Padre Alex Zanotelli riassume la politica italiana
usando una sola parola: ipocrisia. Ipocrisia, dice Zanotelli, quando la
classe dirigente si interroga su tragedie annunciate come quella di
Lampedusa. La stessa classe dirigente (non tutta) che ha avallato leggi
«razziste che criminalizzano la povertà». Ipocrisia quando ci si indigna
in ritardo per le condizioni delle carceri e solo per la denuncia del
capo dello Stato. Ipocrisia anche quando la stessa persona che ha
definito il ministro Cecile Kyenge «un orango», cioè Roberto Calderoli,
continua a presiedere le sedute di palazzo Madama nelle vesti di
vicepresidente del Senato. Tutto perdonato. E Calderoli può dare anche
lezioni di bon ton ai grillini intemperanti, com’è successo solo qualche
giorno fa. Ipocrisia: una parola chiave.
Alessandra Longo (Jack's Blog - 9 ottobre 2013)
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Arriva l’estate e qualcuno si ricorda dei carcerati.
Ci sono circa 66 mila cittadini detenuti in uno spazio nel quale sarebbero stretti in 44 mila.
Secondo le normative comunitarie un detenuto dovrebbe avere a disposizione 7 metri quadrati in una cella singola. Secondo le normative comunitarie un maiale dovrebbe averne almeno 6.
In
molte celle i detenuti non possono scendere tutti contemporaneamente
dai letti (a castello, 4 uno sull’altro) perché non c’è spazio
sufficiente per stare tutti contemporaneamente in piedi.
Naturale
conseguenza dell’esposizione di questi numeri è: se stanno in galera..
evidentemente se lo meritano.. anzi, dovrebbero metterne dentro molti di
più.. perciò.. costruiamo nuove carceri!
Ma chi sono questi cattivi che stanno in carcere?
35 detenuti su 100 sono stranieri.
In paesi nei quali si conosce una forte immigrazione già da molto prima
che da noi le percentuali sono incredibilmente più basse. Dunque: o in
Italia è in atto una manovra repressiva nei confronti degli stranieri, o
siamo sfortunati perché da noi vengono solo quelli brutti e cattivi.
Tra
il 25 e il 30 si tratta di tossicodipendenti. Cosa vuol dire mettere un
tossicodipendente in galera? Significa che se ha del denaro continuerà
ad acquistare le sostanze di cui sente di aver bisogno. Se non ha
denaro.. cerca di procurarselo. In alternativa elemosina psicofarmaci
(che nei nostri carceri entrano a tonnellate, visto che la finalità di
questa istituzione sembra essere il rincoglionimento). Oppure infila la
testa in un sacchetto di plastica e sniffa dalla bomboletta del gas
spaccandosi i polmoni.
Chi frequenta le nostre galere sa che il problema non è semplicemente il sovrannumero.
I
detenuti ci dicono “chiudeteci in un metro quadrato, ma non per 22 ore
al giorno”. Vorrebbero lavorare e non solo per denaro (normalmente la
paga è poco più di 3 euro l’ora). Forse è anche per questo motivo che il
33 percento compie atti di autolesionismo e il 12 percento tenta il
suicidio.
Dal 2007 al 2011 il numero dei detenuti è
cresciuto di circa il 50 per cento, anche se il bilancio per
l’amministrazione penitenziaria è stato tagliato del 10 percento. Ma
guardiamo i dati scorporandoli. I costi per il personale sono calati di
circa il 5 per cento, quelli per gli investimenti (servizi e beni) di
oltre il 30 per cento, mentre le spese per il mantenimento, l’assistenza e la rieducazione dei detenuti sono stati tagliati di oltre il 30 per cento.
I
dati che ci servono per vedere un po’ attraverso le mura dei
penitenziari italiani sono molti, ma io ne aggiungo solo altri tre.
Il
60 per cento dei detenuti che ha almeno una condanna definitiva ha un
residuo di pena inferiore ai tre anni. La maggior parte di loro ha
commesso piccoli reati. Infatti i reati maggiormente diffusi sono quelli contro il patrimonio e quelli previsti dal Testo Unico sugli stupefacenti.
Il 40 per cento è in custodia cautelare
(in paesi come Francia, Germania e Spagna le percentuali sono tra il 15
e il 20 percento) cioè sconta una pena senza aver ricevuto una
condanna.
Non è solo il caldo estivo che trasforma
un’istituzione becera come la galera in una disumana tortura (di tortura
parla la Corte europea che ci condanna e anche il presidente Napolitano
che non è mai sembrato un estremista o un provocatore), è l’istituzione
stessa che deve essere profondamente trasformata.
Il primo passo da fare è quello di cercare di portare un po’ di legalità in questi luoghi umanizzando le leggi del nostro paese. Un insieme di associazioni ha proposto tre leggi di iniziativa popolare attraverso il sito www.3leggi.it.
Si chiede di introdurre il reato di tortura nel codice penale.
Si chiede di modificare la legge sulle droghe
depenalizzando il consumo, diversificando tra droghe leggere e pesanti,
diminuendo le pene e restituendo centralità ai servizi di sostegno.
Si chiede il rispetto dei diritti dei cittadini detenuti introducendo la figura del garante nazionale, abrogando il reato di clandestinità e introducendo il ‘numero chiuso’, cioè il divieto di chiudere nelle nostre galere più esseri umani di quanti ce ne possono umanamente entrare.
Immagino
che in merito a quest’ultima proposta qualcuno può non essere
d’accordo, ma se smettessimo di sbattere dentro tossicodipendenti e
stranieri che commettono reati ridicoli, se incominciassimo ad
utilizzare misure alternative alla detenzione come
negli altri paesi.. non avremmo bisogno nemmeno del numero chiuso. Le
carceri diventerebbero, come è previsto dall’art. 27, un luogo dove la
pena deve “tendere alla rieducazione”. E forse incominceremmo a pensare
anche ad un alternativa a questa vecchia istituzione.
Ascanio Celestini (Il Fatto Quotidiano - 13 giugno 2013)
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