In
un suo discorso a Bari Matteo Renzi ha definito amnistia e indulto
misure 'diseducative'. Suscitando un mucchio di polemiche. In realtà il
sindaco di Firenze ha usato la mano leggera. Queste misure sarebbero
devastanti. La pena infatti ha un effetto deterrente o, per dirla nei
termini tecnici del grande penalista Francesco Antolisei, sui cui testi
chiunque abbia fatto Giurisprudenza ha studiato, serve da 'controspinta
alla spinta criminosa'. La pena cioè non ha solo la funzione di punire
un colpevole ma di dissuadere chi abbia tendenze criminali (e in qualche
misura le abbiamo tutti) dall'imitarlo, commettendo quello stesso o
altri reati. Anche per questa ragione indulto e amnistia, come
dimostrano i precedenti, non solo non risolvono il problema del
sovraffollamento delle carceri ma lo aggravano. All'epoca dell'indulto
del 2006 i detenuti erano poco più di 60 mila a fronte di una capienza
carceraria di circa 42 mila. Nel giro di due anni tornarono ai livelli
precedenti. Oggi sono oltre 70 mila. Molti dei detenuti rimandati in
libertà tornano a delinquere, perchè ce l'hanno nel dna o per
disperazione non avendo altre alternative, mentre dei nuovi se ne
aggiungono anche perchè incoraggiati dal sapere che prima o poi verranno
scarcerati con ampio anticipo. In Italia non si fa che parlare della
necessità della 'certezza della pena' ma si fa di tutto per renderla un
optional. Il sovraffollamento delle carceri esiste da almeno vent'anni.
Non si riesce davvero a capire perchè in tutto questo tempo non se ne
siano costruite di nuove e più civili. Oltretutto ci sarebbe un
vantaggio collaterale: non si dice sempre che l'edilizia (e quindi,
presumo, anche quella carceraria) è un volano per l'economia? Ma la
nostra amata e preveggente classe dirigente non ha pensato a una misura
tanto semplice. Cosi' il sovvraffollamento delle carceri è diventato
effettivamente un'emergenza, da risolvere con urgenza. Si potrebbero
depenalizzare i reati cosiddetti 'gabatellari', cioè di modesta entità e
di modesta pericolosità sociale (e invece non si fa che aggiugerne dei
nuovi, come quello di «associazione a delinquere finalizzata
all'imbrattamento e al deturpamento» che il Tribunale di Milano si è
inventato per condannare due giovani graffittari, di 24 e 22 anni, a
sette mesi di reclusione). Si potrebbero mandare ai domiciliari i
piccoli spacciatori che costituiscono una porzione cospicua della
popolazione carceraria. Ma questi sono, appunto, provvedimenti di
emergenza. Ben altri interventi strutturali andrebbero fatti. Il primo e
il più importante è la drastica riduzione della durata dei processi. Il
40% dei carcerati è rappresentato da detenuti in attesa di giudizio. E'
questa la vera infamia. Perchè costringe in carcere, in penitenziari
considerati giustamente disumani, per mesi, per anni, persone che al
giudizio risulteranno innocenti e che vedranno rovinata la loro vita per
sempre. Ma in questi anni non si è fatto altro che inzeppare il Codice
di procedura penale di norme inutili, formali, che hanno ulteriormente
allungato i tempi dei processi.
E'
curioso, per non dir altro, che il Presidente Napolitano, che è stato
ministro degli Interni dal 1996 al 1998, si accorga solo ora, dopo la
condanna di Silvio Berlusconi, del problema del sovraffollamento delle
carceri e proponga come soluzione l'amnistia e l'indulto. Il sospetto è
lecito. Sarebbe la prima volta al mondo che per salvarne uno se ne
mandano fuori 24 mila. E quando poi molti di questi torneranno a
commettere reati odiosi i primi a indignarsi saranno proprio coloro che
quelle leggi hanno varato o voluto scaricandone, come sempre, la
responsabilità sui magistrati che le hanno doverosamente applicate.
Massimo Fini (Il Gazzettino, 18 ottobre 2013)
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