alcun motivo convincente affinché oggi non continui a esserlo, tanto più ora che il segretario Bersani non perde occasione in tv per dire che il tema del lavoro deve essere portato al centro dell’attenzione!
Caro segretario, quando avrà finito di rimboccarsi le maniche, sappia che potrebbe anche sporcarsi le mani e cominciare davvero a essere vicino a quegli operai che dice di avere tanto a cuore. Loro c’erano a Roma! Lei dov’era?
Gli operai, i disoccupati, i precari, i poveri di questo Paese non sono dei soggetti utili a essere presi in considerazione solo quando una telecamera li inquadra sul tetto di una fabbrica. La difesa dei loro diritti è una delle principali ragioni per le quali abbiamo deciso di fare politica e per le quali abbiamo lottato per anni. Devo ricordarglielo io? E i compagni iscritti al partito, i pochi rimasti, non sono solo il serbatoio di voti da andare a salutare, quando va bene, una volta ogni cinque anni per dare un contentino. Noi rappresentiamo quel poco di senso che al partito è rimasto per essere considerato ancora tale.
Voi avete il dovere di ascoltarci.
Voi dirigenti, che ogni mattina vi svegliate convinti di avere la verità in tasca e andate a sventolarla al primo giornalista che passa, sappiate che l’esercizio della democrazia è una cosa faticosa, che va praticata quotidianamente, e le decisioni devono essere assunte collegialmente e poi difese sempre collegialmente.
Com’è possibile che, in un momento così drammatico per il Paese, il nostro partito non abbia mai riunito la Direzione Nazionale?
Aderire o meno alla manifestazione di Roma e discutere dei temi che essa poneva al centro dell’attenzione, non erano argomenti sui quali valeva la pena riunirsi? O dobbiamo già dare per scontato che ogni questione davvero importante non vedrà mai il partito prendere una posizione precisa, perché ci sarà sempre un motivo “superiore” che ci impone di non dar dispiacere al nostro futuro alleato?
A forza di cercare alleati dall’altra parte, stiamo diventando giorno dopo giorno “l’altra parte”. In questi tre giorni mi è venuta la tentazione di restituire la tessera almeno una decina di volte. Ma non voglio darvela vinta. Continuo a sostenere che siate voi a tradire il partito ogni giorno, mancando di rispetto ai tanti compagni che ancora resistono nella speranza che rinsaviate.
È per questo che chiedo, a tutti i compagni che la pensano come me, un atto di ribellione (compagni, non amici: gli amici sono quelli con cui vado al cinema la domenica o a pranzo la sera; i compagni, invece, sono coloro che condividono lotte, aspirazioni, ideali…). Una lettera, un fax, una telefonata o anche un commento a questo blog.
Probabilmente il Pd non leggerà mai queste testimonianze e forse non gli arriveranno nemmeno. In tanti anni di lavoro nella programmazione del circolo al quale appartengo, non sono mai riuscito a chiamare un dirigente di primo piano del mio partito. È passato il meglio della cultura, del giornalismo, della magistratura, del mondo dello spettacolo. Ma un dirigente del mio partito mai, in 18 anni, e questo la dice lunga sulla distanza che c’è tra noi e loro.
Le testimonianze, però, serviranno a me, se non altro per sentirmi meno solo nel partito che abbiamo creduto essere nostro.
Questo è l’unico indirizzo trovato per inviare un messaggio.
Franco Bassi (Il Fatto Quotidiano - 19 ottobre 2010)
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