Ieri c’è stata la direzione
del Pd. La “Direzione Pd” serve, nell’ecosistema, a due sole
cose. La prima è portare a eccitazione massima, sempre nei limiti del
personaggio s’intende, il goffo figuro che scrive su L’Unità (quindi da
nessuna parte). Ieri il goffo figuro ha cinguettato orgasmico, sempre nei
limiti del personaggio s’intende: “Ma quant’è fico, potente, autentico
@matteorenzi quando s’incazza“.
Si noti anche il fatto che il goffo figuro, per
essere certo che la sua slappata non passasse anonima come quasi tutto nella
sua vita, ha chiocciolato (sic) Renzi. Sperando, a fine giornata, in una
carezza o magari un croccantino. Va detto che il goffo figuro, nei
dorati anni della sua fulgida esistenza, ha usato gli stessi toni anche nei
confronti di D’Alema e Santanché. Uccidendoli politicamente entrambi: daje
Matte’.
La seconda funzione della “Direzione Pd”
nell’ecosistema è quella di ricordare a tutti noi che Speranza vive e finge di
lottare in mezzo a noi. E anche ieri ce ne siamo ricordati. Come sempre,
all’interno della effimera “Direzione Pd”, Cuperlo ha detto cose perfette,
solo che dopo questi suoi sfoghi impeccabili passano altri sei mesi e non
succede nulla.
E come sempre Barca si è dimesso da se stesso,
o dalla Commissione Statuto del Pd, o dal Pd direttamente. Salvo poi, il giorno
dopo, ricominciare con la solfa del “cambiamento dall’interno, io ci credo”. Bravo
Barca. Tu ci credi. Io invece credo nelle melanzane alla parmigiana, in Roger
Waters e nel tacco 12 di Rosario Dawson in Sin City. E godo
molto di più.
Tutto questo, in fondo, è però margine e dettaglio.
Di ieri mi ha colpito solo una cosa: l’ulteriore passo di Matteo Renzi verso
l’indecenza. Ieri, tra una citazione di Cantona e una di Stocazzo, Renzi ha
citato Casaleggio. Per meglio dire, ha deliberatamente finto di farlo, tanto
nel frattempo lui è morto e quindi mica può contraddirlo. Nello specifico,
Renzi ha attribuito a Casaleggio questa frase: “Ciò che è virale è vero“.
Ha poi proseguito così, sempre con quella sua teatralità da Panariello scartato
al primo provino di Bagnomaria: “Io, quando la lessi, dissi: ‘Che
follia è questa!’. Non compresi allora il valore terribile di quelle parole: se
prendi una cosa e inizi a ripeterla tutti insieme, diventa vero per una parte
delle persone che seguono magari in maniera superficiale la politica“.
Siamo, appunto, di fronte a un nuovo passo verso
l’indecenza, i cui confini sono stati da tempo superati dal Mister Bean
debole di Rignano. In primo luogo, la tecnica del “ripeti una cosa
all’infinito, così poi i disattenti ci credono”, è esattamente ciò che – grazie
a un’informazione spesso conciliante – era ieri alla base del berlusconismo e
oggi del renzismo. Quindi Renzi, nell’attaccare gli altri, attacca se stesso (e
lo sa benissimo). In secondo luogo, e questo è smisuratamente più grave,
Gianroberto Casaleggio non ha mai detto una cosa simile. Per carità, a me
Casaleggio spesso non convinceva e l’ho criticato spesso. Come lui ha più volte
criticato me. Ricordo ancora quando scrisse sul blog “Scanzi scrive il falso“,
e per colpa di quelle quattro paroline magiche ricevetti per giorni un flame
sconfinato di insulti e minacce di morte. Lo ricordo bene: Casaleggio a volte
ci prendeva e a volte no, come tutti. Non si tratta certo di santificarlo: si
tratta quantomeno di non diffamarlo post-mortem (lo hanno già fatto
oltremodo in vita).
Come racconta Travaglio sul Fatto
di stamani, Renzi si riferisce a un’intervista (esiste anche
la versione video: potete controllare) che Marco fece a Casaleggio.
L’intervistato disse l’esatto opposto di ciò che ieri gli ha attribuito
empiamente Renzi. Ovvero: “Se un messaggio in Rete perde la sua viralità nel
tempo, è falso“. Casaleggio si riferiva ai “presunti scoop che i
giornali hanno inventato su di me, senza verificare la veridicità della
notizia. Esistono gruppi pagati dai partiti per diffondere messaggi virali
contro me e Grillo”. Marco gli faceva notare che era la stessa accusa
rivolta a Grillo e Casaleggio. E lui: “Ma noi non abbiamo bisogno di farlo,
perché i nostri messaggi sono virali di per sé, dunque veri, e si diffondono da
soli. Quelli degli altri, palesemente falsi, hanno bisogno di un supporto di
truppe àscare, pagate magari 5 euro al giorno“. Casaleggio non disse che
“ciò che è virale è vero”, ma sostenne (forse sbagliando e forse no) che in
Rete le bugie non hanno vita lunga perché si sgamano subito. E a quel
punto la viralità di ciò che è falso muore sul nascere.
Renzi ha inventato di sana pianta il virgolettato
(delirante) di un avversario politico scomparso, per ridicolizzare lui come la
forza politica da lui creata. Davvero un bel modo di fare politica, nuovo e
garbato. Quando si arriva a denigrare un morto, di solito, vuol dire che non si
sa più cosa inventare. Significa essere discretamente disperati. Di più:
significa essere senza ritegno né vergogna. E questo, per Renzi, è una fortuna:
se avesse un minimo di senso del pudore, non smetterebbe quasi mai di
vergognarsi di quel che fa e dice.
Nessun commento:
Posta un commento
Tutto quanto pubblicato in questo blog è coperto da copyright. E' quindi proibito riprodurre, copiare, utilizzare le fotografie e i testi senza il consenso dell'autore.