mercoledì 20 giugno 2012

Si dimette nessuno?

“A sua disposizione!”. Il Pg della Cassazione, membro di diritto del Csm, massima autorità della Pubblica Accusa in Italia, scatta sull’attenti come un soldatino di piombo dinanzi a Nicola Mancino, privato cittadino, che lo chiama “guagliò”, gli dà del tu e continua a tempestare lui e il consigliere giuridico del Capo dello Stato perché quei rompiscatole dei pm di Palermo Ingroia e Di Matteo (e anche quello di Caltanissetta Nico Gozzo, che viene da Palermo dunque è infetto) si ostinano a cercare la verità sulla trattativa Stato-mafia, avvenuta quando lui era ministro dell’Interno, dunque naturalmente a sua insaputa. Sono talmente fissati da non credergli quando smentisce l’agenda di Borsellino e i suoi ex colleghi Martelli e Scotti.

Vorrebbero persino metterlo a confronto con loro (gli ex ministri, si capisce: Borsellino, purtroppo o per fortuna, non può più parlare). “Possibile che non si possa proprio fare niente” per fermarli? Ecco la lettera di Esposito al gip di Caltanissetta che si è permesso di evidenziare le contraddizioni di Mancino, per acquisire – non si sa bene a che titolo – la sua ordinanza. Così si capisce che in alto loco c’è chi non gradisce e bisogna stare attenti, perché il Pg è il titolare dell’azione disciplinare. “Ho letto che hai chiesto gli atti a Caltanissetta”, dice Mancino a Esposito, e gli fa i complimenti perché “difende i politici”. È lì che l’alto magistrato si dice “a sua disposizione” e lo invita ad andarlo a trovare. “Eh, guagliò, come vengo? Vado sui giornali”. “Ahahah”.

Già, perché lo sanno anche loro che certe cose non si possono fare. Mancino comunque è insoddisfatto, c’è il rischio che lo mettano a confronto con Martelli al processo Mori. D’Ambrosio promette – non si sa bene a che titolo – di “parlare col Presidente” che – non si sa bene a che titolo – “si è preso a cuore la questione”. E suggerisce di “parlare coi pm”, o col loro capo Messineo, o meglio ancora “col direttore nazionale Grasso”, perché quel Di Matteo è “autonomo” e “intervenire sul collegio è molto delicato”. C’è il rischio che qualche giudice non sia “a disposizione”. Ecco, Mancino vorrebbe un appuntamento con Grasso via Quirinale, ma “riservatissimo”, aumma aumma, “che nessuno sappia niente”. Perché lo sa anche lui che queste cose non si possono fare.

D’Ambrosio prepara la lettera al nuovo Pg della Cassazione Ciani, poi firmata dal segretario generale del Quirinale Marra, per raccomandare – non si sa bene a che titolo – un maggiore “coordinamento” delle indagini di Firenze, Caltanissetta e Palermo per orientarle sulla linea più morbida per i “politici”. Lettera – dice D’Ambrosio – concordata con lo stesso Ciani e letta in diretta a Mancino. Ciani esegue immantinente convocando Grasso, che però pretende ordini scritti: sa bene che queste cose non si possono fare.

Da questo nauseabondo scambio di telefonate, depositate dai pm di Palermo, si desumono alcuni fatti inequivocabili. A Roma decine di “uomini delle istituzioni” (si fa per dire) sanno perfettamente cosa accadde nel 1992-’93, ma anche dopo, fra Stato e mafia. Temono che molte porcherie saltino fuori e si attivano per impedirlo. Si conoscono tutti da tempo. D’Ambrosio era all’Alto Commissariato Antimafia assieme a Mori e Francesco Di Maggio (altro uomo chiave della trattativa), poi fu vicecapogabinetto di Conso, nello stesso governo in cui c’era Mancino. Napolitano era presidente della Camera. Poi le parti s’invertirono: Mancino alla Camera e Napolitano al Viminale. Poi Mancino vicepresidente del Csm di cui Esposito è membro e Napolitano presidente con D’Ambrosio consigliere.

Poi, naturalmente, a ogni anniversario, tutti a Capaci e in Via D’Amelio a chiedere “tutta la verità”. Forse è il caso che si dimetta qualcuno, per aiutarci a credere che tutto sia avvenuto alle spalle di Napolitano. A questo siamo ridotti: a sperare nell’“a sua insaputa”.

Marco Travaglio (Il Fatto Quotidiano, 19 Giugno 2012)

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Trattativa: le chiamate che portano al Quirinale

Nicola Mancino chiama spesso Loris D’Ambrosio. La prima anche per fare gli auguri di Natale. Gli dice di aver incontrato ad una cerimonia pubblica il capo della Dna Piero Grasso, che però gli ha precisato di non avere poteri di avocazione, ma solo di coordinamento delle inchieste sulla trattativa. D’Ambrosio lo conforta dicendo che i pm di Palermo “fanno solo confusione”. È il 22 dicembre 2011, sono le 16,49.

