L’iperinflazione
Allo scoppio
della prima guerra mondiale, nel 1914, per fronteggiare l’immane sforzo
bellico, la Germania
abolì la convertibilità aurea del marco
(il collegamento tra il Marco e l’oro fu abbandonato). Quando la Grande Guerra
divenne sempre più probabile, la popolazione ritirò dalla banca del Reich
monete d’oro per un valore di 100 milioni di marchi. Durante la guerra, furono
utilizzati per le monete i metalli più vili e convenienti, come l’alluminio, lo
zinco e il ferro, anche se i pezzi d’argento da 0,5 marchi continuarono ad
essere emessi fino al 1919. Al termine del conflitto, la quantità del denaro in
circolazione era quintuplicata, mentre la quota delle monete era scesa allo 0,5
per cento, ciò significa che
venivano emesse soltanto monete di carta
i cosiddetti Papiermark. I costi astronomici del conflitto, dell’ordine di 164
miliardi di marchi, furono sostenuti soprattutto da diverse forme di prestiti
obbligazionari e solo in minima parte da imposte belliche e aumenti delle
tasse. L’idea era, una volta usciti vittoriosi, di ripagare i debiti a
spese dei vinti, ma il conflitto vide la Germania uscire sconfitta. Negli anni della prima
guerra mondiale l’inflazione annua (che è fisiologica) salì in media al 28,3%. Nel periodo direttamente
successivo, cioè tra il 1919 ed il 1923, l’inflazione raggiunse il 662,6% annuo. Nel biennio tra 1921 e
1923 si scatenò la vera “iperinflazione di Weimar”. Durante la sua fase finale,
nel novembre 1923, il marco valeva un bilionesimo
[1/1.000.000.000.000] di quanto valesse nel 1914.
Le nazioni
vincitrici della Grande guerra decisero di addebitare alla Germania i costi
della guerra da loro sostenuti. L’intesa, durante il congresso di Parigi del
1919, per volontà soprattutto del presidente francese Clemanceau, decise di
accollare le riparazione di guerra alla sola Germania per un ammontare di 132 miliardi di marchi oro (Goldmark) da pagarsi a rate con
interesse al 6%, una cifra enorme pari a circa 31,35 miliardi di dollari oro. Senza
nessun riguardo alle riserve di oro che avrebbero dovuto garantire la valuta, la Germania, durante gli anni
venti, nella fase politica nota come Repubblica di Weimar, decise di pagare i
debiti di guerra stampando banconote (cominciò a stampare cartamoneta per fronteggiare il debito), il Papiermark (= marco di
carta). Questa manovra causò la
rapidissima svalutazione della moneta. Durante l’iperinflazione, furono
emesse banconote di taglio elevato. Non furono quasi più coniate monete, tranne
per alcune serie da 200 e 500 marchi d’alluminio. Il Papiermark fu prodotto
in enormi quantità: esistevano anche tagli da 100.000.000.000.000 di marchi
(centomila miliardi). Centinaia di fabbriche di carta (quasi 200) stampavano
giorno e notte nuove banconote, francobolli e altri valori con sopra delle
cifre sempre più astronomiche. Stamperie pubbliche e private, statali,
regionali, comunali, bancarie e persino private emettevano fiumi di marchi che non valevano il prezzo della carta su cui erano
impressi. Complessivamente 30.000 persone erano impegnate nella produzione
dei circa dieci miliardi di banconote,
emesse per contrastare l’inflazione. 30 fabbriche producevano la carta e 133
aziende con 1.783 stampanti lavoravano giorno e notte per la tipografia del Reich. In totale, la banca del Reich
emise 524 trilioni di marchi (un
trilione ha 18 zeri), cui si aggiunsero altri 700 trilioni “d’emergenza”
fatti stampare da 5.800 città, comuni e imprese per fronteggiare la crisi
economica. Il più delle volte, le banconote e i francobolli stampati qualche
ora prima venivano sovraimpressi con valori superiori e, per accelerare la
produzione, le banconote venivano stampate da un solo lato, per facilitare
l’operazione. Il taglio più alto di una banconota durante l’iperinflazione
tedesca fu di 100 bilioni (100.000.000.000.000) di
marchi. Da ciò si evince come l’iperinflazione consista in un aumento smisurato
e continuo dei prezzi che impoverisce soprattutto i più deboli, perché nell’iperinflazione,
a rimetterci sono - all’inizio - coloro che detengono un reddito fisso, come i lavoratori dipendenti, i salariati e i
pensionati, mentre, temporaneamente, si salvano coloro che possono adeguare le
proprie entrate alla continua ascesa dei prezzi. Col tempo, però, anche i
lavoratori autonomi iniziano a trovarsi in difficoltà, in quanto sarà sempre
più arduo trovare un numero sufficiente di
clienti in grado di poter spendere grosse somme di denaro per richiedere le
prestazioni professionali dei liberi professionisti, o i prodotti immessi sul
mercato dagli industriali.
