mercoledì 4 giugno 2014

Iperinflazione della Germania di Weimar



L’iperinflazione

Allo scoppio della prima guerra mondiale, nel 1914, per fronteggiare l’immane sforzo bellico, la Germania abolì la convertibilità aurea del marco (il collegamento tra il Marco e l’oro fu abbandonato). Quando la Grande Guerra divenne sempre più probabile, la popolazione ritirò dalla banca del Reich monete d’oro per un valore di 100 milioni di marchi. Durante la guerra, furono utilizzati per le monete i metalli più vili e convenienti, come l’alluminio, lo zinco e il ferro, anche se i pezzi d’argento da 0,5 marchi continuarono ad essere emessi fino al 1919. Al termine del conflitto, la quantità del denaro in circolazione era quintuplicata, mentre la quota delle monete era scesa allo 0,5 per cento, ciò significa che venivano emesse soltanto monete di carta i cosiddetti Papiermark. I costi astronomici del conflitto, dell’ordine di 164 miliardi di marchi, furono sostenuti soprattutto da diverse forme di prestiti obbligazionari e solo in minima parte da imposte belliche e aumenti delle tasse. L’idea era, una volta usciti vittoriosi, di ripagare i debiti a spese dei vinti, ma il conflitto vide la Germania uscire sconfitta. Negli anni della prima guerra mondiale l’inflazione annua (che è fisiologica) salì in media al 28,3%. Nel periodo direttamente successivo, cioè tra il 1919 ed il 1923, l’inflazione raggiunse il 662,6% annuo. Nel biennio tra 1921 e 1923 si scatenò la vera “iperinflazione di Weimar”. Durante la sua fase finale, nel novembre 1923, il marco valeva un bilionesimo [1/1.000.000.000.000] di quanto valesse nel 1914.
Le nazioni vincitrici della Grande guerra decisero di addebitare alla Germania i costi della guerra da loro sostenuti. L’intesa, durante il congresso di Parigi del 1919, per volontà soprattutto del presidente francese Clemanceau, decise di accollare le riparazione di guerra alla sola Germania per un ammontare di 132 miliardi di marchi oro (Goldmark) da pagarsi a rate con interesse al 6%, una cifra enorme pari a circa 31,35 miliardi di dollari oro. Senza nessun riguardo alle riserve di oro che avrebbero dovuto garantire la valuta, la Germania, durante gli anni venti, nella fase politica nota come Repubblica di Weimar, decise di pagare i debiti di guerra stampando banconote (cominciò a stampare cartamoneta per fronteggiare il debito), il Papiermark (=  marco di carta). Questa manovra causò la rapidissima svalutazione della moneta. Durante l’iperinflazione, furono emesse banconote di taglio elevato. Non furono quasi più coniate monete, tranne per alcune serie da 200 e 500 marchi d’alluminio. Il Papiermark fu prodotto in enormi quantità: esistevano anche tagli da 100.000.000.000.000 di marchi (centomila miliardi). Centinaia di fabbriche di carta (quasi 200) stampavano giorno e notte nuove banconote, francobolli e altri valori con sopra delle cifre sempre più astronomiche. Stamperie pubbliche e private, statali, regionali, comunali, bancarie e persino private emettevano fiumi di marchi che non valevano il prezzo della carta su cui erano impressi. Complessivamente 30.000 persone erano impegnate nella produzione dei circa dieci miliardi di banconote, emesse per contrastare l’inflazione. 30 fabbriche producevano la carta e 133 aziende con 1.783 stampanti lavoravano giorno e notte per la tipografia del Reich. In totale, la banca del Reich emise 524 trilioni di marchi (un trilione ha 18 zeri), cui si aggiunsero altri 700 trilioni “d’emergenza” fatti stampare da 5.800 città, comuni e imprese per fronteggiare la crisi economica. Il più delle volte, le banconote e i francobolli stampati qualche ora prima venivano sovraimpressi con valori superiori e, per accelerare la produzione, le banconote venivano stampate da un solo lato, per facilitare l’operazione. Il taglio più alto di una banconota durante l’iperinflazione tedesca fu di 100 bilioni (100.000.000.000.000) di marchi. Da ciò si evince come l’iperinflazione consista in un aumento smisurato e continuo dei prezzi che impoverisce soprattutto i più deboli, perché nell’iperinflazione, a rimetterci sono - all’inizio - coloro che detengono un reddito fisso, come i lavoratori dipendenti, i salariati e i pensionati, mentre, temporaneamente, si salvano coloro che possono adeguare le proprie entrate alla continua ascesa dei prezzi. Col tempo, però, anche i lavoratori autonomi iniziano a trovarsi in difficoltà, in quanto sarà sempre più arduo trovare un numero sufficiente di clienti in grado di poter spendere grosse somme di denaro per richiedere le prestazioni professionali dei liberi professionisti, o i prodotti immessi sul mercato dagli industriali.

