domenica 13 febbraio 2011

Troppe critiche su Facebook scoperti, perdono il posto

Fabiola viene convocata d'urgenza dal direttore generale. In 12 anni di lavoro alla Cassa Nazionale di Previdenza dei Commercialisti non le era mai capitato di essere chiamata dalla direzione. Sale al terzo piano, entra nell'ufficio di Tommaso Pellegrini senza sapere cosa aspettarsi. Ne esce dopo appena un minuto con un provvedimento di sospensione disciplinare in mano. Mentre la scortano fuori dalla sede, sotto gli occhi increduli dei colleghi, legge la lettera: "Sospesa 15 giorni per un commento scritto su Facebook". Il commento era questo: "Anche due stronzi". Tre parole che Fabiola non ricordava nemmeno di aver scritto, due mesi prima, rispondendo a un post sulla bacheca di un collega. Ma al direttore "non è piaciuto questo elemento".
Da quando si è insediato il nuovo Cda nel 2008, il clima in azienda - 164 impiegati e 50 mila iscritti - è pessimo. In 24 mesi sono stati emessi 22 provvedimenti disciplinari. Si litiga per i buoni pasto, si litiga per i premi di produzione, si litiga per tutto. Girano vignette che ritraggono il presidente Walter Anedda con il fez fascista e il direttore generale Tommaso Pellegrini vestito da scolaretto. Una guerriglia che ha portato la dirigenza a utilizzare quella che potrebbe diventare l'"arma finale": lo spostamento del conflitto sindacale nella realtà virtuale, l'intrusione aziendale nella vita online dei propri dipendenti, in quella sfera ambigua eppure ormai necessaria, né del tutto privata né del tutto pubblica, che sono i social network. "Ma non è spionaggio - è l'unico commento rilasciato da Anedda a Repubblica - ci siamo imbattuti in quei post in modo casuale".
Comunque sia, basta leggere le 17 pagine della contestazione disciplinare fatta a Francesco, un altro dipendente, anche lui come Fabiola finito nei guai per un commento su Facebook, per capire il potenziale rivoluzionario di questa mossa. Francesco ha 32 anni, lavora alla Cassa da 7, ma nell'ultimo mese è stato sospeso tre volte, una delle quali perché in ascensore non aveva salutato il presidente. Scaramucce che non avrebbero portato a nulla se Francesco non avesse deciso di condividere online le proprie idee. Giovedì 27 gennaio, Anedda e Pellegrino gli consegnano infatti il quarto provvedimento, quello che secondo le regole aziendali fa scattare il licenziamento. Un dipendente in meno. Francesco lo legge e trasecola. Il suo profilo era tenuto sotto osservazione da tempo, le sue parole, le sue foto, i suoi "I like" erano stati annotati, registrati e archiviati, uno a uno. Ha usato parole pesanti e lo sa bene. Parole che pronunciate in una sede pubblica avrebbero giustificato il licenziamento. Ma lui le aveva scritte in privato, protesta. E non da un computer aziendale ma dal telefonino personale o da casa. Fuori dall'orario di lavoro. Ma di fronte ha un muro.
Rivede quelle frasi, molte le riconosce altre se le era dimenticate: "Auguri a Susanna Camusso", il 3 novembre; "Siamo tutti Scilipoti", il 14 dicembre; la famosa vignetta di Anedda col fez, il 4 ottobre; "Sciopero!", il 3 dicembre. Poi, il resto delle contestazioni: "Lei il giorno 21 dicembre durante l'orario di lavoro ha corredato la foto (scattata dalla sua postazione lavorativa), di un pupazzo biondo con la dispregiativa definizione "la pellegrina" (il D. G. di questa Cassa si chiama Tommaso Pellegrini), mettendo così in dubbio le inclinazioni sessuali del D. G. ". Viene anche accusato di essere un sobillatore. "In data 14 dicembre (giorno in cui Roma era invasa dalle manifestazioni studentesche, ndr) alle ore 12.29 Lei, in concomitanza con i festeggiamenti aziendali della Cassa per il Natale, svoltosi presso l'Hotel Majestic, ha pubblicato sulla Sua bacheca la seguente frase: "Appello ai manifestanti sotto il Parlamento: per chi volesse dalle 13.00 pasti gratis in offerta all'Hotel Majestic. Non è uno scherzo!". È evidente la Sua precisa volontà di istigare sconosciuti a spostare i gravi disordini in corso nel centro di Roma all'Hotel".
Infine davanti agli occhi di Francesco cade la conversazione del 29 novembre. Quella che Anedda e Pellegrini considerano la pistola fumante. Scrive Francesco (da casa sua) alle 19.48. "Lo portiamo in tribunale". "Chi?", gli chiede un amico. "Uno stronzo", risponde. E Fabiola, alle 21.31, chiosa: "Anche due stronzi". Per l'azienda non ci sono dubbi, il riferimento inequivocabile è al Presidente e al Direttore Generale. Due dipendenti in meno.

Marco Mesurati e Fabio Tonacci (La Repubblica - 13 febbraio 2011)

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