Il
premier Matteo Renzi, dopo il marciume emerso dalle inchieste della
procura di Roma che vede coinvolti amministratori del Pd, di ieri e di
oggi, della destra politica e criminali cosiddetti comuni che solo a
sentirne il linguaggio un uomo con responsabilità pubbliche dovrebbe
tenersi a distanza di sicurezza, ha deciso di commissariare il Pd della
Capitale. Per dare un segno di rinnovamento morale. Peccato che solo il
giorno dopo il Senato, con il voto determinante dei parlamentari Pd,
abbia respinto la richiesta del Tribunale di Palermo di poter utilizzare
delle intercettazioni telefoniche di Antonino Papania ex senatore dem
coinvolto in gravi reati di corruzione. Finché si scherza si scherza,
finché si parla si parla, ma poi quando si arriva al sodo, e cioè alla
concreta possibilità che un politico possa finire nei guai, la classe
politica, se appena ne ha la possibilità grazie alle innumerevoli
guarentigie giudiziarie di cui gode, si ricompatta immediatamente e si
chiude a testuggine a difesa di quei privilegi. Ne è riprova che quello
stesso giorno il Senato non ha autorizzato l'utilizzo di intercettazioni
riguardanti il presidente della commissione Bilancio di Palazzo Madama,
Antonio Azzolini (Ncd), anch'elli indagato per corruzione, con il voto
del Pd, di Forza Italia, della Lega e dello stesso Ncd.
A
botta calda, nei giorni dell'esplodere dello scandalo, Renzi ha
dichiarato che, per carità, «le inchieste devono andare fino in fondo»,
ma ha anche ammonito i magistrati che «i processi devono essere veloci».
Ma come fanno a «essere veloci» se sono almeno vent'anni, da Mani
Pulite in poi, che gli amichetti parlamentari di Renzi aggiungendosi a
quelli di Berlusconi stanno inzeppando il Codice, soprattutto per i
reati contro la Pubblica Amministrazione, cioè i reati di corruzione,
quelli commessi dai 'colletti bianchi', di un tal numero di norme
cosiddette 'garantiste' che è quasi impossibile portarli a termine? E'
il solito, sporco, giochetto: da una parte si fanno leggi impossibili,
dall'altro si accusano i magistrati di applicarle.
Adesso
Renzi annuncia -si sa che il suo è il governo dei tweet- misure severe
anticorruzione: innalzamento delle pene minime, allungamento dei termini
di prescrizione, minori agevolazioni nei patteggiamenti. «Io voglio che
questo sia un segno che l'Italia è cambiata» dice il premier. In realtà
è solo fumo negli occhi per placare, sul momento, l'esasperazione
montante dei cittadini che si vedono quotidianamente derubati da questi
farabutti politici o politici farabutti (chiamarli mafiosi è fare un
torto all'Onorata società) mentre loro, i cittadini, sono massacrati se
ritardano un pagamento Equitalia. Fumo negli occhi è il commissariamento
del Pd romano di cui peraltro non ci potrebbe importar di meno poiché è
un'associazione privata. Come, per lo stesso motivo, non ci importa
nulla che Alemanno si sia autosospeso dai suoi incarichi in Fratelli
d'Italia (se Gianni Alemanno vuole recuperare la dignità che aveva
quando lo conobbi ragazzo, sinceramente tormentato, si dimetta da
parlamentare). Ma fumo negli occhi sono anche le 'grida' che Renzi ha
annunciato. Perché devono comunque passare al vaglio di un Parlamento di
corrotti, di corruttori, di corruttibili che difficilmente le approverà
così come sono. E comunque dovessero anche passare integralmente,
verranno in seguito rese inservibili da altri provvedimenti. Come
puntualmente avviene da decenni. Poi ci sarà un nuovo scandalo che farà
scordare il precedente. E tutto finirà nel dimenticatoio.
Non
c'è nessuna 'nuova Italia' risorgimentale. C'è la solita, sempiterna,
Italia dei furbastri, dei furvi e dei furbissimi. Oggi veste Fonzie al
posto del doppiopetto.
Massimo Fini (Il Gazzettino, 13 dicembre 2014)
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