venerdì 3 agosto 2012

SVENDOLA

Di Pietro ha una fortuna sfacciata. Se il Pd fosse guidato da persone intelligenti (ipotetica del terzo tipo), lo avrebbero annesso in un bel centrosinistra tradizionale e, all’ultimo istante ci avrebbero infilato l’Udc. Così l’avrebbero definitivamente neutralizzato, sedato, spento. Costretto a far digerire ai suoi il matrimonio morganatico con l’Unione dei Condannati e con l’imputato Vendola, oltreché coi nuovi nemici della Procura di Palermo, avrebbe regalato a Grillo gran parte dei suoi elettori. E, prigioniero di un’alleanza in cui non sarebbe stato determinante, si sarebbe ridotto a ruota di scorta, pelo superfluo, portatore d’acqua di un progetto nefasto per quel che resta della nostra democrazia, e anche per lui: la grande ammucchiata destra-centro-sinistra che il Quirinale, le banche e i partiti hanno già deciso al posto nostro per la prossima legislatura, con la scusa dello spread.
B. ci starà perché, non potendo più vincere le elezioni, deve almeno fingere di non perderle, tenendo una zampa nel governo per seguitare a ricattarlo in cambio dei soliti favori penali e aziendali. Anche Casini deve fare la mosca cocchiera di una carovana tanto grande da mascherare l’estinzione dell’Udc.
Gli unici che potrebbero fare da soli sono quelli del Pd, ma il vero segretario, Napolitano, non vuole, senza contare il loro sacro terrore di governare divisi su tutto. Vendola avrebbe potuto restare coerente ai valori del suo elettorato, ma ormai è un’anatra zoppa e lessa, tra processi e sgoverno della Puglia di cui il caso dell’Ilva di Taranto è soltanto l’ultima prova: meglio intrupparsi che contarsi.
La decisione di escludere Di Pietro era presa da mesi e le sue sacrosante critiche al Quirinale per le interferenze nell’inchiesta Stato-mafia e la guerra ai pm di Palermo sono una pietosa scusa. Di Pietro non è “affidabile” per l’ammucchiata che, con la scusa dell’Europa, dovrà fare ciò che non riuscì a D’Alema e B. con la Bicamerale: ripristinare il “primato della politica” sui poteri di controllo e chiudere violentemente i processi alle classi dirigenti, in primis quello sulla trattativa che coinvolge e spaventa un po’ tutti. Insomma riportare l’Italia al regime dell’impunità legalizzata.
Un golpe bianco gattopardesco che richiede la massima omertà: non dovrà muovere foglia in Parlamento, mentre tv e grande stampa inneggeranno al regime. Per chi non ci sta (Di Pietro, Grillo, liste civiche) è già pronto il confino politico-mediatico: irresponsabili, nemici dell’Europa, untori dello spread, eversori da isolare e silenziare.
Resta solo da vedere se sarà ancora Monti a guidare il “nuovo” governo, o traslocherà al Quirinale cedendo il posto a Passera (è indagato per frode fiscale, dunque in pole position): ormai l’unico a credere che il premier sarà Bersani è Bersani. Ma la politica del futuro resterà la stessa, detta anche pudicamente “agenda Monti”: prendere ai lavoratori per dare ai banchieri, prendere agli onesti per non disturbare i ladri. E massacrare le guardie.
L’ostracismo all’Idv deciso dal Pd e digerito da Svendola regala a Di Pietro due occasioni d’oro. 1) Fare pulizia nel partito a sua insaputa: la prospettiva di qualche strapuntino nell’ammucchiata che verrà ingolosisce i dipietristi-democristi, vecchie muffe che non stavano con lui per difendere la legalità, ma per agguantare qualche cadrega e qualche titolo sui giornali, e ora se ne vanno senza bisogno di cacciarli. 2) Tornare alle origini per catalizzare il fronte trasversale che non ci sta (non solo a sinistra) al regime del “tutti dentro” e prepararsi a guidare l’opposizione con i giovani di 5 Stelle (la Lega, ormai, sfugge ai radar).
Ce la farà? Solo se una volta tanto azzeccherà i candidati, tenendo alla larga gli Scilipoti e i Lannutti vecchi e nuovi. A costo di sciogliere l’Idv per aprirsi al mondo delle professioni, della Fiom, dei nuovi sindaci. Gli errori degli ultimi anni fanno dubitare che ne sarà capace, ma c’è sempre una prima volta.
La fortuna non è mica eterna.

Marco Travaglio (Il Fatto Quotidiano - 3 agosto 2012)

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