venerdì 9 marzo 2012

Cassazione annulla la condanna d’Appello per Dell’Utri. Processo da rifare

Il procuratore generale Iacoviello nella sua requisitoria ha sottolineano come il concorso esterno in associazione mafiosa "è diventato un reato autonomo" in cui "nessuno crede. Io ne faccio una questione non a favore dell'imputato, ma a favore del diritto"

Si riparte dalla condanna di nove anni, ovvero quella di primo grado. Dopo tre ore di camera di consiglio, infatti, la V sezione penale della corte di Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza d’Appello di condanna a sette anni di reclusione per il senatore del Pdl Marcello Dell’Utri per concorso esterno in associazione mafiosa. Il processo di secondo grado, quindi, dovrà essere rifatto a Palermo davanti ad altri giudici. Accolta in parte, quindi, il ricorso dei legali del senatore Pdl. Marcello Dell’Utri ha accolto “con sollievo” la decisione della Cassazione: “Finalmente ho trovato una magistratura che mi ha giudicato in maniera serena” è il commento del senatore Pdl, il quale ha detto che affronterà “il nuovo processo ancor più convinto della mia innocenza, che ho testimoniato in tutti questi anni, fiducioso nella giustizia”. Grande la soddisfazione di Pietro Federico e Giuseppe Di Peri, gli altri legali del parlamentare, secondo cui “la decisione della Cassazione dimostra che nei confronti di Dell’Utri sono stati fatti dei processi contrari al diritto, e la Suprema Corte, nonostante le pressioni che si sono manifestate in questo ultimo periodo, ha preso una decisione coraggiosa ma pienamente aderente ai principi del corretto funzionamento della giurisprudenza”. I legali del politico siciliano, inoltre, già guardano al nuovo processo: “Non ci auguriamo la prescrizione, né la cercheremo, ma chiederemo che sia riconosciuta l’estraneità e l’innocenza del senatore”. Secco ‘no comment’, invece, da parte del procuratore capo di Palermo Francesco Messineo.

Nel pomeriggio, del resto, il sostituto pg di Cassazione, Francesco Mauro Iacoviello, aveva concluso la sua requisitoria chiedendo di accogliere la richiesta dei difensori del fondatore di Forza Italia e dichiarare inammissibile quello proposto dalla procura generale di Palermo, che chiedeva un inasprimento della pena (istanza respinta). “Chiedo alla Corte: esiste il ragionevole dubbio? Nessun imputato ha più diritti di altri e nessun imputato ha meno diritti di altri”, ha detto Iacoviello nella sua requisitoria.

“La sentenza impugnata – ha rilevato il pg – sostiene l’esistenza del reato di concorso esterno in associazione semplice fino al 1982, poi parla di concorso esterno in associazione mafiosa fino al ’92. Nessuno ha mai sostenuto una tesi del genere – ha detto rivolto alla Corte - voi sareste i primi”. Il concorso esterno in associazione mafiosa, secondo Iacoviello, “è diventato un reato autonomo” in cui “nessuno crede. Io ne faccio una questione non a favore dell’imputato, ma a favore del diritto”. Il pg ha voluto, invece, sottolineare che il ricorso della procura di Palermo “non è conforme agli schemi del ricorso per Cassazione, perché è fatto per episodi, non per motivi”. Inoltre, il ricorso è incentrato sul “vizio motivazionale”. La “realtà giuridica – ha osservato – è che il ricorso per vizio motivazionale presentato dal pubblico ministero deve essere accolto solo in casi eccezionali. Se lo presenta il difensore, viene accolto nel caso in cui si dimostri il ragionevole dubbio, se lo presenta il pm, questo deve dimostrare che l’ipotesi alternativa resta al di sotto del ragionevole dubbio”. Iacoviello ha inoltre sottolineato che nel processo a Dell’Utri, per concorso esterno, “l’accusa non viene descritta, il dolo non è provato, precedenti giurisprudenziali non ce ne sono e non viene mai citata la sentenza Mannino della Cassazione, che è un punto di riferimento imprescindibile in processi del genere”.

Iacoviello ha fortemente criticato i motivi con cui la procura generale del capoluogo siciliano aveva chiesto di annullare per Dell’Utri la condanna a sette anni di reclusione inflittagli dalla Corte d’appello di Palermo, per ottenere una pena più severa e il riconoscimento della sua colpevolezza per gli anni successivi al 1992. Se la condanna fosse stata confermata, per il senatore del Pdl , storico braccio destro di Silvio Berlusconi ed ex presidente di Publitalia, si aprirebbero le porte del carcere. Dell’Utri, che ha già alle spalle una condanna definitiva per false fatturazioni, è nato nel 1941, dunque sarebbe escluso dai benefici che la legge riconosce agli ultrasettantacinquenni rispetto alla detenzione in carcere. Il più importante processo su mafia e politica della seconda repubblica è arrivato dunque a un passo dal traguardo, accompagnato dalla polemica sul presidente della collegio che giudicherà Dell’Utri, Aldo Grassi, legato in passato al collega Corrado Carnevale, che negli anni Novanta si guadagnò la fama di “ammazzasentenze” dopo aver mandato assolti diversi mafiosi condannati nei primi due gradi di giudizio (qui gli articoli di Marco Lillo e di Marco Travaglio sui rapporti fra Grassi e Carnevale).

Redazione Il Fatto Quotidiano (9 marzo 2012)


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