domenica 20 luglio 2014

“Ammazziamo il gattopardo” di Alan Friedman, edito d Rizzoli nel febbraio 2014



Per come è stato pubblicizzato, in “Ammazziamo di gattopardo” forse ci si immagina di trovare solo una serie di retroscena collegati alla caduta dell’ultimo governo Berlusconi.
In verità Alan Friedman, racconta si del suo scoop riguardante le consultazioni “borderline”, avviate da Giorgio Napolitano per un eventuale incarico a Mario Monti alla Presidenza del Consiglio, nonché del contestuale bizzarro mandato affidato a Corrado Passera per l’approntamento di un programma di governo, ma sviluppa anche un’ampia analisi economico-politica e propone una sua ricetta per portare a soluzione la profonda crisi economica che attanaglia da troppo tempo il nostro paese.
Nella prima parte, quindi,  Friedman illustra interessanti ed argute interviste giornalistiche fatte a una serie di personaggi politici, accompagnandole con sue suggestioni, intuizioni e fantasie “americane”. Nella parte centrale si dilunga su soluzioni ad  una lista di problematiche stigmatizzate in dieci punti (con scarsità di analisi, senza cioè i sufficienti approfondimenti che le complesse questioni richiederebbero). In ultimo si avvicina all’attualità con un’intervista ad un maramaldesco Matteo Renzi, impegnato a bruciare le tappe che lo porteranno ad occupare  l’ambito ruolo di Presidente del Consiglio.
In alcuni casi le visioni di Friedman risultano geniali. La sua scuola giornalistica d’oltre oceano fornisce, infatti, delle istantanee che fotografano con efficacia i tratti. Mentre però i quadretti per taluni risultano impietosi e pittoreschi, per altri invece appaiono più superficiali, se non accondiscendenti.
In qualche caso la sua narrazione racconta più di quanto emerge dal dialogo scritto. Emblematici  i casi di Berlusconi e D’Alema, già oggetto entrambi di felici intuizioni cinematografiche di Nanni Moretti. In un caso Friedman descrive la fluida disinvoltura di Silvio Berlusconi unitamente alla naturalezza dell’irrompere sulla scena dell’ormai famoso cane Dudù; nell’altro, nel descrivere un Massimo D’Alema reticente, associa il suo vuoto politichese alla figura di colui che ne fu gran maestro: segnatamente “Belzebù-Andreotti”.
Continuando, mentre un’idea precisa accompagna la serenità realistica di Romano Prodi, assai parziali risultano i riferimenti su Giorgio Napolitano. Seppur dilungandosi sul suo trascorso politico, Friedman non fa apparire chiaro l’eccesivo recente interventismo; infatti, tralascia del tutto l’immobilismo che ha caratterizzato il suo primo quinquennio di Presidenza. Troppa l’accondiscendenza garantita al Governo Berlusconi sulle tante incostituzionalità giuridiche in atti da lui promulgati, che hanno spesso riguardato forzate tutele, sempre bocciate dai pronunciamenti successivi della Corte Costituzionale.
Spietato si rivela Friedman su tutto quanto attiene ad Enrico Letta, insignificante risulta la sua attenzione per  Angelino Alfano e il suo NCD. Brevi flash illuminano Grillo ed il suo movimento, con giudizi talora severi ma che riconoscono sempre la valenza dei contenuti.
Il risultato dell’operazione editoriale non corrisponde però agli ambiziosi propositi. La soluzione adottata, quella cioè di accorpare due libri in uno, lascia dei vuoti in entrambe le parti. Forse questo libro avrebbe avuto maggior valenza se ci si fosse astenuti dal dilungarsi su tutta una parte dedicata a soluzioni assai taumaturgiche, immaginate per risolvere una complessa e prolungata stagnazione socio-economica. Le soluzioni teorizzate, peraltro, seppur frammentate, si ritrovano nei contenuti delle interviste (nelle domande o nelle risposte rese dagli interessati).
Se dalla lettura dovessi descrivere i concetti che più mi sono rimasti in mente, al primo posto metterei senza ombra di dubbio la risposta fornita a Friedman da Emma Bonino che, in relazione alla crisi italiana, evidenzia essenzialmente la improrogabilità di una riforma della giustizia per ripristinare in Italia la certezza dello stato di diritto, da tempo smarrita.

Essec

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