martedì 5 luglio 2016

Direzione Pd, Matteo Renzi è davvero senza vergogna



 
Ieri c’è stata la direzione del Pd. La “Direzione Pd” serve, nell’ecosistema, a due sole cose. La prima è portare a eccitazione massima, sempre nei limiti del personaggio s’intende, il goffo figuro che scrive su L’Unità (quindi da nessuna parte). Ieri il goffo figuro ha cinguettato orgasmico, sempre nei limiti del personaggio s’intende: “Ma quant’è fico, potente, autentico @matteorenzi quando s’incazza“.
Si noti anche il fatto che il goffo figuro, per essere certo che la sua slappata non passasse anonima come quasi tutto nella sua vita, ha chiocciolato (sic) Renzi. Sperando, a fine giornata, in una carezza o magari un croccantino. Va detto che il goffo figuro, nei dorati anni della sua fulgida esistenza, ha usato gli stessi toni anche nei confronti di D’Alema e Santanché. Uccidendoli politicamente entrambi: daje Matte’.
La seconda funzione della “Direzione Pd” nell’ecosistema è quella di ricordare a tutti noi che Speranza vive e finge di lottare in mezzo a noi. E anche ieri ce ne siamo ricordati. Come sempre, all’interno della effimera “Direzione Pd”, Cuperlo ha detto cose perfette, solo che dopo questi suoi sfoghi impeccabili passano altri sei mesi e non succede nulla.
E come sempre Barca si è dimesso da se stesso, o dalla Commissione Statuto del Pd, o dal Pd direttamente. Salvo poi, il giorno dopo, ricominciare con la solfa del “cambiamento dall’interno, io ci credo”. Bravo Barca. Tu ci credi. Io invece credo nelle melanzane alla parmigiana, in Roger Waters e nel tacco 12 di Rosario Dawson in Sin City. E godo molto di più.
Tutto questo, in fondo, è però margine e dettaglio. Di ieri mi ha colpito solo una cosa: l’ulteriore passo di Matteo Renzi verso l’indecenza. Ieri, tra una citazione di Cantona e una di Stocazzo, Renzi ha citato Casaleggio. Per meglio dire, ha deliberatamente finto di farlo, tanto nel frattempo lui è morto e quindi mica può contraddirlo. Nello specifico, Renzi ha attribuito a Casaleggio questa frase: “Ciò che è virale è vero“. Ha poi proseguito così, sempre con quella sua teatralità da Panariello scartato al primo provino di Bagnomaria: “Io, quando la lessi, dissi: ‘Che follia è questa!’. Non compresi allora il valore terribile di quelle parole: se prendi una cosa e inizi a ripeterla tutti insieme, diventa vero per una parte delle persone che seguono magari in maniera superficiale la politica“.
Siamo, appunto, di fronte a un nuovo passo verso l’indecenza, i cui confini sono stati da tempo superati dal Mister Bean debole di Rignano. In primo luogo, la tecnica del “ripeti una cosa all’infinito, così poi i disattenti ci credono”, è esattamente ciò che – grazie a un’informazione spesso conciliante – era ieri alla base del berlusconismo e oggi del renzismo. Quindi Renzi, nell’attaccare gli altri, attacca se stesso (e lo sa benissimo). In secondo luogo, e questo è smisuratamente più grave, Gianroberto Casaleggio non ha mai detto una cosa simile. Per carità, a me Casaleggio spesso non convinceva e l’ho criticato spesso. Come lui ha più volte criticato me. Ricordo ancora quando scrisse sul blog “Scanzi scrive il falso“, e per colpa di quelle quattro paroline magiche ricevetti per giorni un flame sconfinato di insulti e minacce di morte. Lo ricordo bene: Casaleggio a volte ci prendeva e a volte no, come tutti. Non si tratta certo di santificarlo: si tratta quantomeno di non diffamarlo post-mortem (lo hanno già fatto oltremodo in vita).
Come racconta Travaglio sul Fatto di stamani, Renzi si riferisce a un’intervista (esiste anche la versione video: potete controllare) che Marco fece a Casaleggio. L’intervistato disse l’esatto opposto di ciò che ieri gli ha attribuito empiamente Renzi. Ovvero: “Se un messaggio in Rete perde la sua viralità nel tempo, è falso“. Casaleggio si riferiva ai “presunti scoop che i giornali hanno inventato su di me, senza verificare la veridicità della notizia. Esistono gruppi pagati dai partiti per diffondere messaggi virali contro me e Grillo”. Marco gli faceva notare che era la stessa accusa rivolta a Grillo e Casaleggio. E lui: “Ma noi non abbiamo bisogno di farlo, perché i nostri messaggi sono virali di per sé, dunque veri, e si diffondono da soli. Quelli degli altri, palesemente falsi, hanno bisogno di un supporto di truppe àscare, pagate magari 5 euro al giorno“. Casaleggio non disse che “ciò che è virale è vero”, ma sostenne (forse sbagliando e forse no) che in Rete le bugie non hanno vita lunga perché si sgamano subito. E a quel punto la viralità di ciò che è falso muore sul nascere.
Renzi ha inventato di sana pianta il virgolettato (delirante) di un avversario politico scomparso, per ridicolizzare lui come la forza politica da lui creata. Davvero un bel modo di fare politica, nuovo e garbato. Quando si arriva a denigrare un morto, di solito, vuol dire che non si sa più cosa inventare. Significa essere discretamente disperati. Di più: significa essere senza ritegno né vergogna. E questo, per Renzi, è una fortuna: se avesse un minimo di senso del pudore, non smetterebbe quasi mai di vergognarsi di quel che fa e dice.

Andrea Scanzi (IL Fatto Quotidiano, 5 luglio 2016)

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