lunedì 26 marzo 2012

Addio al «Credito» di Denis Verdini - Bankitalia: liquidazione coatta

FIRENZE - Il Credito Cooperativo Fiorentino, la banca guidata da venti anni dal coordinatore del Pdl Denis Verdini, casa madre a Campi Bisenzio, è arrivata al capolinea: dopo tre anni di crisi, dopo l’arrivo dei commissari inviati da Bankitalia, dopo le inchieste giudiziarie che hanno coinvolto Verdini, i vertici della banca — ma anche altri esponenti politici come Marcello Dell’Utri, in tutti gli indagati sono stati 55 —, dopo le sanzioni a chi l’ha guidata, ora sportelli, attività e passività verranno rilevate da ChiantiBanca, l’istituto che fa parte del circuito del Credito cooperativo. Non restano però le «sofferenze», i crediti non ancora riscossi (e difficili da riscuotere): quelli saranno acquisiti dal fondo nazionale di garanzia delle Bcc.

Per il Credito Cooperativo, Bankitalia ha proposto (e il premier Mario Monti ha firmato) il procedimento di «liquidazione coatta amministrativa». Cioè l’atto più pesante per le situazioni di crisi del sistema bancario, che non arriva solo per problemi finanziari ma soprattutto, come recita l’articolo 80 del Testo unico, «qualora le irregolarità nell’amministrazione o le violazioni delle disposizioni legislative, amministrative o statutarie o le perdite previste dall’articolo 70 siano di eccezionale gravità». Sicuramente pesante è la situazione patrimoniale: nel bilancio 2009, il Credito Cooperativo dichiarava 55.874.606 euro di capitale. I due commissari straordinari, Angelo Provasoli e Virgilio Fenaroli, chiamati a capire come e perché la banca era in crisi, hanno trasmesso una relazione a Bankitalia in cui si parla di un disavanzo patrimoniale tra i dieci e i quindici milioni di euro. Tradotto: in tre anni, sono stati «mangiati» dal Credito tra i 66 e i 71 milioni di euro. Una situazione insostenibile, che richiedeva una sforzo particolare, e che ha portato ad un’operazione «di sistema».

Tutti i soggetti interessati, il sistema del Credito Cooperativo, i commissari, Bankitalia, il ministero per l’Economia (la delega ce l’ha appunto il premier) hanno convenuto che era meglio portare disavanzo patrimoniale e sofferenze e posizioni (anche quelle inerenti o riferibili a ex esponenti aziendali del Credito) fuori dalla Regione. Una mega operazione di pulizia, per salvaguardare i clienti della banca: i sette sportelli (da cui passano 170 milioni di impieghi e circa 350 di raccolta diretta) vengono rilevati da ChiantiBanca. Che, in questo modo, dopo la firma di mercoledì prossimo, diventerà il primo gruppo di credito cooperativo della Toscana e l’ottavo d’Italia. Una acquisizione praticamente a costo zero: il capitale di ChiantiBanca verrà usato per il «turn around», il risanamento e la ristrutturazione. Una decisione, questa, che viaggia di pari passo con l’inchiesta della Procura portata avanti dai pm Luca Turco, Giuseppina Mione e Giulio Monferini sulle presunte appropriazioni indebite avvenute durante la gestione dell’istituto bancario di Campi.

Resta dunque da capire se, in questi giorni, il Tribunale fallimentare dichiarerà la bancarotta dell’istituto, che viene comunque di fatto salvato (compresi i conti correnti) dal sistema bancario. Se così fosse, la ricaduta — da un punto di vista giudiziario — sarebbe immediata: l’ex presidente Verdini, l’intero Cda — l’avvocato Marco Rocchi, Enrico Luca Biagiotti, Simonpiero Ceri, Franco Galli, Mauro Marcocci e Fabrizio Nucci —, l’ex direttore generale Italo Biagini e i sindaci revisori Antonio Marotti, Luciano Belli e Gianluca Lucarelli (attualmente sotto inchiesta per appropriazione indebita) potrebbero vedersi la loro posizione aggravata.

Marzio Fatucchi - Simone Innocenti (Corriere della Sera - 25 marzo 2012)

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