I
nostri uomini politici e i loro consiglieri, spesso mascherati da
giornalisti, sembrano tante Alici nel Paese delle Meraviglie. Per mesi
non si sono accorti del fenomeno Grillo, saltabeccando da una TV
all'altra non ne parlavano mai se non per accenni generici al
'populismo' o all' 'antipolitica'. Solo negli ultimi giorni della
campagna elettorale è affiorata qualche preoccupazione. Eppure bastava
uscire dagli studi televisivi e dai teatrini compiacenti, uscire in
strada, entrare nei bar, salire su un autobus per capire che aria
tirava. Se chiedevi ad un adulto ti rispondeva: «Questa volta non voto,
sono stufo di farmi prendere in giro, oppure lo do' a Grillo». I
ragazzi, ma a proporzioni invertite, si dichiaravano 'grillini' oppure
'apo'.
Adesso
i partiti sono colpiti da choc anafilattico. La scoppola che han preso è
addirittura superiore a quella che appare. In percentuale registrano
ancora risultati apparentemente rilevanti (intorno al 30%), ma su un
parterre dimezzato. In realtà Berlusconi, che si considera un mezzo
vincitore, ha perso rispetto al 2008 più di sei milioni di voti e il Pd,
fino a ieri inscalfibile partito monolitico con i suoi grandi apparati,
quattro milioni. Il 25% delle astensioni più il 25 e passa andato a
Grillo significano, puramente e semplicemente, che un italiano su due
non crede più al sistema dei partiti. E non è finita.
Ora
Bersani, cui formalmente tocca il tentativo di formare un nuovo
governo, colto dal panico, dopo avergli dato dell'«indegno», di «uno che
porta la gente fuori dalla democrazia» e appioppato altre consimili
gentilezze, corteggia Grillo e gli propone 'un'appoggio esterno' al suo
futuribile Esecutivo, la presidenza della Camera, un posto di ministro.
Ma se conosco l'uomo e i suoi progetti, e un po' li conosco, non è con
questi mezzucci che lo si prende. Non credo nemmeno che Grillo,
nonostante si sia espresso in senso contrario, accetterà di votare
singoli provvedimenti che rientrano nel suo programma (dimezzamento dei
parlamentari, decurtazione dei loro stipendi, abolizione dei vitalizi,
eccetera) su cui i partiti, fino a ieri inerti, hanno promesso, solo per
paura, di impegnarsi. Perchè non gli conviene. Non gli conviene
insozzarsi in alcun modo, in nome di una sbandierata stabilità, con una
classe dirigente che ha dichiarato di voler spazzar via, tutta. Gli
conviene attendere. Quello del 26 febbraio non è che il primo colpo.
L'unica possibilità di formare un governo è una 'Grosse Koalizion' fra
Pd e Pdl. Ma in questo caso i due ex maggiori partiti, dopo gli insulti
che si sono lanciati in campagna elettorale, perderebbero ulteriormente
la faccia, e per le sue insanabili contraddizioni interne un governo del
genere cadrebbe nel giro di pochi mesi. Oppure si va ad elezioni
subito, naturalmente dopo aver cambiato, in questa occasione si' anche
con il voto dei grillini, la legge elettorale. In un caso o nell'altro
5Stelle non conquisterebbe il 25,6 dei consensi, ma il 40 o il 50. E
l'avremmo fatta finita, una volta per tutte, con una classe dirigente
degenerata.
Dice:
è un salto nel buio. Grillo e Casaleggio (anch'egli ora rivalutato
nella corsa a compiacere i nuovi vincitori) non vogliono semplicemente
abbattere una classe dirigente, intendono rivedere da cima a fondo un
modello di sviluppo, quello occidentale, che ci sta portando al tracollo
economico dopo aver realizzato quello sociale, etico, umano. Per chi
non l'avesse ancora capito Grillo e Casaleggio sono dei tradizionalisti
che utilizzano abilmente mezzi modernissimi, il web, contro la
Modernità. E' una partita difficilissima e dagli esiti incerti che
impegnerà le generazioni a venire. Ma almeno il 26 febbraio è stato
dato, in Italia, paese storicamente laboratorio, il calcio d'inizio.
Massimo Fini (Il Gazzettino, 1 marzo 2013)
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