Dal
libro di Bruno Vespa apprendiamo che Berlusconi gli ha confidato che il
presidente Napolitano «sarebbe ancora in tempo» a concedergli la
grazia. Per la verità per un provvedimento del genere Napolitano, in
questo momento, sarebbe totalmente fuori tempo. Non massimo, ma minimo.
Perchè la grazia puo' essere concessa a un condannato solo dopo che
abbia espiato almeno una parte della pena e Berlusconi non solo non ha
fatto ancora un solo giorno ai servizi sociali, ma non ha nemmeno
iniziato il lungo iter che dovrebbe portare il Giudice di Sorveglianza a
decidere se il Cavaliere è meritevole dell'affido ai servizi sociali e
quindi a concederglieli. Dati i tempi del Tribunale, si prevede che la
decisione del Giudice di Sorveglianza arriverà fra la primavera e
l'inizio dell'estate. Prima di allora di grazia non si potrà parlare. In
ogni caso Berlusconi, anche quando dovesse arrivare il tempo opportuno,
non vuole chiederla o farla chiedere dai suoi familiari o dai suoi
avvocati. Qualcuno dovrebbe spiegargli che la richiesta di grazia non
significa affatto un'ammissione di colpa ma solo l'accettazione delle
Istituzioni dello Stato e cioè del potere del Presidente della
Repubblica di concedere o meno questo particolare e singolare (nel senso
che riguarda una singola persona) atto di clemenza. Ma nella potestà
del Presidente della Repubblica c'è anche quella, sempre che il detenuto
abbia almeno iniziato a scontare la pena, di concedere la grazia 'motu
proprio' senza che il condannato o i suoi familiari o gli avvocati ne
abbiano fatto richiesta. E' l'ultimo retaggio dell'antico potere regio.
Certo il Capo dello Stato deve farsi fornire, a norma di legge, un
dossier dagli organi competenti (Giudice di Sorveglianza, Ministro della
Giustizia) per poter valutare se il detenuto è meritevole dell'atto di
clemenza, ma anche se questi organi dessero un parere sfavorevole il
Presidente puo' non tenerne conto e concedere ugualmente la grazia. Ma
la grazia cancella solo la pena principale, non quelle accessorie, nel
caso di Berlusconi l'interdizione dai pubblici uffici che la Corte
d'Appello di Milano ha stabilito in due anni e che la Cassazione non
potrà che confermare visto che è stata proprio la Cassazione a chiedere
che l'interdizione fosse fissata in un arco temporale da uno a tre anni,
disposizione a cui la Corte d'Appello ha ottemperato. Ma l'interdizione
dai pubblici uffici è proprio quello che Berlusconi non vuole. Come si è
visto, e si vede, nella furibonda battaglia che si è accesa in
Parlamento sulla sua decadenza da senatore, battaglia inutile e
pleonastica perchè quale che sia l'interpretazione sulla retroattività o
meno della legge Severino, fa stato la decisione della Magistratura che
ha condannato Berlusconi all'interdizione dai pubblici uffici che
comporta automaticamente la sua decadenza da senatore di cui il
Parlamento non potrà che prendere atto. La grazia servirebbe quindi
molto poco all'ex premier.
C'è
un ultima questione. Poniamo pure che Napolitano gli conceda la grazia.
Berlusconi ha una condanna, in primo grado, per concussione e
prostituzione minorile, un procedimento aperto per corruzione (caso De
Gregorio) e probabilmente un altro inizierà a Bari (caso
Tarantini/escort). Se anche in uno di questi processi venisse condannato
in via definitiva che farà il Capo dello Stato? Gli darà una nuova
grazia? Anni fa c'era una bella vignetta di Giovanni Mosca dove si
vedeva un tasso con in groppa un tasso più piccolo e il classico omino
chiedeva all'altro: «Che cos'è?». «E' il tasso col sovratasso, un
animale che esiste solo in Italia». Ecco, la grazia con la sovragrazia
potrebbe esistere solo da noi.
Massimo Fini (Il Gazzettino, 8 novembre 2013)
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