La perdita di valore del marco nei confronti
del dollaro fu rapidissima e irrefrenabile:
Nel gennaio 1914 il papiermark veniva cambiato a 4,2 per
ogni dollaro statunitense;
nel 1821, 1
dollaro valeva 65 marchi;
nel 1922, 2.420
marchi;
nel giugno 1923,
100.000 marchi;
nel luglio 1923,
350.000 marchi;
nell’agosto
1923, 4.600.000 marchi;
nel settembre
1923, 100.000.000 di marchi;
nell’ottobre
1923, 25.000.000.000 di marchi;
nel novembre
1923, 4.200.000.000.000 di marchi.
Il 15 novembre
1923 un dollaro americano comprava 4.200
miliardi di marchi e, a Berlino, per comprare un kg di pane erano necessari più
di un kg di banconote.
La vita a Berlino
nel 1923.
Nel 1923 in Germania gli
stipendi venivano pagati di giorno in giorno per evitare che il loro valore
venisse azzerato e che potesse annullare il valore della moneta. Spedire una
lettera il 1º gennaio 1923 costava 10
Papiermark, il 10 ottobre 2 milioni e il 1º dicembre del 1923 50 miliardi di marchi. Francobolli da 5 miliardi di marchi erano
utilizzati per spedire le cartoline, carriole piene di carta moneta
servivano a comprare un biglietto del tram. I dipendenti, quando venivano pagati
correvano subito a comprare i beni di prima necessità, prima che il prezzo
salisse, nel giro di qualche ora, provocando la scarsità di beni (e favorendo
la borsa nera). Le banconote venivano donate ai bambini per giocare. Per acquistare un uovo
occorrevano 500 milioni di papiermark. Se un kg di pane il 1° gennaio 1923 costava
250 marchi, a novembre lo si poteva acquistare per 250 miliardi e a dicembre
per 400 miliardi. In questa situazione drammatica, si tornò a fare senza il denaro, in quanto le banconote erano
utilizzate per accendere le stufe e la gente era già da mesi dedita al baratto
dei beni.
Come sovrapprezzo
alla situazione di disperazione che colpiva la popolazione tedesca, la Francia, nel 1923, impose
militarmente alla Germania, in piena iperinflazione, la cessione a suo
vantaggio del bacino minerario della Ruhr, ricco di carbone, come garanzia per
le dovute riparazioni di guerra. La miseria che colpì la Germania subito dopo la
fine della guerra spianò la via alla serie di eventi, (come il tentativo di
colpo di stato di Wolfgang Kapp del 1920) che facilitarono la strada al Nazismo
il quale sarà in grado di acquisire sempre maggiori consensi nelle frequenti
elezioni parlamentari che caratterizzarono l’ instabile vita politica della
repubblica di Weimar, vedendo poi il suo Fuhrer, Adolf Hitler, assurgere al grado
di Cancelliere
Il Piano Dawes
Il 15
novembre 1923 per fermare questa situazione assurda oltre che drammatica, al Papiermark
completamente svalutato venne sostituito il Rentenmark (il marco di rendita). Per
garantire l’emissione della nuova valuta furono ipotecati 3, 2 miliardi di
terreni e merci industriali. Questa fu solo una valuta temporanea e non ebbe
valore legale; essa fu comunque accettata dalla popolazione e riuscì
effettivamente a fermare l’inflazione. Oltre a ciò gli USA diedero il via ad un
piano di rientro graduale dei loro
crediti, che prevedeva la riorganizzazione della Reichbank, Banca Nazionale Tedesca, con la creazione di una nuova
moneta, il Reichsmark immesso
sul mercato il 30 agosto 1924. Il
piano di aiuti finanziario, voluto dagli americani, prendeva il nome di Piano Dawes dal nome
dell’ideatore, l’intelligente finanziere americano Charles Dawes.
