lunedì 27 febbraio 2017

L'ora legale - film (recensione)

 



L’ora legale, appunto, l’unica cosa che di legale funziona a Pietrammare, metafora esplicita di qualunque agglomerato più o meno urbano, o più o meno umano, di quella piccola-grande fetta di mondo che è il Meridione d’Italia (what ever means). Tutto il resto è malaffare, clientelismo, prepotenza, arroganza, torpore degli arti e delle menti; insomma un vissuto quotidiano, anzi un quotidiano, vissuto all’insegna della più convinta solare strafottenza, supportata, a sua volta, da quella filosofia di vita che si esprime al meglio con l’assunto: ”Levati di qua che mi ci metto io “ .

Non manca nulla in questo “Divertissement”di S. Ficarra e V. Picone, per chiarire con immagini, per altro coloratissime, quanto sopra solo accennato: dal traffico esasperante, al disordine, al degrado urbano, alla sporcizia contro il cui maleodorante accumulo si infrangono anche, le migliori intenzioni della “Differenziata”. Provvedimento, si sa, tardivo ma sacrosanto che, pare, inviterebbe , almeno dalla letttura che ne fanno i Pietrammaresi, anche i cani a darsi una regolata nell’espletamento dei loro bisogni!

Segue ancora un’allegra rassegna di luoghi comuni, ma talmente comuni e difficili da abbattere, da continuare a fornire abbastanza elementi per fare storia, politica e sociologia di sempre scottante e imprescindibile attualità.

E a nulla valgono a Pietrammare, nemmeno le elezioni per rinnovare la carica di Sindaco, perché l’homo novus con cui ci si illude che si possa voltare la pagina della storia, una volta eletto, sarà fatto contento e subito gabbato. Infatti, a rimettere le cose a posto, a far tornare tutto come il prima, di gattopardesca memoria, calerà, direttamente dalla capitale, un individuo losco, cupo, con un marcato accento romanesco, a dare ai cittadini, freschi di urne, una lezione di rinnovata omertà e tassativo, ineludibile ripristino dell’establishment. “Grazie Roma “ dunque “ verrebbe da dire con Venditti “che ci fai piangere e sentire ancora , una persona sola!” (“sola” da intendersi come aggettivo in italiano e sostantivo in romanesco. La scelta è libera!). Tale personaggio, a dire il vero intristisce, non poco, ci si diverte decisamente di più con Leo Gullotta, perfetto , anche questa volta, in abito talare, elegante ed impeccabile nel ruolo del parroco, ipocrita e traffichino, diplomatico e scaltro che trama dietro le sacre quinte ed auspica per i suoi concittadini il ritorno a quel passato rassicurante e protettivo che solo il candidato Patanè può garantire.

E chi, in tanta a noi ben nota grottesca commedia, può farci ridere di gusto se non Tony Sperandeo, maschera eccellente del cinema italiano; l’attore che non recita, impersona, con tanta autentica e genuina naturalezza da risultare sempre più vero del vero. Lo abbiamo visto spesso, rendere al meglio, anche in ruoli contraddittori, come quello dello sceriffo e del bandito per esempio, entrambi paradossalmente a lui assai congeniali e qui è “Patanè”, il candidato “ che bisogna votare anche senza un perché”!

L’unica nota stonata in tanta leggerezza, la faccia triste del suo avversario, il candidato, simbolo del cambiamento, promotore della svolta decisiva, nella politica del paese.
Ma, perché mai , ci chiediamo, questa faccia malinconica e rassegnata che lo fa apparire perdente anche da vincitore!? … Però a pensarci bene, ammettiamolo anche noi, cosa ci si può aspettare da uno che anche la moglie chiamava “Pierpalla”!? ..... Allora prof. Natoli si svegli: La DEMOCRAZIA è ALTERNANZA, bellezza! ...E forse, abbiamo perso tutti troppo tempo a non farcene una ragione. 



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