Silvio Berlusconi sapeva tutto sui soldi rubati da Franco Fiorito al partito e non ha preso alcun provvedimento per più di un mese. Già il 6 agosto del 2012, quasi quaranta giorni prima dell’esplosione del caso, il capo del suo gruppo in consiglio regionale, Francesco Battistoni, scriveva al Cavaliere per segnalargli le spese pazze,
i bonifici all’estero sui conti personali e i prelievi in contanti dai
fondi del gruppo, alimentati con i soldi dei contribuenti. L’ex premier
non era il solo a sapere. Anche il segretario del Pdl Angelino Alfano e il coordinatore, Denis Verdini, hanno ricevuto la lettera sulla razzia di soldi pubblici in seno al Pdl
laziale. Eppure né il leader né il segretario né il coordinatore del
Pdl hanno preso le opportune iniziative politiche e giudiziarie. Anzi.
Dopo l’esplosione del caso Fiorito, il 20 settembre, sarà Battistoni a
essere destituito da capogruppo.
Le lettere che il Fatto pubblica
oggi sono state scritte e protocollate il 6 agosto 2012. Il 24 luglio
il consigliere regionale viterbese in quota Forza Italia era riuscito a
diventare presidente del gruppo scalzando il ciociaro aennino Fiorito.
Appena insediato Battistoni prende in mano la contabilità bancaria
scoprendo lo scenario inquietante che dilagherà sulle cronache solo
molto tempo dopo. Il capogruppo non porta le carte in Procura ma scrive
ai suoi capi: “Caro presidente”, è l’incipit preveggente che apre la
lettera diretta a Berlusconi “sono costretto, con estremo dispiacere, a
portarvi a conoscenza di una situazione che è talmente grave da poter
minare, in maniera pesante, sia la stabilità della Regione Lazio
che la credibilità del nostro partito (…) l’esame, ancorché
superficiale della documentazione relativa ai conti correnti ha
evidenziato una serie di ‘anomalie‘ tali che mi ha
immediatamente indotto a nominare dei consulenti al fine di poter
esaminare a fondo tali riscontri e consigliarmi sulle scelte
consequenziali. Nel frattempo, nonostante i ripetuti solleciti, non sono
ancora riuscito a ottenere alcuna documentazione e l’on. Fiorito, oltre
a disertare le riunioni di gruppo, assume di essere stato defraudato e
addirittura accusa colleghi, peraltro sulla stampa, di poca chiarezza
sui conti! La situazione è sconfortante! Al contrario delle sue
asserzioni, dai primi riscontri contabili emergono anomalie gravissime
dovute a pagamenti ‘non in linea’ con le finalità istituzionali e politiche delle somme dallo stesso amministrate, come acquisti di autovetture, soggiorni lussuosi ingiustifìcabili, prelievi in contante, uso disinvolto di carte ricaricabili e da ultimo, ma non per ultimo, bonifìci personali su conti esteri”.
Battistoni
denuncia l’uso dei fondi “non in linea” con le finalità pubbliche, ma
descrive soprattutto i bonifici dal conto italiano del gruppo (con
finalità pubbliche) al conto straniero (e privato) di Fiorito. In quella
lettera protocollata e con tutta probabilità giunta a destinazione,
Battistoni mette nero su bianco l’accusa che porterà Fiorito in carcere.
Secondo i pm romani proprio lo spostamento dei fondi all’estero sui
conti privati configurerebbe il reato di peculato. Il
capogruppo in carica ha in mano la contabilità quando scrive con toni
poco dubitativi: “Il riscontro che dovremo effettuare nei prossimi
giorni potrà soltanto confermare, se non aggravare, gli indizi di una
gestione poco chiara e illegittima dei detti fondi, tale da indurmi a
prendere decisioni molto gravi nei confronti dello stesso on. Fiorito”.
Battistoni chiede anche a Berlusconi di intervenire: “Credo non sia più
tollerabile la presenza del collega nel nostro gruppo e nel partito (…)
riservandomi comunque di illustrarVi, non appena possibile, le complete
risultanze delle analisi dei miei consulenti”. Battistoni chiude con
fiducia: “Certo di un Vostro immediato e concreto intervento, rimango in
attesa per fornire tutti chiarimenti del caso”.
Il 27 agosto il capogruppo scrive anche al collegio dei probiviri del Pdl, perché prenda provvedimenti contro Fiorito, segnalando anche la Bmw X5
acquistata in leasing con i soldi del partito. Per giorni non accade
nulla poi il caso esplode. Non per merito dei leader del Pdl, bensì per l’esuberanza di Fiorito che accusa a sua volta Battistoni di spese allegre per viaggi e cene. Solo a quel punto arriva la denuncia del capogruppo contro Fiorito: a Viterbo per diffamazione, non a Roma per peculato. Pochi giorni dopo Battistoni, mai indagato, è costretto a dimettersi dal diktat della Polverini,
poi travolta anche lei dallo scandalo. Di queste tre lettere non si è
saputo mai nulla. Abbiamo provato a contattare Battistoni per chiedergli
se Berlusconi, Alfano e Verdini le abbiano ricevute e quali
provvedimenti abbiano adottato. Il consigliere, raggiunto tramite il
figlio che risponde al suo telefonino, ha evitato di rispondere.
Marco Lillo (Il Fatto Quotidiano - 17 ottobre 2012)
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