Con esso i
tedeschi avrebbero potuto onorare i loro debiti emettendo un prestito
obbligazionario da collocare sul mercato della finanza mondiale per una somma
totale di 800 milioni di marchi oro
(circa 200 milioni di dollari che furono piazzati tutti su New York), garantiti dalle azioni della società
ferroviaria tedesca e da un’ipoteca sugli introiti fiscali. Il piano tra l’altro
avrebbe permesso di far affluire capitali statunitensi in Germania e di qui
indirettamente alle altre nazioni europee colpite dalla guerra. In questo modo,
come sarebbe avvenuto poi per il Piano Marshall nel secondo dopoguerra, gli
americani avrebbero conseguito alcuni importanti successi:
1.
rilanciare l’economia
europea al fine di vedersi presto ripagati i debiti di guerra.
2. legare i mercati europei e soprattutto
tedeschi agli USA per arginare
possibili rivoluzioni di matrice comunista;
3. esportare in Europa merci e capitali in
sovrapproduzione evitando una crisi economica (che si sarebbe comunque
verificata nel 1929);
Il piano Dawes
permise alla Germania di riprendere il pagamento delle riparazioni di guerra e
di tornare al gold standard o sistema aureo nel 1924. Il successivo Piano Young del 1928, ridusse ulteriormente la
portata dei risarcimenti dovuti dai tedeschi scaglionandoli in rate per sessant’anni.
Al contempo un grado di moderata stabilità politica fu assicurata dal governo
di Gustav Stresemann che, mirando a
rassicurare le potenze occidentali circa l’affidabilità della Germania,
abbandonò le recriminazioni sulla questione dei pagamenti e le rivendicazioni
riguardo alla frontiera occidentale. Nell’ottobre del 1925 la Germania
stipulò con la Francia
il trattato di Locarno che fissava
una volta per tutte i confini tra i due paesi e li impegnava a non violare la
frontiera comune. Grazie a questa politica remissiva, nel 1926 la Germania
venne ammessa alla Società delle Nazioni
e le fu assegnato un seggio nel Consiglio Permanente, a fianco di Gran
Bretagna, Francia, Italia e Giappone. Furono questi gli anni d’oro della
repubblica di Weimar, quelli che vanno dal 1924 al 1929, durante i quali la
nazione vive oltre alla ripresa economica anche una grande stagione culturale.
Nella pittura, con la più originale delle avanguardie del 900, la Bauhaus, con
Gropius, Paul Klee e Kandinski. Sono gli anni del cinema di Fritz Lang e Murnau
e soprattutto del Cabaret, della musica di Kurt Weill ed il teatro di Bertold Brecht. Berlino, con i
suoi 4 milioni di abitanti, diventa la capitale europea della cultura e della
creatività, il mito dei salotti parigini. I suoi dèi sono scrittori come Thomas
Mann, Herman Hesse, Eric Maria Remarque, Elias Canetti e filosofi come Martin
Heidegger o sociologi del calibro di Max Weber. Qui nasce l’Espressionismo.
Politicamente, però,
questi piani economici e questo atteggiamento “sensato” della Germania ottennero
però i disastrosi effetti dell’umiliazione e crearono sacche di malcontento e revanchismo
che, scontrandosi con la grave crisi economica che sarebbe scoppiata nel 1929, influenzarono il nascere dell’autarchia
e del Nazismo e prepararono il terreno per l’ascesa di Adolf Hitler al potere.
Hitler detestava questa repubblica remissiva e di essa pianificherà la
distruzione nel periodo della sua prigionia, dopo il fallito tentativo di colpo
di stato.
La repubblica aveva
visto 20 governi in 14 anni, un mare crescente e agitato di disoccupati,
sparatorie per le strade e colpi di stato, con morti e feriti ogni settimana.
Tutto ciò aveva fatto crollare la fiducia nella democrazia che nel 1929 entrerà
in un’agonia irreversibile e le elezioni politiche del 1930 saranno il primo
atto del grande successo di pubblico di Adolf Hitler.
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