Reportage della città di L'Aquila realizzato il 9 giugno
2013. Immagini che rendono conto della ricostruzione di alcuni monumenti ed
edifici storici e dell'assoluto immobilismo nel recupero del tessuto abitativo
civile, a distanza di quattro anni dal sisma, accaduto alle ore 3,32 del 6
aprile 2009.
"Appunti di una domenica a L'Aquila.
Questa estate ho visitato L'Aquila terremotata per vedere lo
stato delle cose a dopo quattro anni circa dal sisma.
Dopo un processo mediatico che è riuscito a spettacolarizzare
il tragico evento, speculandoci sopra direttamente e favorendo amici ed amici
degli amici, di L'Aquila e degli aquilani ormai si parla poco.
Come le notizie e gli eventi di oggi velocemente bruciati,
il traumatico terremoto è passato nel dimenticatoio, superato da altri fatti
balzati alla cronaca e chi se ne frega della gente abbandonata a se stessa o
parcheggiata in "oasi town" sorte a mo' di urgenti supporti
logistici, ma rivelatesi in pratica delle redditizie occasioni di
arricchimento.
Eppure per pochi giorni la città, o per meglio dire il suo
scheletro intristito, era balzata all'attenzione del mondo intero ed il
rappresentante del tempo era pure riuscito a "piazzare" interventi
agli stati esteri, attraverso un improvvisato trasferimento in loco del G20 in
cui i diversi statisti coinvolti non poterono esimersi da impegni umanitari
fortemente sollecitati.
Obama assunse il suo buon impegno, Putin a sua volta non
poté essere da meno e così Francia, Inghilterra, Germania e gli altri.
Ma come si sa, spenti i riflettori le scene si oscurano e se
in più le genti del luogo non hanno adeguata rappresentanza, e' pressoché
automatico che il tutto passi nel dimenticatoio.
Vedere L'Aquila oggi forse è più impressionante di allora e
la spettacolarizzazione delle abbondanti e, forse in qualche caso, esagerate
puntellature ne acuisce la drammaticità.
Per rendere fruibile il duomo ne è stato intramezzata l'area
interna, occultando con un muro la zona dell'abside che necessita di ulteriori
interventi. Per eliminare l'emblematica scritta divelta della Prefettura
(diventata per i media l'emblema visivo del sisma cittadino) si è provveduto
alla sistemazione della parte attinente alla sola dicitura, riallineandone le
lettere; per non parlare dello stato di abbandono in cui versano interamente
la quasi totalità degli edifici dei quartieri periferici interessati dalle faglie
sismiche.
Vicino alla Casa dello studente, transennata, che si
presenta come un monumento, è possibile ancor oggi fotografare un palazzo
collassato di un piano; sotto quelli che furono i box dello stabile è tuttora
visibile la carrozzeria di un'auto rimastavi schiacciata.
Per chi vi si dovesse recare, suggerisco di porre
l'attenzione sui marchi che etichettano le imbracature e transenne degli
edifici o di quello che ne resta, abbondantemente puntellati per la messa in
sicurezza. Accettabili e con poco visibilità le strutture in legno,
spettacolari e quasi opere d'arte moderna le spropositate tubature in metallo.
Sicuramente le messe in opera e l'utilizzo di tutte queste strutture hanno
prodotto e producono tuttora rendite ai tanti fortunati appaltatori favoriti,
prescelti dalla sorte o fatti intervenire dalla Bertolaso's Company (gli
abitanti del luogo dicono del Gruppo Marcegaglia, forse Impregilo ed altri appaltatori
similari).
A distanza di tempo, al di là degli scheletri degli edifici,
ciò che è rimasto nella mia mente è il desolante silenzio che avvolgeva le
abitazioni civili o quel che ne restava di essi. Interi quartieri che
sembravano abbandonati da poco tempo, visitati dai tanti evacuati che nel
giorno di festa ritornavano a vedere i propri luoghi come in un pellegrinaggio.
Mi ricordo ancora quell'anziano professionista accompagnato
dalla compagna che, rievocando i momenti del sisma di quella notte del 6 aprile
2009, ancora si commuoveva e, soprattutto, circa il post- terremoto vissuto,
alla fine mi venne a domandare: "ma lei lo sa che significa vivere in
maniera promiscua per un così lungo periodo, sotto una tenda?".
Ovvero quella signora che veniva in visita domenicale,
probabilmente da una delle tante "newtown" che, nel raccontare il
tutto, diceva di sentirsi ora proprio una rompiscatole nel voler reclamare suoi
diritti, che si sentiva completamente abbandonata dalla politica.
Infine, ho ancora negli occhi quella coppia di anziani
ultrasettantenni che erano scesi dalla loro Ka nera e giravano attorno al loro
edificio di periferia dichiarato pericolante. All'ingenua mia considerazione di
portare pazienza, perché quanto prima le cose si sarebbero sistemate, mi
risposero scettici: "ma ci ha visto bene in faccia? Ha visto come stiamo
messi? Secondo lei, alla nostra età sarà verosimile potere rivedere
ripristinata in tempo la nostra casa?".
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