Tira una brutta aria in Europa. Verso
l'Unione e, più ancora, verso l'euro. Anzitutto in Grecia, dove il
governo di Tsipras ha siglato con l'Eurogruppo un'intesa tutt'altro che
cordiale. Basata sulla reciproca diffidenza. Ciascuno convinto di aver
imposto all'altro le proprie ragioni. Un sentimento, tuttavia, molto
diffuso anche altrove. Per averne una misura attendibile, è sufficiente
scorrere i dati del sondaggio condotto nelle ultime settimane in 6 Paesi
europei da Demos e Pragma (per la Fondazione Unipolis). È parte
del-l'VIII Rapporto sulla Sicurezza in Europa (a cui ha partecipato
l'Osservatorio di Pavia), che verrà presentato a Roma domani pomeriggio
(a Montecitorio). Colpisce, anzitutto, il grado di fiducia verso
l'Unione Europea. È, infatti, maggioritario soltanto in Germania. Non
per caso, peraltro, vista l'influenza tedesca sulle politiche
comunitarie. Ma appare limitato altrove. In Francia, in Spagna e in
Polonia: coinvolge circa quattro cittadini su dieci. Mentre risulta
largamente minoritario in Gran Bretagna e ancor più in Italia. In
assoluto, il Paese più euroscettico, fra quelli indagati
dall'Osservatorio (solo il 27% ha fiducia nella Ue). Si tratta di un
orientamento già osservato, in altre, precedenti, ricerche presentate su
Repubblica. Da ultimo: nell'indagine sul "Rapporto fra gli italiani e
lo Stato", pubblicata alla fine del 2014.
LE TABELLE
Una ulteriore conferma che l'Europa unita non piace a gran parte degli europei. E se la maggioranza di essi continua ad accettarla è per prudenza. Anzi, per paura. Di quel che potrebbe accadere se non ci fosse. Di quel che potrebbe capitare a chi uscisse dall'Unione. Questo sentimento è tanto più evidente se si considerano le opinioni verso la moneta unica. L'euro. Causa - comunque, indice - principale e più evidente del disagio e del dis-amore degli europei verso l'Europa.
LE TABELLE
Una ulteriore conferma che l'Europa unita non piace a gran parte degli europei. E se la maggioranza di essi continua ad accettarla è per prudenza. Anzi, per paura. Di quel che potrebbe accadere se non ci fosse. Di quel che potrebbe capitare a chi uscisse dall'Unione. Questo sentimento è tanto più evidente se si considerano le opinioni verso la moneta unica. L'euro. Causa - comunque, indice - principale e più evidente del disagio e del dis-amore degli europei verso l'Europa.
L'euro:
solo una minoranza ristretta dei cittadini dei Paesi dove è stato
introdotto lo ritiene una scelta vantaggiosa. Circa il 10% in Italia.
Poco più in Germania. Il 20% in Spagna e in Francia. Mentre per la
maggioranza della popolazione (45-50%) è un "male necessario". Teme che
abbandonarlo sarebbe peggio. Tuttavia, circa un terzo dei cittadini in
Italia, se potesse, lascerebbe l'euro. E in Germania, la "guardiana" (e
la padrona) dell'euro, quasi il 37% ha nostalgia del marco. L'euro,
peraltro, non suscita alcun desiderio nei Paesi dove non c'è. In Polonia
e in GB poco più del 10% della popolazione (intervistata) sarebbe
favorevole a introdurlo. Mentre 7-8 persone su 10 non ci pensano
proprio. Così, gli europei si scoprono sempre più "euroscettici" e
"scettici verso l'euro". Per la reciproca influenza fra
"euro-scetticismo" e "scetticismo verso l'euro". Perché l'euro è una
moneta senza Stato. Mentre l'Unione Europea sembra affidare, sempre più,
alla moneta la propria sovranità. E la propria identità. In politica
estera, nelle politiche sociali e demografiche, invece, la UE risulta
assente. Basti pensare a quel che avviene sulle nostre coste, di fronte
agli sbarchi dei disperati, in fuga dal terrore, che si susseguono,
incessanti. Oppure di fronte alla minaccia dell'IS, divenuta devastante
in Libia. Praticamente, a due passi da noi. Emergenze scaricate, come
sempre, sugli Stati nazionali. Che agiscono seguendo le loro logiche
(interne) e i loro interessi (esterni).
