venerdì 10 ottobre 2014

"Ciccio" Callari

Professore di matematica e fisica, portava sempre i capelli cortissimi - diceva lui tagliati all’Umberto - e ostentava con fierezza la insita peculiarità d’igiene: “così alla mattina in unico colpo ognuno può procedere al lavaggio non solo del viso ma anche della testa”.
Fu il terrore di noi giovani alunni nei primi due anni di ragioneria. A quel tempo, severissimo e autoritario, non tollerava alcuna trasgressione e - nei frequenti casi di rigore – affibbiava a più non posso convocazione di genitori, magari con sospensioni. Col senno di poi, nella sua severità non aveva tutti i torti e non avrebbe potuto fare altrimenti per cercare di modellare quella pletora di ragazzini immaturi, che si accingeva ad un nuovo ciclo scolastico. 
Il solo avvistarlo da lontano incuteva in tutti noi allievi un unicum istintivo di disciplina e terrore. 
Nel secondo anno, fu lui a perorare la causa contro Eugenio T. che, durante una interrogazione che volgeva male, aveva - con inusitata violenza verbale - dato della puttana alla professoressa di chimica. Eugenio venne sospeso e poi definitivamente espulso da tutte le scuole statali d’Italia. In quel caso a noi piccoli sessantottini Eugenio era apparso un Che Guevara, in realtà si era semplicemente manifestato per il ragazzino maleducato che era. Quelli erano però i tempi in cui la classe insegnante godeva di indiscusso prestigio e riceveva massimo rispetto dai genitori di ogni ceto sociale. In tutto e per tutto quella volta il terribile prof. Callari fu il sergente di ferro intransigente che gestì con autorevolezza la situazione. 
Negli istituti tecnici, a quei tempi, la selezione nelle prime classi e in quelle maschili in particolare, era una vera e propria caporetto. In genere, non più del cinquanta per cento riusciva a passare a primo colpo dalla prima alla seconda classe Alla fine, col “percorso netto” fummo in pochi. 
Anche se nel biennio aveva avuto modo di conoscere perfettamente ognuno di noi, ricordo bene che la vera metamorfosi del “terribile” prof. Callari ebbe inizio dal terzo anno. 
Per inciso, per me il bengodi con lui culminò al quarto anno, quando, grazie alla mia predisposizione per la matematica, venivo isolato in cattedra per svolgere i compiti in classe di finanziaria. La facilità nello svolgimento dei problemi, mi portava a ultimare i compiti in pochi minuti; scoperto l’arcano decretò il mio isolamento e l’espulsione vigilata, poi, dalla classe, che restava impegnata a trovare le giuste soluzioni. 
Comunque, l’approccio con noi alunni dal terzo anno in poi fu come quello del “buon padre di famiglia”, attento e presente nella nostra formazione; protettore e partecipe dei nostri bisogni. Seguire le sue lezioni ed essere interrogati di regola scorreva in modo fluido e con il pieno coinvolgimento di tutti. 
L’eccezione, comunque, confermò la regola, come in quell’anno in cui, a seguito di precedenti bocciature, la classe si era ridotta a una dozzina di unità. Tutti decidemmo tacitamente una forma di ammutinamento. La poca predisposizione allo studio costante e l’essere in pochi, portava inevitabilmente ad essere interrogati quotidianamente e pure in differenti materie. Gli impreparati ogni giorno fioccarono. Stufi e imperterriti noi difendemmo fino alla fine le nostre “sacrosante” ragioni e ne pagammo dazio. 
A fine anno, infatti, il Consiglio di classe optò per adottare azioni esemplari! La “dozzina” fu “rimandata” tutta a settembre ed in almeno tre materie (ci fu un massimo di cinque); Cesare B., il “primo della classe”, rimediò perfino una rimandatura con un cinque in educazione fisica. Con le punizioni a quel nostro ammutinamento forse volevano costituire un esempio per le classi inferiori. 
Al tirar delle somme, come prevedibile, gli esami di riparazione furono per tutti una pura formalità. L’intera classe venne promossa e in tutti noi l’occasione maturò un senso di coesione ed appartenenza. A distanza di tanti anni, mi convinco che anche gli stessi professori, che lanciarono la sfida obbligandoci a sacrificare un poco delle vacanza estive, in cuor loro restarono intrigati da quella classe che fino all’ultimo aveva mantenuto con intransigenza la sua posizione, ed in primis fra loro ci sarà stato di certo il “paternalistico” Callari.
In ultimo la compagine si infoltì con esterni ammessi al quinto anno, il professore Francesco Callari, che intanto aveva assunto nell'Istituto il ruolo vice preside, per noi  diplomandi era diventatato “Ciccio”, per rimanere così nei ricordi.

Essec 
 

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