Mancino: Ma io ho visto Grasso. Alla cerimonia. E lui stava… stava avanti a me… Mi ha detto, ma là quelli ‘danno solo fastidio’ ma lei sa che noi non abbiamo potere di avocazione; ho detto: ma poteri di coordinamento, possono sempre essere esercitati… Ma così sfuggendo, poi non abbiamo parlato più.
D’Ambrosio: Va bene, ci metta, si faccia il Natale tranquillo, tanto questi non arriveranno a niente, stanno facendo solo confusione.
5 marzo 2012 ore 15. Mancino chiama D’Ambrosio, è preoccupato dal confronto con Martelli e vuole evitare che venga accolta l’istanza del pm Di Matteo. D’Ambrosio gli dice che sentirà “il presidente”, sconsiglia di intervenire su Messineo e promette che parlerà con Grasso, “tra oggi e domani”.
M: Vorrei evitare che venisse accolta l’istanza in un ulteriore confronto con Martelli, che dice colossali bugie. Diciamo visto che è stato respinto il confronto con il generale Tavormina.
D: Solo che io, che io per adesso, posso parlare col presidente però, perché se l’ha presa a cuore, se l’aveva presa a cuore la questione però eh… mi sa che francamente ritengo difficile come si fa? Perché se quello chiede, no? Eh… si può dire come si fa a obiettare.
M: No, quello non può dire niente… la… l’unico, l’unico che può dire qualche cosa è Messineo. L’altro che può dire qualche cosa è Grasso.
D: e va bene adesso io sento il presidente.
M: Però il collegio a mio avviso lì, un collegio equilibrato. Come ha ritenuto inutile il confronto Tavormina, così potrebbe anche rigettare, per analogia.
D: Sì, ho capito però il problema è intervenire sul collegio è una cosa molto delicata questo è quello che voglio dire.
M: Questo io l’ho capito.
D: Provo a chiamare Grasso… caso mai ci sentiamo tra oggi e domani, va bene?
M: mi scusi eh.
12 marzo 2012 alle ore 18,49. Mancino chiama D’Ambrosio e lo sollecita ad intervenire su Napolitano. D’Ambrosio vede la cosa difficile. Mancino replica dicendogli che “se qualcuno ha fatto qualcosa poteva anche dire io debbo avere tutte le garanzie”.
D: Insomma, noi, ecco, parlando col presidente se Grasso non fa qualcosa, la vediamo proprio difficile qualunque cosa. Adesso lo possiamo, lo possiamo rivedere magari lo vede il presidente un giorno di questi, più di questo non…
M: Va bene, ma anche per la storia del Paese ma… ma che razza di Paese è… se tratta con le Brigate rosse… le Br… se non tratta con Brigate rosse fa morire uno statista. Tratta con la mafia e fa morire vittime innocenti . Non so… io anche da questo punto di vista vedo che insomma… o (non leggibile ma sembra “tuteliamo”) o tuteliamo lo Stato oppure tanto se qualcuno ha fatto qualcosa poteva anche dire mai io debbo avere tutte le garanzie, anche per quanto riguarda la rilevanza statuale delle cose che sto facendo.
D: Non lo so, adesso vediamo, tento un po’ da Grasso i prossimi giorni nuovamente. Però io vedo molto, troppo confuso la situazione, anche perché questa assoluzione… questo allungamento della sentenza Dell’Utri rende ancora difficile tutto, ecco questo è.
M: Ho capito ma questa è… io sto parlando dello Stato, non lo so… Lei veda un po’ se Grasso ha intenzione anche di ascoltare me… sia pure in maniera riservatissima. Che nessun ne sappia niente.
D: Va bene, tanto io lo devo sentire Grasso e lo sento domani. Va bene?
M: Grazie scusi grazie. 15 marzo 2012, alle 9,04.
Tre giorni dopo Mancino si rivolge direttamente al pg della Cassazione, Vitaliano Esposito e lo chiama “guagliò”. Il pg dice di essere “a disposizione”.
M: Sono Nicola Mancino. Buongiorno
Esposito: Buongiorno a te.
M: Ho letto sulla stampa di questa presa di posizione. Mi azzardo a telefonare, perché io personalmente.
E: … (ride)
M: Sto nella sentenza di Firenze, in maniera che quasi quasi dire che una persona coinvolta ma che non si puo coinvolgere perché ci sono ombre ma non ci sono prove, è una cosa assurda, assurda, parlare a Firenze di Mancino eventuale responsabile della trattativa Stato-mafia, mai avvenuta, mai conosciuta.
E: Presidente, io comprendo il suo stato d’animo ma ora mi leggo diciamo quest’ordinanza, mi vedo questo provvedimento e poi magari…
M: Poi alla fine
E: Se lei mi vuole vedere, mi vede.
M: Ma a me chi me ne ha parlato della trattativa? Questo è il punto.
E: Ho capito. E va bene, io sono chiaramente a sua disposizione, magari adesso vedo questo provvedimento e poi ci parliamo, se vuole venirmi a trovare, può venire quando vuole.
M: Guagliò, così come vengo… vado sui giornali.
E: (ride) Ah! Ho capito. 27 marzo 2012, alle 9,30
Mancino chiama ancora D’Ambrosio e gli manifesta l’intenzione di scrivere una lettera.
