“Madre Teresa di Calcutta, prima di morire, aveva deciso di ammazzare il Papa“, oppure Silvio Berlusconi ha deciso di vuotare il sacco e di confessare tutto”, questi alcuni dei titoli che si potranno leggere nei prossimi giorni se il metodo Belpietro dovesse generare imitazioni. In cosa consiste tale metodo? Si prende una voce del tipo “Fini progetta un finto attentato contro sé medesimo, oppure “Qualcuno dice che Fini va in casino” e su questi ” fatti” si costruiscono titolo e pezzi. Di fronte alle smentite basterà replicare: “Correvano voci e ci sembrava giusto riportarle”, in caso di contestazione un virile: ” Me ne frego” alla Verdini o alla Storace chiuderà la discussione.
Dal momento che odiamo, in qualsiasi forma, la via disciplinare al giornalismo non ci metteremo a invocare né l’ordine dei giornalisti, né il garante per le comunicazioni, ma il rispetto delle leggi ordinarie della repubblica va invece preteso da parte di chiunque. In tutta questa vicenda non è grave solo il metodo “Boffo”, riutilizzato nuovamente contro Fini, ma è altrettanto grave il silenzio delle istituzioni, del ministro degli interni, dei rappresentanti dei servizi di sicurezza.
Delle due l’una o il presidente Fini ha davvero pensato ad un finto attentato e allora se ne deve andare, anzi io stesso presenterei la mozione di sfiducia, oppure la notizia è inventata di sana pianta e allora siamo in presenza di una menzogna, di una calunnia, di un piano mediatico e politico per colpire gli oppositori, di una forma di nuovo squadrismo non meno insidioso di quello antico in camicia nera e manganello in pugno.
Sarà davvero il caso che le opposizioni unite, almeno per una volta, chiedano a Maroni di ritrovare la voce, di far sapere alla pubblica opinione quanto sa sul complotto ordito da Fini contro Berlusconi e a quali informative riservate faccia riferimento Belpietro, a meno che i rapporti di polizia non arrivino prima al direttore e poi forse al ministro.
Naturalmente sarebbe anche il caso che il presidente Berlusconi si decidesse, come prevede la legge, a presentarsi al Copasir e a rispondere alle domande dei commissari relative proprio alla sicurezza nazionale e ai suoi singolari comportamenti, in Italia e all’estero.
Ci fa piacere, infine, notare il silenzio, non imbarazzato ma entusiastico, con il quale i mazzieri del conflitto di interessi hanno accompagnato l’ultimo assalto a Fini. Sono gli stessi che tuonarono, sbavarono, minacciarono, quando alcuni giornali, e tra questi in prima linea Il Fatto quotidiano, si permisero di rivolgere alcune argomentate domande a Berlusconi, oppure dedicarono la loro attenzione al presidente del senato Schifani. In questi casi, tuttavia, i cronisti non si limitarono a riportare voci raccolte nei corridoi, ma pubblicarono testi di intercettazioni, indagini della magistratura, riscontri dettagliati di incontri, scambi di favori, richieste di voti, tragiche esibizioni nelle aule dei parlamenti europei ed italiani.
In questi casi furono invocate dalla destra dell’olio di ricino bavagli e leggi eccezionali; ci fa piacere annotare che hanno cambiato idea, siamo sicuri che manterranno lo stesso atteggiamento quando su WikiLeaks o altrove saranno pubblicati non pettegolezzi, ma nuovi fatti incontrovertibili, argomentati,non smentibili.
Conoscendoli è assai probabile che, ovviamente in nome della libertà di informazione, predisporranno un decreto di urgenza per l’abolizione dei fatti in quanto tali.
Il nuovo motto del post giornalismo sarà: le bugie sono libere, le verità sono proibite.
Beppe Giulietti (Il Fatto Quotidiano - 31 dicembre 2010)
Dal momento che odiamo, in qualsiasi forma, la via disciplinare al giornalismo non ci metteremo a invocare né l’ordine dei giornalisti, né il garante per le comunicazioni, ma il rispetto delle leggi ordinarie della repubblica va invece preteso da parte di chiunque. In tutta questa vicenda non è grave solo il metodo “Boffo”, riutilizzato nuovamente contro Fini, ma è altrettanto grave il silenzio delle istituzioni, del ministro degli interni, dei rappresentanti dei servizi di sicurezza.
Delle due l’una o il presidente Fini ha davvero pensato ad un finto attentato e allora se ne deve andare, anzi io stesso presenterei la mozione di sfiducia, oppure la notizia è inventata di sana pianta e allora siamo in presenza di una menzogna, di una calunnia, di un piano mediatico e politico per colpire gli oppositori, di una forma di nuovo squadrismo non meno insidioso di quello antico in camicia nera e manganello in pugno.
Sarà davvero il caso che le opposizioni unite, almeno per una volta, chiedano a Maroni di ritrovare la voce, di far sapere alla pubblica opinione quanto sa sul complotto ordito da Fini contro Berlusconi e a quali informative riservate faccia riferimento Belpietro, a meno che i rapporti di polizia non arrivino prima al direttore e poi forse al ministro.
Naturalmente sarebbe anche il caso che il presidente Berlusconi si decidesse, come prevede la legge, a presentarsi al Copasir e a rispondere alle domande dei commissari relative proprio alla sicurezza nazionale e ai suoi singolari comportamenti, in Italia e all’estero.
Ci fa piacere, infine, notare il silenzio, non imbarazzato ma entusiastico, con il quale i mazzieri del conflitto di interessi hanno accompagnato l’ultimo assalto a Fini. Sono gli stessi che tuonarono, sbavarono, minacciarono, quando alcuni giornali, e tra questi in prima linea Il Fatto quotidiano, si permisero di rivolgere alcune argomentate domande a Berlusconi, oppure dedicarono la loro attenzione al presidente del senato Schifani. In questi casi, tuttavia, i cronisti non si limitarono a riportare voci raccolte nei corridoi, ma pubblicarono testi di intercettazioni, indagini della magistratura, riscontri dettagliati di incontri, scambi di favori, richieste di voti, tragiche esibizioni nelle aule dei parlamenti europei ed italiani.
In questi casi furono invocate dalla destra dell’olio di ricino bavagli e leggi eccezionali; ci fa piacere annotare che hanno cambiato idea, siamo sicuri che manterranno lo stesso atteggiamento quando su WikiLeaks o altrove saranno pubblicati non pettegolezzi, ma nuovi fatti incontrovertibili, argomentati,non smentibili.
Conoscendoli è assai probabile che, ovviamente in nome della libertà di informazione, predisporranno un decreto di urgenza per l’abolizione dei fatti in quanto tali.
Il nuovo motto del post giornalismo sarà: le bugie sono libere, le verità sono proibite.
Beppe Giulietti (Il Fatto Quotidiano - 31 dicembre 2010)
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