Così, un po' dovunque cresce l'Anti-europeismo, insieme ai soggetti politici che ne hanno fatto una bandiera. In Italia, la contrarietà verso l'euro è molto ampia - superiore al 40% - non solo fra gli elettori vicini alla Lega, ma anche tra i simpatizzanti di Forza Italia e del M5s. Mentre in Francia l'ostilità verso la moneta unica coinvolge circa un terzo degli elettori dell'UMP (centro-destra) e, soprattutto, quasi metà di quelli del Front National. È, però, in GB che l'euro-scetticismo appare più ampio, come si è detto. In tutte le direzioni politiche. Fra i Laburisti e (ancor più) i Conservatori. Ma, ovviamente, soprattutto fra gli Indipendentisti. Visto che oltre 9 elettori su 10 dell'UKIP avversano la moneta unica. E l'85% la UE. D'altronde, questo partito ha fatto dell'antieuropeismo la propria "ragione sociale". E ne ha tratto grande vantaggio alle elezioni locali, ma soprattutto alle successive Europee del 2014, quando si è imposto come primo partito, in GB, con circa il 27% dei voti. D'altronde, in Francia, il FN, guidato da Marine Le Pen, amplificando il messaggio antieuropeo, si è affermato, proprio alle Europee, con il 25%. E oggi è accreditato del 30% dai principali istituti demoscopici, che lo indicano come probabile vincitore alle prossime départementales di fine marzo.
L'antieuropeismo, associato alla paura dello straniero e alla chiusura verso gli immigrati, è, dunque, divenuto una "frattura" che attraversa i sentimenti e i sistemi politici in Europa. In Italia, è interpretata soprattutto, ma non solo, dalla Lega di Salvini. Che dal Nord sta scendendo, sempre più a Sud. Non per caso ha organizzato una manifestazione a Roma, proprio domenica prossima. Ma ne ha annunciata un'altra, in aprile, insieme ai Fratelli d'Italia, con la presenza di Marine Le Pen. Per rafforzare l'alleanza - e la frattura - antieuropea. La crisi greca, dunque, non può essere trattata come un male "regionale". Confinato ai margini dell'Europa. Perché riflette e riverbera un malessere diffuso. Che si respira dovunque. In Italia, evidentemente. Ma anche in Francia. In Spagna. Nella stessa Germania. Non credo proprio che l'Unione Europea possa proseguire a lungo il suo cammino "confidando" sulla "reciproca sfiducia" e sulla "paura degli altri". In nome di una moneta impopolare. Io, europeista convinto, penso che non sia possibile diventare "europei per forza". O "per paura".
Così, un po' dovunque cresce l'Anti-europeismo, insieme ai soggetti politici che ne hanno fatto una bandiera. In Italia, la contrarietà verso l'euro è molto ampia - superiore al 40% - non solo fra gli elettori vicini alla Lega, ma anche tra i simpatizzanti di Forza Italia e del M5s. Mentre in Francia l'ostilità verso la moneta unica coinvolge circa un terzo degli elettori dell'UMP (centro-destra) e, soprattutto, quasi metà di quelli del Front National. È, però, in GB che l'euro-scetticismo appare più ampio, come si è detto. In tutte le direzioni politiche. Fra i Laburisti e (ancor più) i Conservatori. Ma, ovviamente, soprattutto fra gli Indipendentisti. Visto che oltre 9 elettori su 10 dell'UKIP avversano la moneta unica. E l'85% la UE. D'altronde, questo partito ha fatto dell'antieuropeismo la propria "ragione sociale". E ne ha tratto grande vantaggio alle elezioni locali, ma soprattutto alle successive Europee del 2014, quando si è imposto come primo partito, in GB, con circa il 27% dei voti. D'altronde, in Francia, il FN, guidato da Marine Le Pen, amplificando il messaggio antieuropeo, si è affermato, proprio alle Europee, con il 25%. E oggi è accreditato del 30% dai principali istituti demoscopici, che lo indicano come probabile vincitore alle prossime départementales di fine marzo.
L'antieuropeismo, associato alla paura dello straniero e alla chiusura verso gli immigrati, è, dunque, divenuto una "frattura" che attraversa i sentimenti e i sistemi politici in Europa. In Italia, è interpretata soprattutto, ma non solo, dalla Lega di Salvini. Che dal Nord sta scendendo, sempre più a Sud. Non per caso ha organizzato una manifestazione a Roma, proprio domenica prossima. Ma ne ha annunciata un'altra, in aprile, insieme ai Fratelli d'Italia, con la presenza di Marine Le Pen. Per rafforzare l'alleanza - e la frattura - antieuropea. La crisi greca, dunque, non può essere trattata come un male "regionale". Confinato ai margini dell'Europa. Perché riflette e riverbera un malessere diffuso. Che si respira dovunque. In Italia, evidentemente. Ma anche in Francia. In Spagna. Nella stessa Germania. Non credo proprio che l'Unione Europea possa proseguire a lungo il suo cammino "confidando" sulla "reciproca sfiducia" e sulla "paura degli altri". In nome di una moneta impopolare. Io, europeista convinto, penso che non sia possibile diventare "europei per forza". O "per paura".
Ilvo Diamanti (La Repubblica - 23 febbraio 2015)
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