M: Io vorrei scrivere una lettera, però la faccio vedere prima a lei, al signor presidente, ma io non voglio provocare eventuali avocazioni.
D: Ma qui il problema vero è la unitarietà delle indagini perché io sono stato sentito da Palermo, se dovessi dire la verità non ho mica capito quali erano i motivi del processo.
M: Qua polemizzano con il gip di Caltanissetta. Non si capisce perché debbano polemizzare. Ma perché il pg invece di assumere una sua valutazione manda a chiedere le carte per chissà cosa fare.
D: No, no, no lì è sbagliata la cosa, perché i giornali hanno dato l’interpretazione legata al disciplinare che viceversa é legata alla finalità che lei dice, cioé all’esercizio dell’articolo 6, cioé delle funzioni di vigilanza dell’assenza di una unitarietà di indagine su uno stesso fatto.
M: Si perché tutto parte…
D: Ora se ne va Esposito, perché l’11 aprile se ne va, ma io non escludo che… sono certo che la finalità di Esposito fosse proprio questa, perché me l’ha detta, cioé non era quella del disciplinare a Caltanissetta, ma la finalità è quella di dire: fatemi capire l’unitarietà.
M: No ma io gliel’ho detto. Ho parlato con Esposito. Lui mi ha detto: se vuoi puoi venire a parlarmene, ma io non vado a parlare per sentirmi dire da un giornalista presente: ma lei perché è andato dal procuratore generale? Eh, ma uno ne esce male.
3 aprile 2012, alle 9,09 Mancino chiama D’Ambrosio e lo informa dell’andamento del processo Mori, per lui l’interrogatorio di Giuliano Amato “è molto buono”, D’Ambrosio lo informa che sulla sua lettera “stiamo ragionando, ma il Presidente è orientato a fare qualcosa”.
M: Lei ha saputo come è andato piu l’interrogatorio di Amato?
D: No, no. M: Eh, molto buono, ma comunque, a mio avviso, c’è un abuso grande quanto una montagna, da parte del sostituto d’aula Di Matteo , chiede il confronto con Martelli, il confronto con Scotti, chiede la testimonianza della vedova Borsellino, chiede addirittura la testimonianza del pentito Gaspare Mutolo.
D: Eh, adesso noi comunque sulla sua lettera stiamo ragionando, va bene? Io le posso dire.
M: E veda un poco, perché la cosa è terribile.
5 aprile 2012, alle 15 Mancino chiama D’Ambrosio, ha appena ricevuto in copia la lettera inviata il giorno prima dal Quirinale al pg della Cassazione. D’Ambrosio spiega il senso dell’intervento di Napolitano, preoccupato dalla “coerenza dei percorsi processuali”. E conclude rassicurando Mancino: “( la lettera, ndr) non è una cosa solo di Marra (il segretario generale del Quirinale), l’ha detto lui (Napolitano, ndr) : io voglio che la lettera venga inviata, ma anche con la mia condivisione sostanzialmente”.
M: Io non c’è male, ho appena ricevuto questa lettera, ma siamo sicuri che non si diffonde la notizia con nessun risultato, cioé il pg, ma non lo so, poi al termine del suo mandato non lo so che farà.
D: Ma no, che vuol dire, il pg ha la sua continuità, e cioé…
M: Questo l’ho capito.
D: Ho parlato pure, abbiamo parlato pure con Ciani.
M: Uhm.
D: Ma c’era una situazione che il presidente aveva già detto all’Adunanza ha rilevato e percepisce questa mancanza di coordinamento e ti dice: esercita questi tuoi poteri anche nei confronti di Grasso. Perché qui il problema vero… Grasso si copre, questa è la verità, perché con la storia dell’avocazione, no? Perché è una gran cretinata l’avocazione, perchè lui la cosa a cui deve pensare è il coordinamento.
D: Questo è il problema vero, quindi quello per cui deve badare… come si chiama? Grasso… E se non ci bada lui il pg è il coordinamento minimo, non so se mi sono spiegato? Perché quello minimo, perché uno… Insomma io devo capire se Spatuzza in Dell’Utri non conta, e qui è fonte di una revisione, non so se.
M: E come no! E come no!
D: Eh, perché noi quello che temiamo è adesso scusi, ma per quale motivo io non dovrei usare la sentenza Dell’Utri per dire che non occorre fare la revisione, scusi, eh? Me lo deve spiegare.
D: Però adesso lei lo sa, quando uscirà quello che noi, quello che il presidente auspica, tra l’altro il presidente l’ha letta prima di mandarla, eh non è una cosa solo di Marra. Lei può dire che ha saputo della lettera che le è stata mandata, è stato informato che la lettera è stata mandata al pg. Poi ha saputo che era ai fini di un coordinamento investigativo, lei lo può dire parlando informalmente con il Presidente, perché no?
M: E va bene
D: Non c’è niente, lui sa tutto. E che, non lo sa. L’ha detto lui, io voglio che la lettera venga inviata, ma anche con la mia condivisione.

Di Marco Lillo, Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza

Da Il Fatto Quotidiano del 20 giugno 2012


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