La sfida dei Mille giorni di Matteo Renzi fa discutere l’opinione
pubblica e divide il mondo politico. Mille giorni calcolati a partire da
quando? Dal momento dell’annuncio o dal giorno dell’insediamento del governo?
Vanno messi nel computo anche i giorni festivi? E gli eventuali e inevitabili
giorni di malattia di ministri e sottosegretari? I permessi per gravidanza e
allattamento? È stato tenuto in considerazione, da Palazzo Chigi, che il 2016
sarà anno bisestile? È stato valutato con attenzione il fatto che trenta giorni
ha novembre con april, giugno e settembre? E che di Venere e di Marte non si
sposa e non si parte?
LA SCADENZA - Secondo
le diverse interpretazioni, il fatidico millesimo giorno dovrebbe essere
compreso in una forbice piuttosto ampia, che va dal 25 marzo 2017 al 13
novembre del 2018. Secondo lo staff di Renzi la scadenza potrebbe addirittura
essere spostata all’anno 5768 nel caso di adozione del calendario ebraico. È
comunque una discussione oziosa, perché il programma dei Mille giorni,
esaminato nel dettaglio, prevede che al massimo tra un mesetto tutti avranno
dimenticato la sfida dei Mille giorni, dando modo a Renzi di annunciare che
entro cinque settimane sarà presentato un piano di riforme che in quattordici
mesi possa realizzare quanto messo in cantiere nei precedenti trecento giorni.
È quella che gli esperti di comunicazione chiamano “Mess Strategy”, strategia
del casino: un insieme di numeri e di scadenze così frenetico e frastornante
che rende impossibile la sua comprensione.
GLI ANNUNCI
- Dal 22 febbraio scorso, giorno del suo insediamento,
Renzi ha annunciato diverse migliaia di riforme. Il numero esatto non è
quantificabile non solo perché alcune riforme, nell’entusiasmo del momento,
sono state annunciate più volte nella stessa giornata; ma anche perché, secondo
una distinzione cara ai costituzionalisti, le riforme si distinguono in riforma
singola, riforma composita e riforma a grappolo, per non parlare di quel vero e
proprio virtuosismo di architettura istituzionale che è la riforma matrioska,
che ne contiene altre più piccole. Per esempio: la riforma della pesca alla
cernia e al palombo, annunciata da Renzi a San Benedetto del Tronto, vale per
uno o per due? Ci sono poi riforme di grande suggestione politica ma di puro
valore simbolico, come la riforma dell’amicizia, la riforma dello spirito di
osservazione e la riforma del corteggiamento, tutte e tre considerate
prioritarie dal governo ma purtroppo intraducibili in disegni di legge o
pronunciamenti parlamentari. Calcolarle nel novero delle realizzazioni del
governo potrebbe essere scorretto.
LE VERIFICHE
- Delle migliaia di riforme annunciate, per adesso ne
è stata realizzata solamente una: la riforma del vaglio per marroni da
caldarrosta, fino a ieri tarato sulla grammatura umbro-marchigiana e dal
prossimo primo ottobre su quella toscana. Ma molte altre importanti riforme
sono in corso di realizzazione, come è possibile leggere nella nuova Gazzetta
Ufficiale che dopo il restyling voluto da Palazzo Chigi è ispirata alla grafica
di Urania, è datata 2185 e pubblica tutte le leggi realizzate nel prossimo
secolo e mezzo, comprese quelle importate dalla costituzione di Bylanor dopo
l’annessione della Terra alla galassia di Lahax.
IL PARAGONE
- Grazie all’unica riforma fino a qui realizzata,
Renzi ha ampiamente superato il risultato del governo Letta, che per prudenza
non ne aveva fatta nessuna, e addirittura surclassato lo score di Berlusconi,
che non solo non aveva realizzato riforme, ma nel corso dei suoi quattro
mandati aveva distrutto o deteriorato molte decine di funzioni istituzionali e
articoli di legge. Secondo la prestigiosa “Statistic Monthly Review”, la
classifica del riformismo italiano va così aggiornata: Renzi 1, Letta 0,
Berlusconi -64.
Michele Serra (Jack’s Blog – La Repubblica– 5 settembre 2014)
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