mercoledì 17 luglio 2013

Alla ricerca di un partito perduto

Sono, da quando ho la maggiore età, un profugo politico, un apolide sbandato ancora alla ricerca di una bandiera. Mi sarebbe piaciuto essere comunista, da giovane, ma il boccone dell’Urss era troppo grosso per essere digerito. Nonostante gli sforzi dei miei amici e potenziali compagni, non capivo perché per difendere e promuovere gli interessi dei lavoratori si dovessero accettare i Gulag, le Pravda o le colonne di carri armati nel” Paesi Fratelli”. Il Movimentismo gruppuscolare flirtava troppo con il mito della violenza purificatrice e di una rivoluzione che soltanto loro fingevano di volere in attesa di imborghesirsi e sistemarsi. I socialisti, quelli del PSI, mi parvero un buon compromesso, ma poi arrivò Craxi, e addio per sempre, cari. Invecchiando, evoluzione ed egoismo avrebbero potuto spingermi a destra: chi da giovane è conservatore è senza cuore, chi da vecchio è rivoluzionario è senza cervello, si dice. Ma a destra si alzò la tragica, e sordida, macchietta di Berlusconi a rendere insopportabile il pensiero di votare per quella banda che di destro aveva soltanto il furto con destrezza, anche in cambio di tasse ridotte (quando mai). Il PD mi parve un’ipotesi promettente, ma rapidamente non riuscii più a capire che cosa fosse il PD, come vedo che ora non capiscono neppure loro. Adesso monta l’onda del M5S e perché no, sono “ragazzi” – o fingono di esserlo – pieni di buone e confuse intenzioni, ma la petulanza, la saccenteria, la puzzetta sotto il naso, il velleitarismo spacciato per programmi e l’asservimento agli ukaz del Capo e del suo sinistro Mazzarino lungocrinito, alludendo a un futuro radioso per ora fatto soltanto di “no, no e no”, mi ricordano troppo un PCI 40 anni dopo, in versione da operetta. Per non pensare al peggio: credere, obbedire, bloccare: e chi usa “meet up” invece di riunioni mi sta istantaneamente sulle scatole. Devo riconoscere che non hanno carri armati, anche se hanno la loro brava Pravda sia online che sulla carta, per fare da compagna di strada. Onestà è condizione necessaria, per governare, ma non sufficiente. Competenza significa tutto e niente, come “meritocrazia”: si può essere competenti e combinare disastri per inettitudine politica. Il “merito”, se non si corrono i 100 metri e si va più veloci degli altri, è sempre un giudizio, e come tale soggettivo: titoli ed esami non fanno grandi leader, professori, imprenditori. Tutti invocano il “lavoro” e vanno a mietere ovazioni nei talk show, ma non sento mai nessuno che mi spieghi in maniera convincente come crearlo, se non rovesciando altri soldi pubblici, risparmiati da una parte per buttarla da un’altra, che è la formula del nostro disastro attuale. Non votare è l’orgasmo della coglioneria autolesionista (già nessuno parla più della “astensione”) e dunque voto, di malavoglia, di contraggenio, d’abitudine, ma voto. Continuo a vagare, aspettando il Godot della nuova Italia, da mezzo secolo.

 Vittorio Zucconi (La Repubblica, 13 luglio 2013)


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