In
Italia nel 2014 sono nati 509 mila bambini, cinquemila in meno
dell’anno precedente, confermando una tendenza che è in atto da tempo,
tant’è che si tratta del più basso tasso di natalità dall’Unità. Ciò
pone ovviamente dei problemi economici. Come farà un nucleo esiguo di
giovani a mantenere una pletora di anziani, per la maggioranza disabili o
comunque rincoglioniti? E che futuro aspetta questi giovani una volta
che saranno diventati a loro volta anziani? E che vitalità ci si può
aspettare da un Paese composto per lo più da vecchi? In Tunisia dove
l’età media è di 32,5 anni ci hanno messo due giorni di rivolta,
violenta ma non armata, per rovesciare il dittatore Ben Alì. Da noi
l’età media è di 42,5 e non riusciremmo a scalzare non dico il finto
giovane Matteo Renzi, ma nemmeno la Serracchiani.
Il
problema della denatalità è comune a quasi tutti i paesi occidentali ma
il fatto è che noi siamo al penultimo posto, nel mondo, in questa
particolare classifica. E, a mio avviso, il dato più sinistro è che
anche gli immigrati, che nei paesi d’origine figliano come conigli, una
volta arrivati in Italia si fermano. C’è qualcosa di ammalato e di
ammalante nella nostra società. La Scienza tecnologicamente applicata
(il più grave pericolo per il mondo occidentale, altro che Isis) ha
convinto le nostre donne che si possono avere figli a qualsiasi età. Ma
non è così. La Natura, imparziale, in queste cose è spietata. Conosco
molte donne sulla quarantina, che si pensano ancora come ragazze, e che
dopo aver sacrificato una parte importante della loro esistenza a una
qualche carriera, adesso vorrebbero avere dei figli. Ma i figli non
vengono quando ti pare e piace. A parte che ci vorrebbe un partner, cosa
diventata, lo ammetto, trascurabile, la Natura, in questo campo, come
in tutti gli altri, non fa molti sconti. Ed ecco allora gli affannosi
‘viaggi della speranza’ a Barcellona per procurarsi qualche fecondazione
artificiale. E anche i ragazzi sono troppo timorosi. Prima di avere un
figlio pretendono che gli sia assicurata la palestra, il tennis, corsi
di qualsiasi tipo. Ci vorrebbe un po' più di spavalderia. I figli
bisognerebbe averli da giovani, proprio per quella sacrosanta
incoscienza che solo la gioventù può dare e che ci rende meno affannosi
nei loro confronti e che, nel contempo, li libera dalle nostre eccessive
attenzioni. Nel rapporto padre-figlio maschio l’educazione passa
soprattutto per il gioco, il gioco sportivo, atletico. Tu devi essere in
grado di giocare a calcio con lui, a tennis, a sfidarlo in lunghe gite
in bici. Altrimenti diventi un nonno. E ci si mette pochissimo perché il
Tempo, il padrone inesorabile delle nostre vite, vola, come dice il
proverbio. Proprio l’altro giorno parlavo con un giovane di 36 anni che
mi è caro (detesto la compagnia dei miei coetanei, in questo sono
infantilmente berlusconiano) che mi raccontava che una sua fidanzata gli
aveva regalato un viaggio a Zanzibar. Poiché a me nessuna ragazza a mai
regalato un viaggio nemmeno a Sesto San Giovanni, gli ho detto: “Beh,
spero sia la volta buona”. “Sto valutando” ha risposto lui. “Valuta di
meno, che il tempo corre molto più veloce di quanto noi crediamo”.
Qualche
tempo fa parlavo con una bella donna di 47 anni. Le ho chiesto se aveva
figli. Invece di fare la solita manfrina (“Non li ho voluti”, “Metterli
al mondo in questa società è solo un atto di egoismo”, eccetera) mi ha
risposto di no e che la cosa le dispiaceva moltissimo. “Ho avuto un
fidanzato per quattro anni. Siccome sono molto accuditiva e gli facevo
dei mangiarini squisiti, lui era contento. Però sono convinta che se
avessimo mangiato di meno e scopato di più, sarebbe andata meglio”.
Massimo Fini (Il Fatto Quotidiano, 21 febbraio 2015)
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