martedì 19 ottobre 2010

Italiani campioni di Facebook siamo i più connessi al mondo

Siamo la nazione al mondo che trascorre più tempo su Facebook, sei ore e 27 minuti al mese in connessione con amici vecchi e nuovi, contro le sei ore degli Stati Uniti e le 4 ore e dodici minuti ogni 4 settimane degli "utenti" francesi. Più che una moda Facebook sembra una febbre, una seconda pelle, una dipendenza, un bisogno.
Gli italiani, e non soltanto i più giovani, non riescono più a vivere senza il loro social network di riferimento, in una "interrealtà" dove le emozioni non sono più soltanto virtuali ma neanche del tutto vere, e dove la community accompagna ogni passaggio della giornata, ogni fase della vita, amore, lavoro, nascite, morti, matrimoni, divorzi. Dando luogo a "processi di relazione inediti", in cui la grande spinta è quella di "poter finalmente raccontare se stessi" come scrive Giuseppe Riva, docente di Psicologia della comunicazione all'università Cattolica di Milano, e autore del libro "I social network" edito dal Mulino, appena arrivato in libreria.
Un saggio dettagliato e chiaro in cui si ripercorre la storia dei social network, da Facebook a MySpace, da Twitter a Linkedin, per spiegare quanto nel giro di pochissimi anni queste famiglie in Rete ci abbiano cambiato la vita. A partire dagli ultimi dati diffusi dalla Nielsen, che non solo indicano l'Italia come capofila dei frequentatori di Facebook con 16 milioni di iscritti, ma ricordano che soltanto nel 2003 il tempo medio passato sui social network non superava i 15 minuti al mese, per arrivare a tre ore e mezzo nel 2008, fino appunto alle 5 ore e oltre del 2010, come media mondiale. Dunque una rivoluzione che cammina a una cyber-velocità aprendo scenari ancora tutti da interpretare. "I social network - si chiede Giuseppe Riva - sono una moda o un fenomeno duraturo? E quali effetti possono avere sui processi di relazione e di identità?". Molti, moltissimi, se si guarda un social network come Facebook dall'interno, osservando la filigrana dei meccanismi di conoscenza che lì dentro si creano.
"Uno degli elementi che salta agli occhi - dice Riva - è che se gli uomini sono numericamente più numerosi delle donne, sono poi le donne e le ragazze dai 15 ai 35 anni a passare più tempo in connessione, quelle che si aprono di più, raccontano di se stesse e dei loro sentimenti, diventando così anche i soggetti più vulnerabili del social network". Ci sono infatti più profili dei principali dei frequentatori di Facebook, ma due sono quelli dominanti. "C'è chi lo utilizza per mettersi in relazione - aggiunge Giuseppe Riva - per farsi conoscere, e chi invece ama guardare le vite degli altri, navigare senza mostrarsi, spiare esistenze e identità". Non solo però. In questo gioco di intrecci e di pezzi di sé che vengono "regalati" al web, con una enorme difficoltà poi a cancellare queste tracce e restituire privacy alla propria vita, emerge una nuova categoria psicologica, ossia un nuovo modo di pensare, oggetto di studio della "ciber-psicologia". "Ci troviamo nella categoria dell'interrealtà - conclude Giuseppe Riva - e il rischio di vivere in questa dimensione, soprattutto per i giovanissimi nati con Facebook, è quella di confondere il vero e il virtuale, con conseguenze anche drammatiche. Senza contare quante tracce di sé si lasciano inconsapevolmente con un profilo su Facebook, offrendo ad altri la possibilità di conoscerci anche al di là di quanto avremmo voluto".

Maria Novella De Luca (La Repubblica - 19 ottobre 2010)

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