venerdì 27 luglio 2012

Lettera aperta a Beppe Grillo

Caro Beppe,

mi permetto di scriverti questa ‘lettera aperta’ in ragione di una conoscenza che risale a metà degli anni Ottanta e che poi è venuta consolidandosi in un’amicizia, personale ma anche, sia pur parzialmente, politica.

All’inizio della tua ‘lunga marcia’ di avvicinamento alla politica attiva, che dura ormai da più di un quarto di secolo, tu, che eri rimasto colpito e forse anche un poco influenzato dal mio libro La Ragione aveva Torto? , mi chiedesti qualche consiglio per i tuoi primi show non più propriamente comici ma non ancora compiutamente politici. Passarono gli anni, il tuo movimento si consolidò, prese la sua direzione e certo di consigli, almeno da parte mia, non avevi più bisogno. Mi invitasti però al tuo primo VDay, quello di Bologna, dove parlai dal palco, con Travaglio, Sabina Guzzanti e altri. Ricordo queste cose non a tuo uso, ovviamente, ma del lettore perché non mi scambi con uno di quelli che, volendo salire sul carro del vincitore, scopre improvvisamente ‘il grillino che è in mè’ ma nemmeno per uno dei tuoi seguaci o adepti. Molte cose mi separano dal movimento Cinque Stelle a cominciare dalla mancanza di un solido impianto teorico per cui nei vostri programmi troppo spesso ci sono obbiettivi contraddittori (nel senso che l’uno esclude l’altro). Tu inoltre sei un ‘tecnoecologista’, credi cioè che la situazione ambientale, che peraltro è solo uno, e non il più importante, dei problemi che ci stanno di fronte, sia risolvibile con l’uso di tecnologie sempre più sofisticate, mentre io penso, come mi disse Paolo Rossi (che non è il comico e nemmeno il centravanti della Nazionale che vinse i Mondiali del 1982) ma un filosofo della Scienza, che “la tecnologia come risolve un problema ne apre altri dieci ancora più complessi”. Ciò che invece condivido ‘in toto’ è proprio il tuo essere ‘antipolitico’ cioè un uomo che dà battaglia su tutta la linea a una classe dirigente, politica ed economica, indecente, che in trent’anni di malgoverno, di malaffare, di abusi, di soprusi, di arroganza ci ha portato sull’orlo del baratro, finanziario, etico, esistenziale. E ammiro lo sforzo con cui, grazie a un enorme dispendio di energie, fisiche e intellettuali, sei riuscito a creare un movimento che può, forse, azzerare la vecchia politica una volta per sempre, tutta, dal vecchio barbagianni Napolitano all’ultimo dei lottizzati Rai. Quando ti accusano di fare dell’ ‘antipolitica’ non si rendono conto di farti il miglior elogio. Perché fare dell’antipolitica dopo trent’anni di ‘quella’ politica, o che per tale si spacciava e si spaccia, significa fare politica nel senso migliore del termine. E tu, Beppe, oggi sei un politico a tutti gli effetti anche se a molti conviene far finta di credere che sei ancora un comico e un uomo di spettacolo.

E qui sta il punto. Certe cose che ti erano concesse come comico non lo sono più come politico. La battuta su Rosy Bindi nell’ambito della disputa sui matrimoni gay (“problemi di convivenza col vero amore non ne ha probabilmente mai avuti”) va bene per l’avanspettacolo, ma è politicamente inaccettabile oltre che sommamente volgare. In questo modo ti metti sul piano di Berlusconi che a proposito della stessa Bindi disse: “Lei è più bella che intelligente” o, per scendere negli infimi, di Vittorio Sgarbi che non trova di meglio, per accusarti, di aver tentato, penso in epoche plioceniche, un flirt con sua sorella, Elisabetta. Che discorsi son questi, che ‘ci azzeccano’ come direbbe Di Pietro? L’aspetto fisico di una persona è materia per vignettisti, non per uomini politici responsabili. E sui sentimenti nessuno ha diritto di sindacare. Che diresti tu se io scrivessi che “non hai mai amato veramente”?. Penseresti che sono un ‘belinone’ che si impiccia in affari di cui nulla sa e può sapere e che comunque non lo riguardano minimamente.

Il mio consiglio, caro Beppe, è di dimenticarti di essere stato un comico, un ottimo comico, e di diventare definitivamente (per usare Pindaro) ciò che sei oggi: un ottimo politico. So bene, caro Beppe, che, per dirla con le parole di un tuo grande concittadino, Fabrizio De André “è facile dare consigli quando non si può più dare cattivo esempio”. Ma accetta ugualmente l’affettuoso consiglio da ‘vecchia zia’ che ti mando attraverso questa lettera.

Massimo Fini (Il Fatto Quotidiano, 25 luglio 2012)


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