La perdita di valore del marco nei confronti del dollaro fu rapidissima e irrefrenabile:
Nel gennaio 1914 il papiermark veniva cambiato a 4,2 per ogni dollaro statunitense;
nel 1821, 1 dollaro valeva 65 marchi;
nel 1922, 2.420 marchi;
nel giugno 1923, 100.000 marchi;
nel luglio 1923, 350.000 marchi;
nell’agosto 1923, 4.600.000 marchi;
nel settembre 1923, 100.000.000 di marchi;
nell’ottobre 1923, 25.000.000.000 di marchi;
nel novembre 1923, 4.200.000.000.000 di marchi.
Il 15 novembre 1923 un dollaro americano comprava 4.200 miliardi di marchi e, a Berlino, per comprare un kg di pane erano necessari più di un kg di banconote. 



La vita a Berlino nel 1923.
Nel 1923 in Germania gli stipendi venivano pagati di giorno in giorno per evitare che il loro valore venisse azzerato e che potesse annullare il valore della moneta. Spedire una lettera il 1º gennaio 1923 costava 10 Papiermark, il 10 ottobre 2 milioni e il 1º dicembre del 1923 50 miliardi di marchi. Francobolli da 5 miliardi di marchi erano utilizzati per spedire le cartoline, carriole piene di carta moneta servivano a comprare un biglietto del tram. I dipendenti, quando venivano pagati correvano subito a comprare i beni di prima necessità, prima che il prezzo salisse, nel giro di qualche ora, provocando la scarsità di beni (e favorendo la borsa nera). Le banconote venivano donate ai bambini  per giocare. Per acquistare un uovo occorrevano 500 milioni di papiermark. Se un kg di pane il 1° gennaio 1923 costava 250 marchi, a novembre lo si poteva acquistare per 250 miliardi e a dicembre per 400 miliardi. In questa situazione drammatica, si tornò a fare senza il denaro, in quanto le banconote erano utilizzate per accendere le stufe e la gente era già da mesi dedita al baratto dei beni.
Come sovrapprezzo alla situazione di disperazione che colpiva la popolazione tedesca, la Francia, nel 1923, impose militarmente alla Germania, in piena iperinflazione, la cessione a suo vantaggio del bacino minerario della Ruhr, ricco di carbone, come garanzia per le dovute riparazioni di guerra. La miseria che colpì la Germania subito dopo la fine della guerra spianò la via alla serie di eventi, (come il tentativo di colpo di stato di Wolfgang Kapp del 1920) che facilitarono la strada al Nazismo il quale sarà in grado di acquisire sempre maggiori consensi nelle frequenti elezioni parlamentari che caratterizzarono l’ instabile vita politica della repubblica di Weimar, vedendo poi il suo Fuhrer, Adolf Hitler, assurgere al grado di Cancelliere



