domenica 11 gennaio 2015

Pasticcio salva-Berlusconi. In un Paese normale il premier sarebbe già a casa

In un Paese non dico serio, ma appena ‘normale’, il premier Matteo Renzi si sarebbe già dimesso. Il ‘pasticciaccio brutto’ emerso fra la notte di Natale e il post Capodanno supera infatti ogni immaginazione. Riassumiamo i fatti. Nella notte di Natale, mentre gli italiani erano alle prese col classico cenone, e sapendo che l’indomani i giornali non sarebbero usciti, qualcuno ha inserito nel decreto legislativo sulla riforma fiscale un codicillo, il 19 bis, che recita: “Per i reati previsti dal presente decreto, la punibilità è comunque esclusa quando l’importo delle imposte sui redditi evase non è superiore al 3% del reddito imponibile”. Formulazione che include, per depenalizzarlo, il reato di frode fiscale che è qualcosa di molto più grave della semplice evasione, ed è il reato per cui è stato condannato Silvio Berlusconi. Il 19 bis, votato dal Consiglio dei ministri in assenza di alcuni sottosegretari all’Economia, come Enrico Zanetti e Luigi Casero, sarebbe passato quatto quatto, attraversando i cenoni di Capodanno, se lo stesso Zanetti non avesse avuto la sorpresa di scoprirlo, a cose fatte, sul sito web del Governo e non avesse denunciato l’anomalia di equiparare l’evasione fiscale alla frode fiscale. La questione è rimbalzata su alcuni giornali. A questo punto c’è stato un fuggi fuggi generale, un indecoroso rimpallo fra ministri e fra lo stesso Renzi e il titolare del dicastero dell’Economia, Padoan, che asseriva di non saperne nulla. Il codicillo 19 bis era ‘un figlio di nessuno’. Finché Renzi, di fronte alla bufera, non ha deciso di assumersi la responsabilità del famigerato codicillo, l’ha stoppato rinviandone la discussione all’indomani delle elezioni del nuovo Presidente della Repubblica. In seguito, spaventato dalle ulteriori polemiche, ha giurato e spergiurato che il nuovo decreto non riguarderà la frode fiscale. Vedremo.
Non si tratta qui di indagare se quella norma facesse parte di un patto segreto fra il premier e Berlusconi per rinsaldare la loro singolare partnership sancita, a quanto si dice, nel misterioso ‘patto del Nazareno’. La questione è, se possibile, ancora più grave. Ed è di principio. O Renzi era consapevole che il codicillo 19 bis era inserito nella legge delega e allora non si capisce (o si capisce fin troppo bene) perché l’abbia ritirato solo dopo che è arrivato a conoscenza dell’opinione pubblica. O non ne sapeva nulla e allora vuol dire che firma provvedimenti di cui non conosce il contenuto. Un premier così non è un premier.
Comunque vadano le cose noi cittadini ci troveremo di fronte a questa situazione. Che il prossimo Capo dello Stato sarà eletto grazie alla convergenza di interessi di un premier, Matteo Renzi, che non è mai stato eletto da nessuno e di un pregiudicato, Silvio Berlusconi. A meno che non si accetti la ragionevole richiesta di Matteo Salvini di andare a elezioni subito, per ripristinare un minimo di legalità costituzionale in questo Paese. La prassi ipotizzata da Renzi va quindi rovesciata: prima si va alle urne e poi, con un nuovo Parlamento, si procede all’elezione del Capo dello Stato (se Napolitano non ce la fa a reggere fino ad allora, sarà sostituito, come da Costituzione, dal presidente del Senato).
Nel frattempo è protervo, oltre che utile a deviare l’attenzione altrove, che Renzi, via twitter, minacci ‘punizioni esemplari’ per i vigili di Roma, o i netturbini di Napoli, che si sono dati alla macchia a Capodanno. Visti gli esempi che vengono dalla nostra classe dirigente, in Italia per comportarsi in modo corretto non è sufficiente essere dei santi. Bisogna avere la vocazione dei martiri.


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