lunedì 3 febbraio 2014

I casi di Egitto e Ucraina la democrazia funziona solo quando ci fa comodo

Nel 1991 si svolsero in Algeria le prime elezioni libere dopo decenni di una sanguinaria dittatura militare e furono vinte dal Fis (Fronte islamico di salvezza) a larghissima maggioranza. Allora i militari annullarono le elezioni, con il plauso dell'intero Occidente (che evidentemente non ha atteso l'11 settembre per diventare islamofobico) sostenendo che il Fis avrebbe instaurato un regime totalitario. Per impedire una dittatura del tutto ipotetica (il Fis era composto da varie componenti, in maggioranza moderate) si ribadiva quella precedente. I dirigenti del Fis furono arrestati e il movimento messo fuorilegge. Cosa succede in un Paese dove la volontà della popolazione, democraticamente espressa, viene cancellata in modo brutale? Una guerra civile. E cosi' fu. Gli elementi più decisi del Fis formarono il GIA (Gruppo Islamico Armato) e diedero vita a una guerriglia, ferocemente combattuta da entrambe le parti, costata decine di migliaia di morti, durata anni e che solo negli ultimi tempi si è un po' acquietata.
E' quanto, e in termini ancor più crudi e paradossali, sta avvenendo in Egitto. Nel gennaio 2011 le rivolte di piazza Tahrir rovesciarono la trentennale dittatura di Hosni Mubarak sostenuta dall'esercito a sua volta foraggiato dagli americani. Le prime elezioni libere egiziane furono vinte dai Fratelli Musulmani che erano stati gli unici, veri, oppositori di Mubarak pagandone prezzi altissimi. Presidente divenne il loro leader Mohammed Morsi. Dopo solo un anno e mezzo di governo, nell'estate del 2013, ci furono delle violente manifestazioni contro Morsi. Di cosa era accusato? Di aver imposto leggi integraliste, la sharia? No, di scarsa efficenza. I militari colsero l'occasione, sempre che, com'è molto probabile, non siano stati loro a sollecitarla, per deporre Morsi, arrestarlo insieme a migliaia di suoi seguaci mentre altre centinaia di Fratelli Musulmani venivano uccisi. I media sono stati messi sotto stretto controllo dagli apparati di sicurezza agli ordini del generale Al Sisi, il nuovo 'uomo forte'. Il sostenitore del dittatore Mubarak governa al posto di coloro che lo hanno abbattuto.
Il referendum per la nuova Costituzione promosso da Al Sisi ha ottenuto il 97,7% dei consensi, peccato che a votare sia andato solo il 27,7%. Non è vero quindi, come scrive la stampa occidentale, che «in un Egitto che vuole solo un po' di pace, la maggioranza della popolazione appoggia i militari». La maggioranza sta ancora con i Fratelli Musulmani che, dichiarati nel frattempo ufficialmente «un gruppo terroristico», ovviamente reagiscono con la violenza che la repressione di un regime nato da un colpo di Stato sanguinario legittima. Di qui le bombe esplose al Cairo e i durissimi scontri fra esercito e Fratelli Musulmani, con un bilancio di almeno 50 morti avvenuti nei giorni in cui si 'celebrava' la caduta di Mubarak. Non è che l'inizio. Cio' che dobbiamo aspettarci è un lungo periodo di caos e di violenze, come fu per l'Algeria.
La cosa curiosa, si fa per dire, è che mentre in Egitto l'Occidente sta sostanzialmente con i dittatori (Morsi viene definito «l'ex rais», non era un 'rais' ma un presidente democraticamente eletto), in Ucraina sta con la piazza contro un presidente, Yanukovich, eletto nel 2010 in consultazioni considerate regolari dagli stessi occidentali. Insomma è la solita storia: la democrazia va bene solo quando ci fa comodo.


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