venerdì 16 dicembre 2016

Crolla tutto, ma quando tocca ai talk?

 
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella nei giorni scorsi ha ricevuto al Quirinale per le consultazioni Silvio Berlusconi. Un pregiudicato, uno che è stato definito con sentenza definitiva “un delinquente naturale” (che è cosa diversa e più grave del ‘delinquente abituale’ perché è uno che delinque anche quando non ne ha alcun bisogno), che non ha nessun ruolo istituzionale. E infatti Beppe Grillo, sulla base di quest’ultima considerazione, non si è presentato al Quirinale, ma ci sono andati parlamentari dei Cinque Stelle. Se le cose stanno così Mattarella avrebbe potuto ricevere anche Renato Vallanzasca che almeno una sua etica, per quanto malavitosa, ce l’ha. Mi chiedo in quale Paese normale, mi spiace usare una definizione cara a Massimo D’Alema, una cosa del genere sarebbe possibile. 

Lo scorso venerdì sono stato invitato al programma pomeridiano di Sky Tg24 condotto attualmente da Federica de Sanctis (prima c’era Paola Saluzzi, che mi sembrava più centrata, ma adesso è stata esiliata o promossa, non so, al mattino). Il programma iniziava alle quattro e finiva alle cinque. Per il mio solito doverismo imbecille sono partito dalla mia abitazione alle 15 e 20 e sono arrivato agli studi di Sky con largo anticipo. Ho potuto quindi vedere Vittorio Sgarbi che furoreggiava con la solita sequela di insulti nei confronti di chi non era d’accordo con la sua tesi, peraltro un tantino azzardata: il Referendum l’ha vinto Renzi. In particolare l’eterno critico d’arte se la prendeva, con contumelie e le solite parolacce, con Licia Ronzulli deputato europeo di Forza Italia, l’anello più debole di coloro che erano presenti alla trasmissione (con Gianni Barbacetto è stato più cauto salvo definirlo la sera, in sua assenza, alla Zanzara, “un frocetto”. Un comportamento non esattamente coraggioso). La poveretta non poteva aprir bocca che veniva subito zittita dall’energumeno. Ha potuto solo balbettare: “Questa trasmissione è vergognosa”. La conduttrice, che sembrava aver perso il controllo della situazione, ha detto: “Non le permetto di dire che la mia trasmissione è vergognosa”. Invece era vergognosa.

Intanto si erano fatte le 16 e trenta, sforando di mezz’ora la prima tranche del programma. Ho chiesto lumi a un assistente di Sky. “Fa share”. Quando è venuto il mio turno ho potuto solo dire che mi sembrava curioso che in un’ora di trasmissione, che seguiva di pochi giorni i risultati del Referendum, non fosse stata spesa una sola parola per i Cinque Stelle che di quel Referendum sono gli indiscutibili vincitori. La conduttrice ha replicato che avevano invitato più volte i rappresentanti dei Cinque Stelle ma quelli si erano negati. “La questione non è questa - ho risposto- voi avete il diritto di invitare chi volete e chi è invitato di rifiutarsi. La questione non è la mancanza di rappresentanti dei Cinque Stelle ma il fatto che nella trasmissione non sono mai stati citati”. Ho poi aggiunto quello che dicono tutti e cioè che bisogna andare a elezioni subito per verificare qual è la reale consistenza delle forze in campo. Perché ci sono partiti che non esistono più o quasi, come Forza Italia. Qui ho capito che la mia partecipazione, durata circa un minuto e mezzo, era finita. Intanto si erano fatte le cinque. Un assistente mi ha chiesto se volevo restare: la seconda tranche era stata prolungata alle cinque e mezza. Ho risposto che rimanevo se avessi avuto un tempo ragionevole per argomentare. Intanto però era uscito dalle consultazioni un rappresentante, mi pare, di Ala. Il quale, senza sprezzo del ridicolo, ha parlato per una quindicina di minuti sottolineando l’importanza e la responsabilità del suo gruppo. Ci sono stati anche un paio di giornalisti che gli hanno fatto delle domande. Siamo arrivati così alle 17 e 15. Mancavano quindici minuti alla fine. Pensavo che sarebbero stati interpellati quelli che erano nello studio di Milano (oltre a me c’era un onorevole del Pd). Ma a questo punto è spuntato, indovinate chi: Massimo Cacciari. Nello spettacolo teatrale Perché No Travaglio fa un esilarante sketch su Cacciari. Lo descrive che dorme sotto vuoto spinto in qualche studio televisivo, a Venezia. Poi al mattino, quando iniziano i talk, gli danno una spolverata e da lì trasmigra, sempre da Venezia, da una trasmissione all’altra fino a sera,

Sgarbi + Cacciari. Per me era troppo e me ne sono andato. Fra anda e rianda ho perso tre ore della mia vita. Ma la colpa è solo mia. Diceva Montanelli: “Certe onorificenze non solo non devono essere accettate, ma non si deve nemmeno meritarsele”. Parafrasandolo, si potrebbe dire che certi inviti non solo non bisogna accettarli ma non bisogna nemmeno meritarseli. 

Questi conduttori televisivi, che fanno il bello e il cattivo tempo e si sentono i padroni del mondo, non hanno capito che il vento è cambiato. Che il No al referendum così come la ben più importante vittoria di Donald Trump alle presidenziali americane sono un no all’establishment, del quale fanno parte a pieno titolo i network televisivi. Del resto questo movimento contro l’establishment mediatico, in Italia è già in atto da tempo. Mi ha detto Aldo Grasso, autorevole critico televisivo del Corriere della Sera, che i talk sono arrivati a 30 ma l’audience complessiva si è dimezzata. I cittadini non credono più a quei programmi e ai politici che li infestano. Prima o poi gli uni e gli altri saranno spazzati via. 

Ma per tornare alle aggressioni verbali di Sgarbi e anche al trattamento al limite dell’offesa che mi è stato riservato, io credo che la prima, urgente, urgentissima riforma, lasciando perdere per il momento cambiamenti poderosi e utopici, è il ritorno alla buona educazione.



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