sabato 6 settembre 2014

Perché è giusto salvare "il soldato Allam" anche se non lo amo

Magdi Cristiano Allam è sotto processo davanti al Consiglio disciplinare dell'Ordine dei giornalisti su ricorso dell'avvocato Luca Bauccio in rappresentanza di un'associazione legata all'Unicoi (Unione delle comunità islamiche d'Italia). L'accusa è quella di 'islamofobia', per quanto Allam ha scritto e scrive. L'avvocato Bauccio si fa forte di un precedente, quando il Consiglio di disciplina dell'Odg, su pressioni della comunità ebraica, sanzionò, con due mesi di sospensione, il direttore di un giornale lombardo che pubblicava scritti ritenuti antisemiti («Se storicamente gli ebrei sono stati sempre odiati qualche ragione ci sarà»). In un articolo pubblicato sul Giornale il 14/8 Allam ha sostenuto di non essere affatto 'islamofobo' ma di seguire un discorso coerente, praticato da anni, contro l'islamismo radicale e ha ribadito il concetto, sia pur utilizzando il paradosso, in un articolo successivo. E non ho alcuna ragione per non credere a quanto sostiene Allam. Ma la questione non è questa. Quand'anche lo fosse, Allam ha tutto il diritto di essere 'islamofobo'. Come qualcun altro di essere antisemita o antimalgascio. Anche se qui ci muoviamo semplicemente all'interno del Consiglio disciplinare di un Ordine e non in ambito penale, il tutto affonda le sue radici nella liberticida 'legge Mancino' del 1995 che punisce con la reclusione sino a tre anni «chi diffonde in qualsiasi modo idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico, ovvero incita a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi». Nemmeno le dittature erano arrivate a tanto. Hanno punito le idee, oltre che, ovviamente, le azioni, ma non l'odio. Bisognava che arrivassero le democrazie (leggi simili a quella Mancino sono presenti in quasi tutti gli Stati democratici d'Europa) perché si cercasse di mettere le manette anche ai sentimenti. L'odio infatti, come l'amore o la gelosia, è un sentimento e, come tale, incomprimibile. Io ho il diritto di odiare chi mi pare. Sia singoli individui (mia moglie, il suo amante, l'amico fedifrago, il vicino di casa rompicoglioni) sia interi gruppi etnici, razziali, nazionali, religiosi. Sono fatti miei. Anche se la cosa non è molto intelligente perché, come ci ha ricordato Papa Wojtyla, in una delle sue poche sortite felici, «ogni uomo è unico e irripetibile» e non va confuso, facendo di tutta l'erba un fascio, col gruppo, etnico o religioso, cui appartiene. Naturalmente se torco anche un solo cappello a un individuo o a un esponente di un gruppo etnico o religioso che detesto devo finire diritto e di filato in gattabuia.
Purtroppo noi italiani siamo riusciti a sfasciare il Codice del fascista Alfredo Rocco, tecnicamente un capolavoro giuridico, con una serie di leggi 'ad personam' o fatte con la zappa, senza tener conto che un Codice è un 'corpus iuris' che deve essere coerente in ogni suo aspetto, ma ne abbiamo conservato tutte le leggi liberticide, tipiche di un regime totalitario di cui è tutt'ora zeppo ('Vilipendio al Capo dello Stato', 'vilipendio alla bandiera', 'vilipendio alle Forze Armate', Bossi ne sa qualcosa) e altre ne abbiamo aggiunte come la famigerata 'legge Scelba' del 1952 che punisce «chi pubblicamente esalta esponenti, principi, fatti o metodi del fascismo oppure le sue finalità antidemocratiche». In democrazia è obbligatorio essere democratici. Ma questo è l'esatto opposto di un regime democratico o, diciamo meglio, liberale. Poi è venuta la legge Mancino che, nata per tutelare la minoranza ebraica, si è estesa all'universo mondo. Succede sempre così quando, sia pur per nobili motivi, si sfonda un principio: si sa dove si inizia ma non dove si va a finire. Si inizia con l'antisemitismo e si finisce con l' 'islamofobia'. Salviamo 'il soldato Allam'. Anche se lo odio.


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