sabato 30 gennaio 2016

O'Captain My Captain Robin Williams




Nello splendido film "L'attimo fuggente" il professor John Keating invitava i suoi allievi a salire sul proprio banco allo scopo di potere avere una visuale più ampia rispetto a quella limitata offerta dallo stare seduto; nel caso di Federico Rampini scrittore è lui che si eleva per noi, per descriverci panoramiche più ampie e complesse, rispetto a quelle che i nostri occhi vedono e che i media ci ripropongono.
Accendi la TV ed ogni giorno vedi tanti giornalisti parolai che invece di concentrarsi a raccontare - anche se secondo una loro visuale - più semplicemente i fatti argomentano su questioni.
Un sempre più folto stuolo di opinionisti, poi, ha diffuso il vezzo di infiorare o preconfezionare notizie usando corollari che talvolta manipolano realtà. Sembra come se l'umanità intera, dedita a distrazioni consumistiche, ormai fosse stanca e ci fossero intellighenzie delegate a ragionare per essa.
Si accresce progressivamente lo stuolo di coloro che si incaricano di risparmiarci il cervello da ogni preoccupazione, per confezionarci realtà più comode con un ottimismo light.
In questo scenario Federico Rampini costituisce ancora un rappresentante della sparuta riserva indiana del "giornalismo correct".
Col suo modo di raccontare i fatti, anche seguendo un suo punto di vista culturale apertamente palesato, egli cerca di rimanere fedele a ciò che vede o intravvede.
Con una scrittura semplice ed efficace ci accompagna, con onestà intellettuale, nell'osservare dall'alto e descrivere realtà sempre più complesse; le sue visioni aeree risultano utili perché ci consentono di concettualizzare e relativizzare cose che altrimenti rischierebbero di rimanere occultate o incomprese.
Del resto l'eccessiva vicinanza ai fatti e la scoperta delle contaminazioni o degli effetti domino connesse comporta spesso, in chi racconta, letture e reazioni non sempre illuminate, anche se, razionalmente, umanamente concepibili.
Già in "Rete padrona" egli anticipa tante cose sulle innovazioni che ci condizionano nel quotidiano e che in qualche caso riusciamo solo ad intuire. In "L'Età del Caos" offre una visione cruda e preoccupante della nostra attuale umanità; legge le complessità ideologiche e le realtà politiche che rendono precario e sempre più instabile l'equilibrio socioeconomico dell'intero pianeta.
Illustra verità diversificate che il giornalismo ciarlante non racconta, che forse neanche vede, perché distratto da servilismi utili o affetto da miopie sempre più diffuse, se non congenite.
Splendido poi il paragrafo in cui narra degli strani pensieri che lo assalgono mentre passeggia sotto un sole tropicale dentro il cimitero monumentale dell’Avana. Una radiografia che, filtrata dai colori che tanto spesso distraggono, in una scala di grigi rivela i contrasti e le patologie manifeste o latenti del nostro vivere.
Difficile condensare i contenuti dei due volumi  in così poche parole, l'unica cosa è acquistare questi libri di Rampini e leggerli con attenzione.

Essec 

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