L’ha fatto ancora. Dopo qualche settimana di
astinenza, Napolitano ha monitato di nuovo. E, siccome gli scappava da
un bel po’, ha espettorato ben tre moniti in un giorno. Credendosi il re
d’Italia, è andato a Redipuglia. E di lì, a 100 anni dalla grande
guerra, ha tuonato contro “le guerre e i nazionalismi” (brutti) e a
favore dell’“integrazione europea” (bella). Concetti forti, soprattutto
nuovi. Poi s’è spostato a Monfalcone e, sempre in marcia verso la
scoperta dell’acqua calda, ha rimonitato per strada: “Se non trovano
lavoro i giovani, l’Italia è finita”. Perbacco, che originalità.
Verrebbe da domandargli dove sia stato lui negli ultimi decenni, essendo
entrato in Parlamento appena nel 1953, mentre i governi italiani
facevano di tutto per desertificare i posti di lavoro. O se il
Napolitano che firmò ed esaltò la controriforma Fornero che manda gli
italiani in pensione a 70 anni, tagliando fuori i giovani dal mercato
del lavoro, fosse un suo omonimo. Del resto, c’è un Napolitano che tuona
contro le guerre e uno che difende a spada tratta l’acquisto degli F-35
(che notoriamente sganciano mazzi di rose), anche dai cattivoni del
Pentagono che osano lasciarli a terra per precauzione. Un Napolitano che
“quando il Parlamento delibera, il Presidente tace”. E un Napolitano
che ieri – terzo monito – s’impiccia nei tempi (dunque nei modi) della
controriforma del Senato.
Ma questo è ormai la politica italiana: una supercazzola 24 ore su 24
senz’alcun rapporto con la realtà, con la coerenza, con la decenza. Con
B. credevamo di avere raggiunto il record mondiale della balla, ma non
avevamo ancora visto all’opera Napo & Renzi: al confronto il Cainano
è un dilettante. Tre anni fa giunse la famigerata lettera della Bce che
commissariava definitivamente l’Italia, imponendoci inutili sacrifici
per decine di miliardi, oltre all’anticipo del pareggio di bilancio dal
2014 al 2013. Fu allora che un certo Matteo Renzi, ancora soltanto
sindaco di Firenze, il 26 ottobre 2011 dichiarò all’Ansa: “Mi ritrovo
nella lettera della Bce. E non condivido l’atteggiamento prevalente del
Pd che invoca l’Europa quando conviene e ne prende le distanze se
propone riforme scomode. Rabbrividisco a sentire certe posizioni contro
la lettera della Bce lanciate da chi non prenderebbe voti nemmeno nel
suo condominio”. Chissà se è lo stesso Renzi che ora, divenuto
segretario del Pd e presidente del Consiglio, fa il figo contro
“l’Europa dei tecnocrati e dei banchieri”, contro il rigore in nome
della flessibilità e della crescita.
C’è il Renzi che fa lo splendido con le 12 linee-guida sulla
Giustizia e bacchetta il Csm: “Chi nomina non giudica e chi giudica non
nomina”. E c’è il Renzi che si tiene come sottosegretario alla Giustizia
il magistrato Cosimo Ferri che fa propaganda elettorale via sms per
mandare i suoi amichetti nel nuovo Csm (chi governa elegge e chi
elegge governa). C’è il Renzi che trasforma il Senato in dopolavoro per
sindaci e consiglieri regionali perché quello attuale fa perder tempo
(falso: approva le leggi in una media di 2 mesi). E c’è il Renzi che,
come i predecessori, si scorda i regolamenti attuativi delle sue
(pochissime) riforme, che languono nei ministeri come lettera morta. C’è
il Renzi che dai 5Stelle pretende lo streaming e le risposte scritte in
carta bollata, però B. & Verdini li vede di nascosto e a carte
coperte, infatti il Patto del Nazareno rimane segreto di Stato.
Viene in mente quel che disse Fabrizio
Barca a un imitatore di Vendola che il 17 febbraio lo chiamò dalla
Zanzara: “Non c’è un’idea, c’è un livello di avventurismo! Siamo agli
slogan: questo mi rattrista, sto male, sono preoccupatissimo, vedo uno
sfarinamento veramente impressionante”. Poi rivelò di aver rifiutato
l’offerta di fare il ministro che gli giungeva da improbabili
intermediari del premier, legati al quotidiano la Repubblica: “Sono
colpito dall’insistenza, il segno della loro confusione e disperazione!…
Sono fuori di testa!”. Pareva uno scherzo telefonico: era il migliore
ritratto del renzismo reale, tutto chiacchiere e distintivo.
Marco Travaglio (Jack's Blog - Il Fatto quotidiano - 8 luglio 2014)
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