venerdì 22 giugno 2012

Il totem sul Colle

Nella storia repubblicana essere bersagliati da critiche e campagne di stampa è capitato a molti inquilini del Quirinale.

A Gronchi, per esempio, i comunisti rinfacciarono di aver agevolato la nascita del famigerato governo Tambroni. Così come a Saragat fu rimproverato, da sinistra, di aver ridotto la contestazione studentesca a un problema di ordine pubblico. Segni fu accusato di golpismo, per non parlare di Leone costretto a dimettersi per un uso, si disse, troppo spregiudicato del potere. Sul carattere insofferente di Pertini sono state scritte biblioteche.

Di Cossiga si disse e si scrisse che non ci stava tanto con la testa. Scalfaro finì sulla graticola per i fondi riservati del Sisde. E perfino la popolarità di Ciampi fu scalfita dall’accusa di non aver sempre fatto da argine alle leggi vergogna berlusconiane.

Mai, però, in sessant’anni di democrazia un capo dello Stato aveva goduto di una così totale, assoluta, cieca, muta e sorda immunità come Giorgio Napolitano. Da sei anni sul Colle siede una sorta di totem intoccabile, inviolabile e irascibile a cui rivolgere non diciamo un appunto, ma perfino la più blanda osservazione equivale a un delitto di lesa maestà. Non ripeteremo quanto già scritto su queste pagine da Paolo Flores d’Arcais a proposito di questa bizzarra “sacralità” tutta italiana: e se da noi funziona così, a poco serve ricordare che nella Germania della Merkel due capi di Stato (l’uno per una gaffe diplomatica, l’altro per un prestito agevolato) sono andati a casa anzitempo.

Ma, appunto, perché da noi funziona così? Chi mai potrebbe impedire, oggi, all’ambaradam quirinalesco l’indecente negazione dell’evidenza telefonica e l’interferenza continuata nell’indagine dei pm di Palermo sulla oscena trattativa Stato-mafia? Il governo Monti che a Napolitano deve la propria esistenza in vita? Il tremebondo Pd? Il disastrato Pdl che subito si è accodato al monito sul bavaglio lanciato dal capo dello Stato per fatto personale? Via, non scherziamo. Il totem sul Colle fa comodo a tutti (loro). Lasciatelo lavorare.

Antonio Padellaro (Il Fatto Quotidiano - 22 giugno 2012)


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Il giornale chiede a Giorgio Napolitano una dichiarazione ufficiale sulla seguente conversazione intervenuta il 12 marzo scorso tra il consigliere Loris D’Ambrosio e Nicola Mancino. Qual è l’interpretazione “non tendenziosa” di questa intercettazione secondo il Capo dello Stato?

Alla Cortese Attenzione del consigliere del Quirinale Pasquale Cascella

Gentile consigliere Pasquale Cascella ho provato a contattarLa telefonicamente ma non riesco a ottenere risposta a voce o via sms al cellulare. Il Fatto chiede al Presidente della Repubblica una dichiarazione ufficiale sulla seguente conversazione intervenuta il 12 marzo scorso tra il consigliere Loris D’Ambrosio e Nicola Mancino.
D’Ambrosio: Qui il problema che si pone è il contrasto di posizione oggi ribadito pure da Martelli… e non so se mi sono spiegato, per cui diventa tutto… cioè… la posizione di Martelli… tant’è che il presidente ha detto: ma lei ha parlato con Martelli… eh… indipendentemente dal processo diciamo, così…
Mancino: Ma io non è che posso parlare io con Martelli… che fa.
D: no no… dico no… io ho detto guardi non credo… ho detto signor Presidente, comunque non lo so. A me aveva detto che aveva parlato con Amato giusto… e anche con Scalfaro

1. Il Presidente conferma o smentisce di avere chiesto a D’Ambrosio di chiedere a Mancino se questi aveva parlato con Martelli?

2. Il Presidente si dissocia dalle affermazioni di D’Ambrosio che connette la richiesta suddetta (colloquio Mancino-Martelli extra processo) con il contrasto di posizione tra i due ex ministri in vista di un confronto nel processo?

3. Qual è l’interpretazione “non tendenziosa” di questa intercettazione secondo il Presidente?

4. E qual è l’interpretazione “non tendenziosa” di questa seconda affermazione contenuta nella conversazione intercettata il 5 marzo sempre tra D’Ambrosio e Mancino?
M: Eh… però il collegio a mio avviso li, un collegio equilibrato. Come ha ritenuto inutile il confronto Tavormina.… dirigente prima della Dia e poi dirigente del Cesis, come ha ritenuto inutile ha respinto la domanda di confronto così potrebbe anche rigettare, per analogia…, eh… si ma davvero questa è la fonte della verità Martelli ed io sono la fonte delle bugie?
D: Sì, ho capito però il problema è intervenire sul collegio e una cosa molto delicata questo è quello che voglio dire.
M: Questo io l’ho capito.
D: Una cosa è più facile parlare con il pm, perché… chiedere… io quello che si può parlare è con Grasso, per vedere se Grasso dice… eh… di evitare… cioè questa è l’unica cosa che vedo perché Messineo, credo che non dirò mai… deciderà Di Matteo… dirà così no.

5. Il consigliere giuridico del Presidente, per evitare il confronto a Mancino, considera l’ipotesi di intervenire prima sul collegio del Tribunale, poi ripiega in via ipotetica sul pm e infine sul procuratore nazionale antimafia. Il Presidente si dissocia o ritiene lecito intervenire su un collegio del tribunale o su un pm per evitare un confronto tra un testimone qualsiasi e un altro testimone più amico (Mancino) che rischia un’incriminazione?

6. Perché il Quirinale dovrebbe occuparsi e preoccuparsi del contrasto di posizione tra due testimonianze di due ex ministri in un procedimento penale?

7. Più volte D’Ambrosio afferma di avere chiesto al Procuratore nazionale Piero Grasso di intervenire per un coordinamento tra le procure di Palermo e Caltanissetta più conforme alle aspirazioni di Mancino e di avere ricevuto in risposta un diniego. D’Ambrosio afferma in un’altra conversazione con Mancino: “Dopo aver parlato col presidente riparlo anche con Grasso e vediamo un po’… lo vedrò nei prossimi giorni, vediamo un po’. Però, lui… lui proprio oggi dopo parlandogli, mi ha detto: ma sai lo so non posso intervenire… capito, quindi mi sembra orientato a non intervenire. Tant’è che il presidente parlava di… come la procura nazionale sta dentro la procura generale, di vedere un secondo con Esposito”.

8. Ritiene il Presidente di essere stato indotto in errore dal suo consigliere o ritiene giusto intervenire sul procuratore generale per chiedere al procuratore nazionale (che recalcitra) di rafforzare il coordinamento tra procure al fine reale però – da quello che dice il suo consigliere giuridico al telefono – di evitare un confronto scomodo a un testimone?

Marco Lillo (Il Fatto Quotidiano del 22 giugno 2012)

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