martedì 24 febbraio 2015

PIANTO GRECO

Mai avremmo immaginato di arrivare a invidiare la Grecia, che fino all’altroieri sembrava esistere in Europa solo per evitare all’Italia l’ultimo posto nelle classifiche e nelle statistiche. Ora anche quel momento è arrivato. È vero che quello che Tsipras gabella per un trionfo sulla Troika e per la fine dell’austerità è, in realtà, una discreta capitolazione sulle promesse agli elettori per vincere le elezioni.
Ma sentirlo parlare di un piano straordinario di lotta all’evasione e alla corruzione e di una patrimoniale sui grandi capitali per rientrare nei parametri comunitari e anche per aumentare i salari pubblici ci provoca attacchi incontrollabili di ellenofilia. Dunque il mantra, molto in voga da noi, secondo cui le “riforme” che ci “chiede l’Europa” devono obbligatoriamente passare per le larghe intese, il massacro dei pensionati, l’abolizione dei diritti dei lavoratori, la cieca obbedienza a Confindustria e alle altre lobby padrone, lo smantellamento delle garanzie costituzionali, lo strapotere dei governi e delle maggioranze, la mordacchia alle opposizioni e la compressione del diritto di voto, è una balla sesquipedale. 
Il patto sottoscritto da tutti gli Stati europei va garantito da regole uguali per tutti e da sanzioni severe per chi sgarra. Ma le modalità per recuperare le risorse necessarie a rimettersi in carreggiata appartengono alla discrezionalità politica dei governi dei singoli Stati, che decidono liberamente in base ai loro programmi e al patto stipulato con i rispettivi elettori. In Spagna ha vinto la destra di Rajoy che dunque governa con politiche di destra. In Grecia ha vinto la sinistra di Tsipras che dunque governa con politiche di sinistra. 
Poi c’è l’Italia, dove governa Renzi che non ha vinto le elezioni (a parte le comunali a Firenze e le europee), con una maggioranza in parte illegittima (drogata dal premio del Porcellum incostituzionale) e in parte raccogliticcia (il Nuovo Centro Destra ha preso voti insieme a B. contro e in alternativa al Pd; Scelta civica ha preso voti contro e in alternativa al Pd e a B.; e gli ex-M5S han preso voti contro e in alternativa a Pd, a B. e a Scelta civica). 
Infatti, dal Jobs Act alla giustizia, dall’evasione alla riforma elettorale e costituzionale, Renzi realizza politiche che nemmeno B. e Monti s’erano azzardati ad attuare e neppure Confindustria aveva osato sperare. Tsipras, fra le “riforme” che portano gettito, mette in prima fila la lotta all’evasione e alla corruzione. E fa benissimo perché, nei paesi a malaffare diffuso come Grecia e Italia, la manovra finanziaria si fa così: attingendo le risorse negli enormi serbatoi del nero e facendo pagare la crisi ai delinquenti. Che ad Atene sono tanti e pingui. 
Ma mai come in Italia, dove ai reati dei colletti bianchi va aggiunta la voce “criminalità organizzata”. Eppure da noi, su questi tre freni a mano tirati sullo sviluppo, si continua a cincischiare con ddl annunciati e mai varati, e che anche se fossero varati vedrebbero la luce dopo anni luce. E le coperture dell’ultima manovra sono garantite dai soliti noti: tagli lineari agli enti locali (con aumenti di tariffe e tasse locali) e clausole di salvaguardia (che faranno aumentare le tasse dal 2016 di una ventina di miliardi l’anno). 
Niente patrimoniale, niente lotta straordinaria a corruzione, evasione e mafie. Anzi, un sacco di favori a corrotti e corruttori (la prescrizione non si tocca), evasori (soglie di impunità) e mafiosi (tutto come prima). Finché regnavano le larghe intese con B., dichiarate (governi Monti e Letta) o meno (Patto del Nazareno), Renzi aveva l’alibi dell’alleato riottoso. Ora che il Patto è sciolto (così almeno ci dicono i due ex soci), le chiacchiere stanno a zero. Se le priorità del governo sono le ferie (tagliate per decreto) e la responsabilità civile dei magistrati (a tappe forzate con la scusa dell’Europa, che in realtà chiede tutt’altro), non è colpa di nemici esterni o interni. 
È che anche sotto Renzi l’Italia rimane una Repubblica fondata sulle mafie, sull’evasione e sulla corruzione. Noi, naturalmente, speriamo sempre di essere smentiti. Altrimenti, che aspetta l’Europa a commissariarci per davvero?


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