In un Paese non dico serio, ma appena ‘normale’, il premier Matteo
Renzi si sarebbe già dimesso. Il ‘pasticciaccio brutto’ emerso fra la
notte di Natale e il post Capodanno supera infatti ogni immaginazione.
Riassumiamo i fatti. Nella notte di Natale, mentre gli italiani erano
alle prese col classico cenone, e sapendo che l’indomani i giornali non
sarebbero usciti, qualcuno ha inserito nel decreto legislativo sulla
riforma fiscale un codicillo, il 19 bis, che recita: “Per i reati
previsti dal presente decreto, la punibilità è comunque esclusa quando
l’importo delle imposte sui redditi evase non è superiore al 3% del
reddito imponibile”. Formulazione che include, per depenalizzarlo, il
reato di frode fiscale che è qualcosa di molto più grave della semplice
evasione, ed è il reato per cui è stato condannato Silvio Berlusconi. Il
19 bis, votato dal Consiglio dei ministri in assenza di alcuni
sottosegretari all’Economia, come Enrico Zanetti e Luigi Casero, sarebbe
passato quatto quatto, attraversando i cenoni di Capodanno, se lo
stesso Zanetti non avesse avuto la sorpresa di scoprirlo, a cose fatte,
sul sito web del Governo e non avesse denunciato l’anomalia di
equiparare l’evasione fiscale alla frode fiscale. La questione è
rimbalzata su alcuni giornali. A questo punto c’è stato un fuggi fuggi
generale, un indecoroso rimpallo fra ministri e fra lo stesso Renzi e il
titolare del dicastero dell’Economia, Padoan, che asseriva di non
saperne nulla. Il codicillo 19 bis era ‘un figlio di nessuno’. Finché
Renzi, di fronte alla bufera, non ha deciso di assumersi la
responsabilità del famigerato codicillo, l’ha stoppato rinviandone la
discussione all’indomani delle elezioni del nuovo Presidente della
Repubblica. In seguito, spaventato dalle ulteriori polemiche, ha giurato
e spergiurato che il nuovo decreto non riguarderà la frode fiscale.
Vedremo.
Non si tratta qui di indagare se quella norma facesse parte di un
patto segreto fra il premier e Berlusconi per rinsaldare la loro
singolare partnership sancita, a quanto si dice, nel misterioso ‘patto
del Nazareno’. La questione è, se possibile, ancora più grave. Ed è di
principio. O Renzi era consapevole che il codicillo 19 bis era inserito
nella legge delega e allora non si capisce (o si capisce fin troppo
bene) perché l’abbia ritirato solo dopo che è arrivato a conoscenza
dell’opinione pubblica. O non ne sapeva nulla e allora vuol dire che
firma provvedimenti di cui non conosce il contenuto. Un premier così non
è un premier.
Comunque vadano le cose noi cittadini ci troveremo di fronte a questa
situazione. Che il prossimo Capo dello Stato sarà eletto grazie alla
convergenza di interessi di un premier, Matteo Renzi, che non è mai
stato eletto da nessuno e di un pregiudicato, Silvio Berlusconi. A meno
che non si accetti la ragionevole richiesta di Matteo Salvini di andare a
elezioni subito, per ripristinare un minimo di legalità costituzionale
in questo Paese. La prassi ipotizzata da Renzi va quindi rovesciata:
prima si va alle urne e poi, con un nuovo Parlamento, si procede
all’elezione del Capo dello Stato (se Napolitano non ce la fa a reggere
fino ad allora, sarà sostituito, come da Costituzione, dal presidente
del Senato).
Nel frattempo è protervo, oltre che utile a deviare l’attenzione
altrove, che Renzi, via twitter, minacci ‘punizioni esemplari’ per i
vigili di Roma, o i netturbini di Napoli, che si sono dati alla macchia a
Capodanno. Visti gli esempi che vengono dalla nostra classe dirigente,
in Italia per comportarsi in modo corretto non è sufficiente essere dei
santi. Bisogna avere la vocazione dei martiri.
Massimo Fini (Il Gazzettino, 9 gennaio 2015)
Nessun commento:
Posta un commento
Tutto quanto pubblicato in questo blog è coperto da copyright. E' quindi proibito riprodurre, copiare, utilizzare le fotografie e i testi senza il consenso dell'autore.