Il Piano Dawes
Il 15 novembre 1923 per fermare questa situazione assurda oltre che drammatica, al Papiermark completamente svalutato venne sostituito il Rentenmark (il marco di rendita). Per garantire l’emissione della nuova valuta furono ipotecati 3, 2 miliardi di terreni e merci industriali. Questa  fu solo una valuta temporanea e non ebbe valore legale; essa fu comunque accettata dalla popolazione e riuscì effettivamente a fermare l’inflazione. Oltre a ciò gli USA diedero il via ad un piano di rientro graduale dei loro crediti, che prevedeva la riorganizzazione della Reichbank, Banca Nazionale Tedesca, con la creazione di una nuova moneta, il Reichsmark immesso sul mercato il 30 agosto 1924. Il piano di aiuti finanziario, voluto dagli americani, prendeva il nome di Piano Dawes dal nome dell’ideatore, l’intelligente finanziere americano Charles Dawes. 
Con esso i tedeschi avrebbero potuto onorare i loro debiti emettendo un prestito obbligazionario da collocare sul mercato della finanza mondiale per una somma totale di 800 milioni di marchi oro (circa 200 milioni di dollari che furono piazzati tutti su New York), garantiti dalle azioni della società ferroviaria tedesca e da un’ipoteca sugli introiti fiscali. Il piano tra l’altro avrebbe permesso di far affluire capitali statunitensi in Germania e di qui indirettamente alle altre nazioni europee colpite dalla guerra. In questo modo, come sarebbe avvenuto poi per il Piano Marshall nel secondo dopoguerra, gli americani avrebbero conseguito alcuni importanti successi:

1.      rilanciare l’economia europea al fine di vedersi presto ripagati i debiti di guerra.
2.      legare i mercati europei e soprattutto tedeschi agli USA per arginare possibili rivoluzioni di matrice comunista;
3.      esportare in Europa merci e capitali in sovrapproduzione evitando una crisi economica (che si sarebbe comunque verificata nel 1929);

Il piano Dawes permise alla Germania di riprendere il pagamento delle riparazioni di guerra e di tornare al gold standard o sistema aureo nel 1924. Il successivo Piano Young del 1928, ridusse ulteriormente la portata dei risarcimenti dovuti dai tedeschi scaglionandoli in rate per sessant’anni. Al contempo un grado di moderata stabilità politica fu assicurata dal governo di Gustav Stresemann che, mirando a rassicurare le potenze occidentali circa l’affidabilità della Germania, abbandonò le recriminazioni sulla questione dei pagamenti e le rivendicazioni riguardo alla frontiera occidentale. Nell’ottobre del 1925 la Germania stipulò con la Francia il trattato di Locarno che fissava una volta per tutte i confini tra i due paesi e li impegnava a non violare la frontiera comune. Grazie a questa politica remissiva, nel 1926 la Germania venne ammessa alla Società delle Nazioni e le fu assegnato un seggio nel Consiglio Permanente, a fianco di Gran Bretagna, Francia, Italia e Giappone. Furono questi gli anni d’oro della repubblica di Weimar, quelli che vanno dal 1924 al 1929, durante i quali la nazione vive oltre alla ripresa economica anche una grande stagione culturale. Nella pittura, con la più originale delle avanguardie del 900, la Bauhaus, con Gropius, Paul Klee e Kandinski. Sono gli anni del cinema di Fritz Lang e Murnau e soprattutto del Cabaret, della musica di Kurt Weill  ed il teatro di Bertold Brecht. Berlino, con i suoi 4 milioni di abitanti, diventa la capitale europea della cultura e della creatività, il mito dei salotti parigini. I suoi dèi sono scrittori come Thomas Mann, Herman Hesse, Eric Maria Remarque, Elias Canetti e filosofi come Martin Heidegger o sociologi del calibro di Max Weber. Qui nasce l’Espressionismo.
Politicamente, però, questi piani economici e questo atteggiamento “sensato” della Germania ottennero però i disastrosi effetti dell’umiliazione e crearono sacche di malcontento e revanchismo che, scontrandosi con la grave crisi economica che sarebbe scoppiata nel 1929, influenzarono il nascere dell’autarchia e del Nazismo e prepararono il terreno per l’ascesa di Adolf Hitler al potere. Hitler detestava questa repubblica remissiva e di essa pianificherà la distruzione nel periodo della sua prigionia, dopo il fallito tentativo di colpo di stato.
La repubblica aveva visto 20 governi in 14 anni, un mare crescente e agitato di disoccupati, sparatorie per le strade e colpi di stato, con morti e feriti ogni settimana. Tutto ciò aveva fatto crollare la fiducia nella democrazia che nel 1929 entrerà in un’agonia irreversibile e le elezioni politiche del 1930 saranno il primo atto del grande successo di pubblico di Adolf Hitler.





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